il progetto di paese di elly schlein vignetta by rolli per il giornalone la stampa
Antonio Bravetti Niccolò Carratelli per “la Stampa” - Estratti
Correre o non correre, questo è il dilemma. A sei mesi dalle elezioni europee, i leader di partito s'interrogano e ragionano sul da farsi. Giorgia Meloni propende nettamente per il sì, Giuseppe Conte ha già annunciato il suo no, mentre Elly Schlein è ancora amleticamente combattuta.
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Schlein non ha fretta, anzi.
«La mia candidatura è l'ultimo dei problemi», ripete. Ma tra i suoi c'è chi la spinge a scendere in campo, soprattutto dopo che si è capito che la leader di Fratelli d'Italia lo farà quasi certamente. «Meloni è la presidente di FdI e anche Berlusconi, quando era presidente di FI, si candidava sempre come capolista», ha detto il presidente del Senato, Ignazio La Russa, rafforzando la previsione.
ELLY SCHLEIN A PIU LIBRI PIU LIBERI
Di tutt'altro segno le parole pronunciate da Giuseppe Conte: «Escludo nel modo più assoluto di candidarmi alle Europee, l'impegno per il Parlamento italiano è assorbente, da noi c'è una regola e una serietà di condotte verso gli elettori».
Cosa farà ora la segretaria del Pd? I dubbi sono essenzialmente due. Da una parte c'è il rischio di prendere (molte) meno preferenze di Meloni, indebolendosi come leader, dentro al partito e anche nel campo progressista, nel perenne confronto con Conte, che si accomoderà in poltrona a godersi lo spettacolo. Dall'altra c'è il nodo legato al sistema elettorale per Strasburgo.
elly schlein paolo gentiloni
Circoscrizione per circoscrizione, saranno eletti i candidati con il maggior numero di voti di preferenza. Se ne possono esprimere fino a tre, ma quasi nessuno lo fa. Mentre i primi due nomi prescelti devono rispettare l'alternanza di genere. Il ragionamento preoccupato è che, se Schlein dovesse essere la capolista in tutte e cinque le circoscrizioni, potrebbe finire con incassare quasi ovunque la preferenza, togliendola così ad altre donne. Il risultato, controproducente politicamente, sarebbe quello di regalare un seggio agli uomini più votati e togliere posti alle candidate, senza un bilanciamento di genere. Uno scenario paradossale: la prima segretaria donna non può permettersi una delegazione europea meno femminile di quella di oggi, dove le donne sono 8 su 17.
elly schlein e il loggionista della scala Marco Vizzardelli - vignetta by osho
La composizione delle liste è, da sempre, un tema spinoso. L'incertezza alimenta la tensione interna al partito. (...) I nomi che girano sono quelli di Chiara Valerio, Cecilia Strada, ma anche la vicepresidente uscente del Parlamento, Pina Picierno (in quota Bonaccini). Possibile riconferma anche per Irene Tinagli e Patrizia Toia, che nel 2019 avevano ottenuto una buona performance. Anche in questo caso, però, c'è una controindicazione: tra le fedelissime e i fedelissimi di Schlein non c'è quasi nessuno con la popolarità necessaria per fare il pieno di preferenze. Il rischio, quindi, è che la gran parte dei voti vada a nomi della minoranza, soprattutto i sindaci a fine mandato pronti a partire per Bruxelles: Dario Nardella, Antonio Decaro, Matteo Ricci, Giorgio Gori.
Il toto-nomi è lontano, ma qualche idea si fa strada. Resta la suggestione Roberto Saviano, attaccato ancora l'altro ieri da Meloni e subito difeso da Schlein. Si parla anche di Rosy Bindi (...)
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