Francesco Rigatelli per “la Stampa”
crisanti
Il virologo più citato d'Italia, Andrea Crisanti, 66 anni, romano, una carriera all'Imperial college di Londra e ora professore ordinario di Microbiologia all'Università di Padova, è stato il primo a proporre il lockdown durante le vacanze di Natale. Era metà ottobre, ma a ricordarglielo ora si schermisce: «Rispetto a due mesi fa è cambiato tutto. E poi posso dirle una cosa? Non è solo questione di scelte, ma anche di obiettivi. Possiamo fare tutti i lockdown che vogliamo fino all'arrivo del vaccino, però senza una strategia si rischia di sprecarli come quest' estate e come stiamo facendo adesso».
Professore, che strategia propone?
«La mia strategia è di abbattere la trasmissione virale il più possibile. Solo così si salvano vite, si prepara bene il periodo di vaccinazione e si costruiscono le basi per una solida ripresa economica. Il caso Lombardia ha dimostrato che la zona rossa porta dei risultati, allora per me questa è la scelta migliore da applicare in tutta Italia. Con un'annotazione fondamentale: per non dilapidare i risultati del lockdown nel frattempo bisogna fare degli investimenti».
VACCINO PFIZER
Quali?
«Non si può aspettare il vaccino solo con isolamento e mascherine. Un'epidemia non si combatte così, ma interrompendo le catene di contagio. Per farlo servono misure calibrate, forze sul campo, tracciamento, tamponi e strutture adeguate per l'isolamento. Insomma, il sacrificio della zona rossa in tutto il Paese vale la pena se si investe su tutto quanto. Altrimenti è una presa in giro».
Come mai si fanno la metà dei tamponi?
«Da un lato se ne fanno di più nel privato e alcune Regioni come il Veneto hanno sostituito i test molecolari con gli antigenici, da un altro ancora non si investe abbastanza nella sorveglianza. Certo, meno si cerca il virus e meno lo si trova».
ANDREA CRISANTI
A proposito, il suo Veneto è nel caos?
«La Regione ha preso una strada opposta rispetto alla prima ondata, si è affidata ai test rapidi e questi sono i risultati. La sorveglianza si fa con i tamponi molecolari». Zaia intanto se l'è presa con lo «spettacolo immondo» dei centri città strapieni «Si è fatto un vanto fino all'altro giorno che il Veneto era zona gialla e così ha favorito il virus moltiplicando le opportunità di contatto tra le persone».
Meglio guardare al modello tedesco?
«L'opulenta Germania ha dato a tutti una lezione dimostrando che la salute si può posizionare al di sopra dei quattrini rimettendo così in ordine i valori. Soprattutto a Natale ce n'è bisogno».
BORIS JOHNSON E IL VACCINO
Cosa pensa della «sua» Gran Bretagna che in Europa ha battuto tutti sul vaccino? «Personalmente ho criticato la scelta di anticipare la vaccinazione. Per fortuna poi le è andata bene perché l'Fda, l'autorità americana, ha autorizzato il vaccino Pfizer. Sarebbe stato molto imbarazzante se non fosse andata così».
Anche negli Usa è partita la vaccinazione. E l'Europa?
«L'Europa ha scommesso su altri vaccini, ma confido che nel lungo periodo si riprenda. C'è un deserto da attraversare, non conta tanto chi parte prima bensì chi arriva dall'altra parte. E in un mondo interconnesso devono farlo tutti».
crisanti
Che tempi prevede?
«Le incognite sono numerose, meglio partire dalle certezze. I vaccini più solidi sembrano Pfizer e Moderna, ma dopo l'autorizzazione dell'Ema l'Italia ne avrà poche dosi perché ha puntato su AstraZeneca, che è in ritardo. Non so se il governo abbia un piano B, ma sarebbe il caso di comprare i vaccini che funzionano. Risolto questo problema, anche in una visione ottimistica almeno tutto il 2021 va messo in conto».
spallanzani
È vero che nel Regno Unito c'è una nuova variante del virus?
«Si tratta di una scoperta recente da seguire con attenzione. Ancora non si conoscono esattamente gli sviluppi. Bisogna capire se viene identificata dai test attuali e se i vaccini la neutralizzano, altrimenti è un problema. Staremo a vedere se questa variante comparirà anche in altri Paesi oppure rimarrà un caso isolato».
Una curiosità: come mai non si è trasferito allo Spallanzani di Roma?
«È un'ipotesi che non si è concretizzata. Semplicemente se ne è parlato e la notizia è finita sui giornali, ma la verità è che mi trovo molto bene a lavorare all'Università di Padova, dove sono anche direttore del Dipartimento di medicina molecolare».