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METÀ EROE E METÀ GOLPISTA - IL BRASILE SI SPACCA SU SERGIO MORO, IL PM CHE INDAGA SULLE MAZZETTE “PETROBRAS” E CHE HA INCASTRATO LULA - IL MAGISTRATO, FAN DI ANTONIO DI PIETRO E MANI PULITE, STA SCARDINANDO UN SISTEMA DI POTERE IN PIEDI DAL 2003

Omero Ciai per “la Repubblica”

 

Sergio Fernando Moro Sergio Fernando Moro

Lei è l’ex guerrigliera torturata durante la dittatura militare. Lui l’operaio metallurgico mito della sinistra. L’altro un giudice senza macchia e senza esitazioni che adesso sogna un colpo alla Watergate.

 

I loro destini si sono incrociati sullo sfondo di una città utopica, Brasilia, disegnata poco più di mezzo secolo fa da urbanisti e architetti visionari, che alberga tutti i palazzi del potere. E il cocktail rischia di far esplodere un paese, il gigante verde-oro dell’America Latina, che all’improvviso si scopre fragile e posseduto da una battaglia politica a tutto campo dove la verità si perde sempre più in una contrapposizione frontale e assoluta.

 

Sergio Fernando Moro Sergio Fernando Moro

Per mezzo Brasile l’inchiesta di Sergio Moro, 44 anni, magistrato star di “Lava Jato” (autolavaggio), quella che ha scoperchiato un diffuso malaffare tra politici, aziende private e commesse pubbliche, dimostra che l’ex presidente Lula e Rousseff, l’attuale presidente in carica, sono corrotti e devono essere allontanati e processati. Per l’altra metà il giudice Moro è soltanto un golpista, e si comporta come tale, usando media e giustizia come marionette di uno show che ha come unico fine quello di affondare i due leader, Dilma e Lula, che hanno governato il Brasile negli ultimi tredici anni, con o senza prove definitive.

 

JOAO SANTANA - LULA - DILMA ROUSSEFFJOAO SANTANA - LULA - DILMA ROUSSEFF

L’ultimo episodio, con la diffusione dell’intercettazione di una telefonata, sembra da manuale. D’altra parte la convinzione del giudice Moro è semplice: si è convinto che né Lula, né Dilma Rousseff potevano essere allo scuro della corruzione rivelata dall’inchiesta Petrobras e ormai ha un solo obiettivo: quello di costringerli a dimissioni spettacolari, e senza appello, molto prima che qualsiasi tribunale li condanni. Difficile immaginare adesso come possa andar a finire mentre le piazze da una parte si riempiono di sostenitori del giudice, «Siamo tutti Sergio Moro» è il loro slogan, e dall’altra di suoi detrattori, in una escalation che rischia di diventare davvero pericolosa.

 

DILMA ROUSSEFF E LULA DA SILVA DILMA ROUSSEFF E LULA DA SILVA

Dilma e Lula hanno risposto fino ad ora colpo su colpo all’offensiva del giudice. E con il passare dei giorni il loro scopo sembra sempre di più quello di difendere, arroccandosi, il loro posto nella Storia. L’incubo ormai non è più nemmeno quello di essere accusati ma quello di essere travolti dall’onda delle proteste popolari come accadde a Fernando Collor de Mello, il presidente disarcionato dalle piazze nel 1992. D’altra parte ci voleva Sergio Moro per far rinascere un’alleanza lacerata come quella tra Dilma e Lula.

DILMA ROUSSEFF E LULA FOTO LAPRESSE DILMA ROUSSEFF E LULA FOTO LAPRESSE

 

Non è un segreto infatti che dopo averla indicata, e imposta al suo partito, il Pt al governo dal 2003, come successore alla presidenza, Lula si sia poi lentamente pentito, come se la prescelta come delfino avesse a poco a poco lasciato franare la sua opera. Il loro conflitto sulla politica economica da seguire all’inizio dell’ultima crisi brasiliana è noto. L’assalto di Moro, che per mesi, interrogando politici e industriali coinvolti nello scandalo Petrobras, e concedendo alla maggior parte sconti di pena in cambio delle confessioni, li ha assediati, ha fatto il resto.

 

Sergio Fernando Moro Sergio Fernando Moro

Fino a quello che probabilmente è l’ultimo errore. La decisione di richiamare l’ex presidente Lula nel governo. E di farlo con un incarico, quello di ministro della Casa Civil, ossia il più importante dell’esecutivo, che è stato interpretato come una scelta da ultima spiaggia. L’arrocco definitivo del potere politico contro le inchieste della magistratura. Da questo momento la situazione può soltanto peggiorare.

 

Il giudice Moro nella sua crociata per ripulire dalla corruzione il Brasile non ha più scrupoli ed è appoggiato senza riserve dal maggior partito dell’opposizione, il Psdb (partito socialdemocratico brasiliano) di Aecio Neves, il candidato del centro-destra sconfitto per poco da Rousseff nelle presidenziali del 2014. Il problema è che nemmeno Aecio, né il suo partito, sono stato immuni dalla corruzione. Ma adesso poco importa, chi deve cadere per ridestare il dolente Brasile sono Lula e Dilma.