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Emilia Costantini per il “Corriere della Sera - Roma”
Muri scrostati, stucchi sfregiati, rifiuti accatastati, topi che scorrazzano facendo scattare l'allarme. Stiamo forse parlando di una bidonville sperduta in qualche estrema periferia urbana? No: è quello che abbiamo visto e documentato l'altro ieri nel Teatro Valle, il più antico di Roma, un gioiello del '700 collocato nel cuore del centro storico della Capitale.
È ridotto così dopo cinque anni di chiusura e usura, dal 2011 a oggi: i primi tre di occupazione continua da parte di un gruppo di lavoratori dello spettacolo, che sgomberarono grazie all' intervento dell'ex assessore capitolino alla Cultura Giovanna Marinelli l'11 agosto 2014; gli ultimi due trascorsi tra incuria, disinteresse da parte dei politici, burocrazia farraginosa e incapace. Ma l'attuale assessore Luca Bergamo assicura convinto: «Noi ce ne stiamo occupando». Davvero?
Cronaca di un abbandono. Al Valle non si può più entrare dall’ingresso principale sbarrato: davanti è un parcheggio abusivo. Sono murate le due porte che, internamente, univano la sala al foyer. Si accede da un ingresso secondario e lo spettacolo che si offre al visitatore, ex spettatore di veri spettacoli teatrali, è deprimente. La puzza di muffa aleggia ovunque insieme a quella di fogna che emana dai bagni.
Sul palcoscenico, dove Rossini rappresentò nel 1817 «La Cenerentola» e Pirandello debuttò nel 1921 con «Sei personaggi in cerca d’autore», va in scena il degrado, tra oggetti abbandonati, cartacce, bottiglie vuote di trascorsi bivacchi. In platea, poltrone logore e divelte. I camerini ridotti a dormitori con letti a castello. Sul soffitto segni di infiltrazioni d’acqua.
A questo è ridotto un luogo di cultura del nostro patrimonio. Perché si permette questo scempio e cosa si aspetta per porre fine a questo orribile spettacolo? Che deperisca ancora di più e che, nonostante siano già stati stanziati i fondi, diventi irrecuperabile? Dopo l’avvio di un tavolo tecnico nell’aprile 2015 per il passaggio di proprietà del Valle dal Mibact a Roma Capitale, iter non ancora completato, nel mese di maggio una delibera del Commissario Tronca ne sanciva l’affido in gestione allo Stabile capitolino che però, a tutt’oggi, è solo «custode temporaneo».
Insomma: chi gestisce cosa? L’assessore Bergamo, che nel settembre scorso diceva «il Valle non è la priorità assoluta per Roma», ora rassicura i cittadini, ma ammette: «Il teatro è chiuso da lungo tempo e le chiusure prolungate non fanno mai bene». Ce ne siamo accorti. Ma il Teatro di Roma, non ancora in possesso dell’affido definitivo dell’immobile, come può operare?
«Si è curato che almeno nel foyer si potesse fare qualche piccola cosa», risponde Bergamo. Infatti il foyer, appartenente alla famiglia Capranica cui viene pagato un affitto mensile di 3 mila 300 euro, è stato ristrutturato e ospita qualche evento. «Ma la situazione - continua Bergamo - è rimasta in stallo troppo a lungo e chi ci ha preceduto non ha fatto passi avanti per la presa in carico del Teatro.
I fondi sono stanziati in bilancio: 300 mila per il primo intervento e 3 milioni per i lavori di ristrutturazione. La Sovrintendenza capitolina ha già predisposto gli atti per avviare i primi lavori che partiranno appena il demanio dello Stato consegnerà i documenti ancora mancanti per perfezionare il trasferimento del Valle al patrimonio del Comune di Roma. Li abbiamo chiesti e abbiamo fiducia che arrivino al più presto così che il Comune sia autorizzato a procedere come necessario rapidamente. È ora che il Teatro torni a vivere».
Ma è vero che lo Stato, cioè il Mibact, non trova le carte di accatastamento dell’immobile e che le planimetrie dello stabile sono andate perdute? La situazione di stallo è dovuta a questo? Risponde: «No, direi piuttosto che la colpa è la frammentazione della burocrazia». Già, la «burocrazia», ente astratto che viene chiamato in causa quando non si hanno risposte da dare. E intanto, il Teatro Valle muore.
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