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BEVI E GODI CON CRISTIANA LAURO – A OGNI VINO IL SUO CALICE? VERO, MA PER NON IMPAZZIRE NE BASTA UNO “UNIVERSALE”, OVVERO UN BICCHIERE MEDIO/GRANDE A TULIPANO, PIUTTOSTO ELEGANTE DA SEMBRARE PROFESSIONALE E RESISTENTE QUANTO BASTA – IL TUMBLER (ALTO, BASSO, FIGHETTO O DA NEGRONI CHE SIA) È PER L’ACQUA E PER I DRINK: CHIUSO IL DISCORSO. IL VINO SI SERVE NEL CALICE, QUELLO CON LO STELO, E SI TIENE DALLO STELO. NON PER FARE GLI SNOB, MA PER UNA RAGIONE SEMPLICE: LA MANO SCALDA IL VINO, LASCIA IMPRONTE E, CON IL MIGNOLINO ALZATO, SI ENTRA DIRETTAMENTE NEL REGISTRO DELLE CAFONATE STORICHE – VIDEO
GUARDA QUI IL VIDEO DI CRISTIANA LAURO CHE SPIEGA COME SCEGLIERE I CALICI PER IL VINO
Articolo di Cristiana Lauro per www.ilsole24ore.com – Estratti
C’è un momento nella vita di ogni appassionato di vino in cui arriva la domanda esistenziale: quanti calici servono davvero? Quanti ne devo acquistare per una buona mise en place di uso domestico? In realtà molti meno di quanti vi hanno fin qui raccontato.
Soprattutto se non vivete in un attico con cristalleria dedicata ma in una casa normale, con lavastoviglie normale e i soliti amici buontemponi e gaudenti che maneggiano i bicchieri come se fossero attrezzi da fitness […]
È pur sempre vero che il bicchiere arreda la tavola e che il vino servito nel calice adeguato può esprimere le sue migliori caratteristiche, o i suoi lati peggiori se “toppate” clamorosamente la scelta di servizio.
Senza estremismi che non appartengono al mio modo di vedere le cose, sappiate che si può avere una buona attrezzatura domestica con un solo bicchiere “universale”; molte case produttrici lo propongono sul mercato ed è un investimento che mi sento di suggerire.
A scanso di equivoci chiariamo subito che il tumbler, alto, basso, fighetto o da Negroni che sia, è per l’acqua e per i drink: chiuso il discorso. Il vino si serve nel calice, quello con lo stelo, e si tiene dallo stelo. Non per fare gli snob, ma per una ragione molto semplice: la mano scalda il vino, lascia impronte e, con il mignolino alzato, si entra direttamente nel registro delle cafonate storiche.
Fin qui tutto noto, ma veniamo al punto. In passato, per essere considerati “seri”, bisognava possedere un arsenale di bicchieri: il calice da Chardonnay, quello da Riesling, il ballon da rosso importante, il bicchiere da Pinot Nero ma anche da Nebbiolo, la flûte, la coppa retrò da diva anni trenta, il bicchierino da passito e magari anche un decanter che costava come un paio di Louboutin.
Poi è arrivato il buon senso e si è imposto il calice universale ovvero un bicchiere medio/grande a tulipano (se volete anche con le pareti che si chiudono leggermente verso l’alto), piuttosto elegante da sembrare professionale e resistente quanto basta per uscire indenni da una serata con gli allegri sollevatori di calici già menzionati come campioni di fitness applicato al vino.
Funziona per i bianchi, per i rossi, per gli aromatici, per gli spumanti, per i rosati e per i vini più seri. È il multitasking della cristalleria: uno per tutti e tutti per uno!
I bicchieri specifici, certo, esistono e fanno il loro lavoro. Esaltano alcune caratteristiche del vino e rendono la degustazione più tecnica. Ma a casa, nel mondo reale, il calice universale vince su tutta la linea.
Questo vale anche per le bollicine. La flûte è elegante e permette di ammirare la catenella di bollicine, il fine perlage, ma è poco generosa con i nasi importanti.
La coppa ha un fascino irresistibile ma a dire il vero non è la prima scelta dei professionisti (a me invece piace molto). Pertanto, non a caso, sempre più spesso gli Champagne e gli spumanti finiscono proprio nel calice universale che permette al vino di aprirsi e raccontare qualcosa in più.
Se non avete spazio, voglia, tempo o budget per una cristalleria enciclopedica, la scelta migliore oggi è una sola: comprate un calice universale e vivete felici! È elegante senza fare il saputello e vi evita discussioni infinite su quale bicchiere sia più appropriato. E soprattutto libera il vino da un sovraccarico di burocrazia estetica di cui non ha bisogno.
Il vino va vissuto e condiviso, non trasformato in un esercizio di complicazione e il calice universale è il compromesso perfetto: democratico, furbo e – diciamolo forte e chiaro – tremendamente pratico!
il metodo easywine nuova edizione - cristiana lauro
CALICI PER IL VINO
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