Antonello Guerrera per “Affari & Finanza - la Repubblica”
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Il 17 marzo scorso il premier britannico Boris Johnson - che ancora non sapeva di essere positivo al coronavirus, lo ha scoperto dieci giorni più tardi - e il rampante cancelliere dello scacchiere Rishi Sunak entrano nella Dining Room di Downing Street e annunciano: «Faremo tutto il necessario per salvare la nostra economia dalla crisi del coronavirus. Whatever it takes! Whatever it takes!». Già, il brexiter principe Johnson che cita, più volte, le stesse parole di Mario Draghi. Riavvolgiamo il nastro.
RISHI SUNAK
Luglio 2012: con quello slogan l' allora governatore della Bce salva l' euro dalla sua estinzione.Ora, invece, Johnson e Sunak mettono in campo un bazooka da 350 miliardi di sterline complessive, di cui 65 miliardi immediati per lavoratori e imprese, e non si pongono limiti. Possibile un deficit fiscale del 10%: il debito pubblico è "ancora" al 79,6% (sebbene fosse meno della metà prima della crisi del 2008). Ma "whatever it takes" sarà sufficiente? Johnson e il 39enne Sunak riusciranno a "salvare il Regno Unito dal prossimo cataclisma economico?", come si chiede Martin Fletcher su "New Statesman"?
Boris Johnson e il Coronavirus by paniruro/spinoza
Sarà arduo. Perché la sfida che Londra ha davanti è campale. Come tutte economie occidentali, nel 2021 rischia di andare in recessione, con abissi trimestrali del -10% di Pil. Ma il Regno Unito ha un altro problema. Ovvero l' agognata Brexit, il cui completamento è previsto 31 dicembre prossimo, quando è probabile un secondo picco di coronavirus. Insomma, quella che doveva essere la "liberazione" per gli euroscettici potrebbe tramutarsi in un inquietante fardello dell' uomo britannico, perché per molti critici assolutamente inopportuno nel mezzo di una tempesta economica forse peggiore di quella del 2008.
BORIS JOHNSON RISHI SUNAK
Intanto, Sunak, nonni immigrati indiani, ex Goldman Sachs, con limitata esperienza politica ma anche il parlamentare più ricco di Westminster, ha già avuto il suo "battesimo del fuoco" dopo aver rimpiazzato il "rigorista" Sajid Javid, costretto alle dimissioni da Johnson e dal "rasputin" Dominic Cummings. Qualcuno ha chiamato Sunak addirittura la "caricatura di Corbyn", l' uscente leader laburista, perché il piano di stimolo del neo ministro delle Finanze per fronteggiare la crisi da coronavirus è il più corposo degli ultimi trent' anni oltremanica: un piano da 350 miliardi (15% del Pil) tra garanzie dallo Stato, 80% dello stipendio dei lavoratori privati pagato per tre mesi, prestiti e linee di credito enormi alle aziende britanniche. Insomma, Keynes si è impossessato dell' ortodossia economica cara ai conservatori e all' ex premier Theresa May autrice di una sanguinosa austerity post 2008/2009.
boris johnson e theresa may
Perché ci sono da salvare le piccole e medie imprese devastate dall' emergenza, ma anche le grandi, l' industria automobilistica e dell' acciaio, fiore all' occhiello di Thatcher, oltre alle compagnie aeree, i settori di ristorazione e ospitalità, eccetera. Insomma, l' intero tessuto economico britannico. La Banca d' Inghilterra del nuovo governatore Andrew Bailey si sta muovendo a ritmo, anche se la potenza è limitata: ha imposto di non "shortare", ha lanciato un folto programma di quantitative easing e acquisto di bond, ha tagliato i tassi due volte, fino a scendere a quota 0,1%. Siamo già ai minimi e andare sottozero per ora è troppo rischioso.
STERLINA
Il Regno Unito ha di fondo però un altro problema: la sterlina debole, che una decina di giorni fa ha toccato quota 1,17 dollari, roba che non si vedeva dal 1985. Questo poiché, in tempi di crisi, valuta e bond statunitensi sono considerati il rifugio più sicuro. Ma anche perché il deficit delle partite correnti - ossia quando si importano più beni e servizi di quanti ne stiano esportando, provocando debito - è elevato. Ciò crea molte distorsioni, aumentate dal contesto economico e dalla particolare crisi del coronavirus.
boris johnson immunita di gregge STERLINA PLASTICA
Curiosamente una sterlina così bassa dovrebbe far aumentare l' inflazione. Invece, a causa del recente collasso della domanda e insieme del prezzo del petrolio, ciò sarà molto mitigato. Il problema però è che, oltre alla domanda, anche l' offerta è sprofondata. Non solo i negozi chiusi ma pure, per esempio, i servizi, che rappresentano l' 80% dell' economia britannica: l' indice IHS Markit già li dà a un valore 37,5 dal 53,2 di febbraio scorso (sotto i 50 iniziano i guai). Allora perché non dare soldi a pioggia (o "helicopter money") direttamente ai cittadini (e non alle banche) come Trump per far risalire i consumi? Anche questo è un bel rischio, perché i prezzi rischiano di salire, a differenza dell' offerta, producendo così disoccupazione e stagflazione (ricordate la drammatica cura Volcker alla Fed americana?).
boris johnson
Di qui le cifre paurose che si stagliano all' orizzonte dell' economia britannica. Secondo Allianz il Pil del secondo trimestre 2021 crollerà del 10,2% sul precedente, risollevandosi però nel terzo (+6,4%) e quarto (+3,5%). Secondo Capital Economics si toccheranno punte di almeno -15%, aprendo le porte a una "profonda recessione". Difficile predire sull' anno completo, vista la fluidità della situazione: secondo Deutsche Bank, la crescita potrebbe essere di qualche decimale positivo. Ma è una stima molto ottimistica.
E poi c' è la Brexit. Al momento Johnson insiste nel dire che il 31 dicembre si esce definitamente dall' Ue (ora il Regno Unito è nel periodo di transizione). Ma non ci crede più nessuno. Primo: vista l' emergenza, c' è molto meno tempo per negoziare accordi commerciali con Europa e Usa. Secondo: in questo terribile scenario economico, dire addio alla libertà di movimento di persone e beni potrebbe risultare fatale a un' economia già afflitta.
BORIS JOHNSON CORONAVIRUS
Tuttavia, qualcuno crede ancora nel 31 dicembre: come il brexiter di ferro Owen Paterson che la settimana scorsa sul Telegraph ha millantato che il "No Deal" (la brutale e pericolosa uscita dall' Ue senza accordo) "ora è ancora più giustificato perché l' eurozona soffrirà di più del Regno Unito causa virus e quindi meglio rompere qualsiasi ponte il prima possibile". Spararsi in un piede, direbbero gli inglesi. E pure nell' altro.