DAGOREPORT – LO “SCAMBIO” SALA-ABEDINI VA INCASTONATO NEL CAMBIAMENTO DELLE FORZE IN CAMPO NEL…
Luigi Ippolito per il “Corriere della Sera”
Si è sbriciolata la Muraglia Rossa laburista. I conservatori hanno conquistato ieri il seggio di Hartlepool, città operaia del Nord dell'Inghilterra che aveva votato a sinistra da sempre: ma adesso addirittura il 52% degli elettori ha messo la crocetta sul partito di Boris Johnson mentre solo il 28% è rimasto fedele ai laburisti. Un risultato che getta un'ombra pesante sulla leadership di Keir Starmer, che aveva assunto la guida del Labour solo un anno fa prendendo il posto del radicale Jeremy Corbyn.
Boris Johnson e Carrie Symonds al voto
Un risultato «amaramente deludente», ha ammesso lo stesso Starmer, confessando che i laburisti «hanno perso la fiducia dei lavoratori». Starmer si è assunto «la piena responsabilità» della sconfitta, anche se al momento la sua posizione come leader non sembra in discussione.
Tuttavia nel partito è già scoppiato lo scontro sulla direzione da prendere: l'ala sinistra preme per un ritorno al radicalismo «socialista», mentre i moderati sostengono che bisogna spingersi con più audacia verso il centro. Ma se Corbyn ha fallito e Starter pure, cosa resta?
Al di là di quelle suppletive, è tutta la mappa dell'Inghilterra che si sta colorando di blu in questa tornata di elezioni amministrative: i conservatori hanno guadagnato centinaia di seggi nei consigli locali e i laburisti ne hanno persi altrettanti.
Un risultato tanto più stupefacente se si tiene conto che per tradizione il voto intermedio fra le consultazioni politiche generali tende a punire il partito al governo: mentre questa volta è l'opposizione che ne ha fatto le spese. Anche se un segnale interessante da notare è che decine di seggi sono andati ai Verdi, come ad anticipare una tendenza che in Germania è arrivata già a piena maturità.
Perfino a Londra, dove la rielezione del sindaco laburista Sadiq Khan sembrava una passeggiata, la corsa ieri appariva molto più serrata del previsto: i risultati si avranno solo stasera, ma se i conservatori otterranno un buon risultato sarà un'altra grande sorpresa.
Boris Johnson si conferma il più grande asset elettorale dei Tories. Gli scandali che lo hanno investito nelle ultime settimane - dalla ristrutturazione dell'appartamento di Downing Street ai messaggini scambiati con gli industriali in cerca di favori - sono scivolati come l'acqua sull'opinione pubblica: che dà per scontato che il premier sia un personaggio quanto meno disinvolto e ormai non ci fa più tanto caso. Invece il successo della campagna di vaccinazione ha portato alle stelle il consenso per i conservatori: «La gente vuole politici che si concentrano sulle sue priorità», ha commentato Johnson.
Ma è per i laburisti che il risultato di questo voto suona come una campana a morto. Starmer aveva lavorato duro per riposizionare il partito al centro dopo gli anni della sbandata di ultra-sinistra sotto Corbyn: ma non è bastato.
La Brexit ha provocato un riallineamento totale della politica britannica: e infatti Hartlepool al referendum del 2016 aveva votato al 70 per cento per l'uscita dalla Ue propugnata da Johnson. Più in generale, il Labour sembra aver perso il contatto con quella working class che i conservatori sono ora capaci di agguantare con un sapiente mix di richiami patriottico-nazionalisti e politiche economiche di stampo «socialdemocratico».
A Londra c'è già chi vede i laburisti condannati a scivolare nell'irrilevanza, al pari dei socialisti francesi e, in parte, dei socialdemocratici tedeschi. Ed è una parabola che lancia un interrogativo per tutta la sinistra europea. Mentre la presa dei conservatori sull'Inghilterra profonda appare ormai inattaccabile.
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