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DAGOREPORT - BERLUSCONI ALLA SCALA SI È VISTO UNA SOLA VOLTA, MA IL BERLUSCONISMO SÌ, E NON AVEVA…
Franco Giubilei per “la Stampa”
Non c’è paura di crepare avvelenati che tenga: ogni autunno presenta il conto degli intossicati da funghi, col suo corredo di morti e casi gravi. Solo fra settembre e ottobre il Centro antiveleni di Pavia, struttura nazionale di riferimento per gli esami tossicologici, ha registrato 220 episodi nel nord Italia, di cui 21 intossicazioni molto serie - che comportano insufficienza epatica e ricovero in terapia intensiva, fino a poter rendere necessario il trapianto del fegato - e tre decessi, dati che vanno ad aggiungersi a 7 casi gravi e a un morto verificatisi nel mese di agosto.
Un’impennata di portata tale da spingere il Centro antiveleni a diramare un appello rivolto agli assessorati regionali alla Sanità, e a cascata a tutte le Asl interessate, diretto a «sensibilizzare i raccoglitori/consumatori ad effettuare controlli pre-consumo e, alla comparsa di sintomi gastroenterici, a recarsi immediatamente nei servizi d’urgenza per le opportune procedure diagnostico-terapeutiche». Tanto più che le condizioni meteo, forte umidità e temperature miti, sono ancora ideali per la crescita e la raccolta dei funghi. Ma la cosa veramente stupefacente, sottolineano gli esperti, è che gli avvelenamenti continuino a ripetersi negli anni nonostante i servizi di controllo micologico siano attivi gratuitamente presso le aziende sanitarie pubbliche.
Eppure fra quanti vanno a funghi resiste un ampio zoccolo duro convinto di saperne più di qualsiasi micologo, e così capitano le tragedie: quest’anno si sono concentrate soprattutto fra Emilia Romagna, con otto casi gravi e ben due dei tre decessi nella sola provincia di Modena, Piemonte con sette gravi e un decesso, Trentino con quattro gravi e Lombardia con due.
I killer sono sempre quelli: amanita phalloides, lepiota e galerina, che vengono scambiati per prataioli, mazze di tamburo e verdoni, oppure sono raccolti con i funghi commestibili per poi finire in risotti letali.
Il responsabile del Centro antiveleni, Carlo Locatelli, sintetizza la questione così: «Non fare la diagnostica appropriata delle caratteristiche dei funghi è un problema che nel 2015 non è più accettabile. Ci sono in giro funghi molto pericolosi, e bisogna far capire alle persone che prima di consumarli vanno controllati, altrimenti oltre tutto si vanifica il servizio delle Asl, che la gente continua a non sfruttare perché dice: “Tanto io i funghi li conosco”».
All’origine di tanti drammatici equivoci sulla reale identità del fungo c’è una presunzione inossidabile dei raccoglitori, spesso basata su informazioni del tutto generiche:
«Premesso che da trent’anni a questa parte non è mai cambiata l’abitudine di non sottoporre i funghi ai controlli, i micologi riportano vicende incredibili – aggiunge Locatelli -: gente che si basa su diapositive per riconoscerli, gente che si serve di siti internet, pieni di bufale e notizie fallaci, gente che, nei casi in cui i micologi accertano la tossicità, li accusa dichiarare i funghi velenosi “per tenerseli”».
Nel Modenese, teatro della morte recente di due persone, la coordinatrice dell’ispettorato micologico dell’Azienda Usl, Carla Alessi, stila una sorta di identikit del raccoglitore a rischio: «Per la nostra esperienza si tratta di persone molto anziane che vanno a raccogliere questi funghi e li consumano senza farli controllare, perché si credono molto esperti e ci vanno fin da giovani. Fra l’altro, con l’età la vista e la memoria si affievolisce e con esse la capacità di riconoscerli. Invece i giovani dimostrano più interesse nel voler conoscere i funghi, anche per una questione di maggior cultura».
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