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Elena Meli per “Corriere Salute - Corriere della Sera”
Con l' aumento dell' aspettativa di vita, pochi maschi possono pensare di non dover fare i conti, prima o poi, con l' ipertrofia prostatica benigna, l' ingrossamento della ghiandola che produce il liquido seminale: le stime parlano di circa il 50% degli uomini sopra i 50 anni, con un incremento medio di circa il 10 % ogni decennio.
Morale, l' 80% di chi ha più di 80 anni ha la prostata ingrossata e qualche sintomo correlato. Che oggi può essere trattato con successo (si veda sotto), ma spesso viene trascurato perché i fastidi progrediscono pian piano e i pazienti ci si abituano quasi senza rendersene conto.
«È raro che un' ipertrofia prostatica si manifesti con sintomi gravi, all' improvviso, senza aver mai dato prima segno di sé - osserva Francesco Montorsi, direttore dell' Unità di urologia dell' Ospedale San Raffaele di Milano -.
Quasi tutti si accorgono di qualche piccolo "intoppo" che prima non c' era, ma tanti fanno finta di nulla. Ci sono uomini che calcolano i percorsi per arrivare in ufficio in base ai bagni che possono incontrare sulla loro strada, pur di non andare dall' urologo. Da cui spesso è la partner che li porta, accorgendosi che qualcosa è cambiato». Quali sono i sintomi cui fare attenzione?
«Doversi alzare più volte di notte per fare pipì, urgenza di urinare, flusso debole, sensazione di non svuotarsi del tutto - spiega Giorgio Guazzoni, responsabile dell' Unità di urologia e andrologia dell' Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (Mi) -. Molti si abituano a urinare male perché la progressione dei sintomi è lenta, così come l' ingrossamento della ghiandola.
Per molti il momento della diagnosi arriva dopo un episodio di infezione: il mancato svuotamento della vescica dovuto al restringimento del canale urinario, indotto dall' ingrossamento della prostata, comporta un ristagno di urina che, alla lunga, provoca un' infezione locale dolorosa.
La classica "cistite" che, specialmente in un uomo di oltre cinquant' anni, dev' essere indagata per capire se non sia appunto connessa a un' ipertrofia prostatica. Lo stesso vale per i calcoli nella vescica, perché di norma, con uno svuotamento vescicale adeguato, non restano depositi che possano formare calcoli».
Il percorso per arrivare alla diagnosi, quindi, oltre alla valutazione dei sintomi prevede la stima del residuo vescicale attraverso un' ecografia prima e dopo la minzione. «In alcuni casi può essere utile anche la flussimetria urinaria: il paziente fa pipì in uno speciale recipiente e l' uroflussimetro registra il getto mostrando precisamente se e come sia anomalo - aggiunge Guazzoni -.
L' ecografia transrettale può dare ulteriori informazioni, ma in realtà non c' è una correlazione fra la dimensione della prostata e l' entità dei sintomi: un paziente infatti può avere una ghiandola oggettivamente ampia ma non presentare disturbi e viceversa.
Sono utili un dosaggio del Psa e l' esplorazione rettale, che servono anche a distinguere se non vi sia un tumore prostatico concomitante: la difficoltà a far pipì non è un sintomo del cancro, ma ogni volta che si sospetta un' ipertrofia prostatica occorre escludere che l' ingrossamento non dipenda da una neoplasia».
Riconoscere l' eventuale presenza di un' ipertrofia prostatica benigna è importante perché si tratta di una patologia che, se non viene riconosciuta e trattata, può diventare la causa dell' impennata di infezioni del tratto urinario che si osserva negli uomini molto anziani, una quota di popolazione in crescita e destinata ad aumentare.
carruthers gli amici e la pipi dal balcone
Lo sottolinea uno studio, pubblicato di recente sul New England Journal of Medicine , secondo cui nelle urine del 60-80% degli ultraottantenni, specialmente in chi vive in residenze sanitarie assistite, si possono rilevare germi indicativi di infezioni del tratto urinario, più probabili in chi soffre di patologie come il diabete che le facilitano o in chi ha disabilità, demenze, difficoltà di movimento.
«Un' ostruzione da prostata ingrossata provoca ristagni urinari e quindi un maggior rischio di infezioni, soprattutto se è stata ignorata per anni - spiega il professor Montorsi -. In questi casi peraltro è probabile che si instaurino condizioni più difficili da risolvere perché trascurare i sintomi significa anche sottoporre a uno sforzo triplo la vescica che, per svuotarsi nonostante l' ostruzione sempre più consistente a valle, fa molta più fatica finendo per "sfiancarsi".
Così capita di arrivare in età avanzata con una prostata grossa e una vescica che non funziona più a dovere: in questa situazione le infezioni sono più che possibili. Per questo, se un cinquantenne ha infezioni urinarie frequenti, non vanno mai sottovalutate e bisogna sospettare un' ipertrofia prostatica. Il rischio altrimenti è "arrivare al capolinea":
blocchi urinari e infezioni ripetute associati a vesciche non più in grado di contrarsi bene comportano la necessità di portare un catetere in modo intermittente, talvolta anche dopo aver eliminato l' ingrossamento prostatico».
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