Luca Monticelli per “la Stampa”
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Cosa è successo dietro le porte chiuse dei tanti minori reclusi nelle loro stanze in questi due mesi di lockdown? Senza scuola, amici, nonni, palestra e piscina, come hanno retto all' isolamento i figli degli italiani, soprattutto quelli delle famiglie più in difficoltà? Le risposte vengono eluse dalla politica e dai centri economici che hanno concentrato l' attenzione e gli sforzi quasi esclusivamente sulla ripresa delle attività produttive. I diritti dei più deboli sono stati derubricati in nome della "sicurezza" senza provare mai a bilanciare le restrizioni sanitarie con i bisogni dei bambini, che non sono solo l' istruzione, ma anche il gioco e la socialità.
Simona Maurino, referente del servizio emergenza infanzia di Telefono Azzurro, spiega a La Stampa: «Le richieste di aiuto per casi di abuso e di violenza domestica sono aumentare del 20 per cento mentre sono salite del 40 per cento le chiamate dei ragazzi che ci hanno confidato di aver pensato al suicidio o che sono arrivati ad atti di autolesionismo».
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Situazioni drammatiche che sono tutt' altro che finite, nonostante con la fase 2 si stia procedendo a un progressivo allentamento delle limitazioni. «Oggi vediamo il picco della fase acuta - sottolinea la dirigente di Telefono Azzurro - ma siamo preoccupati perché l' onda sarà ancora lunga, non stiamo affatto tornando alla normalità. Ogni famiglia e ogni individuo dovrà ricostruire il proprio equilibrio e si troverà a farlo in condizioni molto diverse. La scuola non sarà quella di prima, così come le relazioni, gli spazi e i tempi per poter fare le cose».
L' isolamento in casa, ovviamente, moltiplica i tempi di connessione al pc o al telefono comportando un incremento «esponenziale» dei rischi legati a internet, «che vanno dall' adescamento al sexting, fino al ricatto sessuale».
L' esperienza del passato mostra come tutte le grandi recessioni economiche abbiano avuto tra le conseguenze un aumento della violenza fisica e psicologica proprio nei confronti dei bambini.
Raffaella Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the children, ricorda come nella crisi del 2008-2011 «la fascia che più si è impoverita è stata quella delle famiglie con figli. Prima del Covid un milione e duecento mila bambini e adolescenti in Italia erano in povertà assoluta, adesso questo numero potrebbe aumentare in maniera vertiginosa». Di un milione in più. Da un' indagine pubblicata da Save the children, su un campione di mille famiglie, emerge che un genitore su 7 (il 14,8%), con una situazione socio-economica fragile, non ha più il lavoro a causa della crisi, oltre la metà lo ha perso temporaneamente, mentre più di 6 su 10 stanno facendo i conti con una riduzione del salario. Si tratta di genitori che, quasi nella metà dei casi, sono preoccupati di non poter tornare alla propria occupazione o cercarne un' altra perché i figli non vanno a scuola e non saprebbero a chi lasciarli.
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L' impoverimento alimenta la povertà educativa, è un circolo vizioso: «Noi stiamo seguendo 46 mila persone tra genitori e minori che vivono in quartieri difficili, da Quarto Oggiaro a Milano allo Zen di Palermo. Abbiamo registrato moltissimi casi di bambini rimasti esclusi dalla didattica online, tanto che alcune scuole ci hanno chiesto di rintracciarli. Ci sono mamme con due o tre figli e solo un cellulare per seguire le lezioni via web», sottolinea ancora Raffaella Milano. Di fronte a questo scenario, con i centri estivi che ancora non partono e le scuole che non si sa come riprenderanno, il pericolo concreto è l' abbandono degli studi, fenomeno che riguarda già il 13,7 per cento dei ragazzi.