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La bellezza, si sa, è soggettiva e «de gustibus non disputandum est» tuttavia ci sono vetture oggettivamente mal riuscite da punto di vista estetico e ce ne ne sono altre dai nomi imbarazzanti perché battezzare una vettura richiede un grande impegno, visto come lo stesso termine può assumere significati diametralmente diversi in base alla nazione di commercializzazione. Ne sanno qualcosa le protagoniste della nostra raccolta, modelli dal nome talmente imbarazzante da arrivare in alcuni casi al cambio di denominazione.
Cosa nasce dall'unione tra una coupé e una monovolume? La Renault Avantime. Era il 2002 e il marchio francese pensava di aver trovato l'uovo di Colombo, inaugurando una nicchia di mercato capace di far concorrenza ai marchi premium tedesca. Peccato che il pubblico non fosse ancora pronto ad un mezzo di questo genere e il flop fu così grande da tenere in produzione la vettura per meno di due anni.
Le cause? Oltre al prezzo d'acquisto importante, la linea non era delle più semplici da digerire e, visto la lunghezza XXL delle portiere, era impossibile parcheggiare accanto ad un'altra auto. Probabilmente al giorno d'oggi, dove i suv sono diventati coupé, l'Avantime potrebbe ottenere il successo sperato dal marchio francese.
La Ford Scorpio nasce nel 1985 sotto le oneste e poco emozionanti forme di un berlinone tre volumi in sostituzione dell'ammiraglia Granada, ma è nove anni dopo che la tragedia stilistica si compie: Ford lancia la seconda generazione. Il risultato è scioccante: tre auto brutte fuse in una sola vettura orrenda.
A un frontale che ispira la simpatia di una cernia con due fari da rana di sconcertate fattura, abbina un posteriore sgraziato e il tutto è condito dalle porte della vecchia generazione. Leggenda narra che quando fu svelata alla stampa qualcuno credette fosse un modello ancora camuffato. Ha infestato le strade fino al 1999.
Parlare della prima serie di Ssangyong Rodius è come sparare sulla croce rossa, una delle vetture più assurde e racchie mai create. Nata nel 2004, era un agghiacciante incrocio tra un suv e un monovolume con un posteriore caratterizzato da un pazzesco montante a Z che disegnando una sorta di veranda al posto del lunotto la fa somigliare a un incrocio tra uno yacht e un ferro da stiro. La casa coreana capì in seguito la lezione.
Probabilmente il veicolo più versatile del pianeta. Era questo lo slogan utilizzato nel 2000 per promuovere la Pontiac Aztec negli Stati Uniti. Visto il risultato stilistico sarebbe stato meglio un realistico “ probabilmente il veicolo più brutto del pianeta”. Infatti in molti sondaggi trionfò come auto più brutta e addirittura fu accusata di aver distrutto la reputazione della Pontiac.
Linea a parte i contenuti c'erano anche, a partire dal tanto spazio disponibile e da soluzioni avveniristiche per l'epoca come l'Head Up Display. Qualche dubbio sull'utilizzo di stupefacenti da parte dei designer è lecito. Non per niente è l'auto personale di Walter White, personaggio protagonista della serie Breaking Bead dove è un produttore di Metanfetamine.
Originale certo lo era con le sue asimmetrie apparse nella terza generazione de 2008. Qualcuno l'amò fino a comprarla poi Nissan la tolse di torno, almeno sui nostri mercati con buona pace dei tanti detrattori. Il piccolo monovolume giapponese spaventava soprattutto per il posteriore destro asimmetrico con un lunotto che in un susseguirsi di vetri arrivava fino all'anteriore, come se fosse una finestra di un'astronave.
Dal nome sembra essere uscita da un manga. Orochi è un'auto sportiva giapponese prodotta dal 2006 al 2014 dal costruttore nipponico Mitsuoka Motors. In realtà, il nome trae ispirazione della creatura mitologica della cultura nipponica “Yamata no Orochi”, cioè un mostro della mitologia nipponica… in effetti sembra averne ereditato anche qualche caratteristica estetica.
Brutta come poche altre e realizzata per il film di Hollywood «Come ti rovino le vacanze» (Vacation, 2015). La Prancer, un pezzo unico, era studiata per essere orribile ed era infatti un terrificante pachwork di elementi presi da molti orrori della storia dell’auto in un mix agghiacciante. In realtà l'auto porta sulla carrozzeria lo stemma di un marchio inventato e non è facile intuire da che cosa derivi.
Una particolarità della Prancer sono gli accessori alquanto bizzarri, come dei porta bicchieri esterni alla carrozzeria, una fontanella interna, due posaceneri di metallo nel cruscotto e il volante estraibile, oltre a una coppia di specchietti retrovisori montati anche sul posteriore.
Quando pregavi tuo nonno di non venirti a prendere con l'auto davanti a scuola, il motivo era solo uno: guidava una Fiat Duna. Per chi è cresciuto negli anni '80 il nonno con La Duna era in grado di minare la reputazione di ogni bambino in età scolare. Nata sulla piattaforma della Fiat Uno, era una comoda berlina compatta dal design emozionante come la proiezione della Corazzata Potemkin in lingua originale.
Per i bisognosi di spazio era disponibile anche la versione station wagon battezzata Weekend, probabilmente nome preso in prestito dal film “Week-end di terrore” del 1982. Oltre alla produzione a marchio Fiat, la Duna station wagon fu realizzata anche dalla Innocenti con il nome Elba. Fu un “successo” così grande che il termine della sua produzione nel 1997 coincise con la scomparsa del marchio Innocenti dal mercato.
Avete presente quando per descrivere una persona la prima risposta è “ non è bella. È un tipo”. Ecco, si potrebbe riassumere così la Fiat Multipla. Sulla carta era geniale: abitacolo da 6 posti a fronte di una lunghezza contenuta in meno di 4 metri, uno capacità di carico da 430 a 1300 litri con pavimento piatto e un'ottima tenuta di strada.
Peccato che, soprattutto all'anteriore, il frontale a tre scalini era gradevole come una multa consegnata dal postino di lunedì mattina. Rispettando la presentazione iniziale, a cui aggiungere un classico “O si ama o si odia”, la Multipla fu inserita nella mostra Different Roads del MoMa di New York mentre la rivista Time la inserì tra le 50 peggiori auto di tutti i tempi. Chi l’ha però avuta ancora la rimpiange: l’auto era pratica, comoda e geniale in molte soluzioni.
Indecisi tra un suv e un pick-up? Secondo Honda la soluzione si chiamava Element. Realizzato per il mercato nord americano dal 2003 al 2011, il “PicSuv” era riconoscibile a distanza per le linee piacevoli come uno schiaffo ricevuto da Bud Spencer ma soprattutto per la quantità di plastica non verniciata. Se pensate di buttarla a mare dopo l'acquisto, gli interni non si bagneranno. Infatti tutto, dal tetto ai sedili, era di materiale impermeabile.
Oggi il termine escort non sarebbe mai abbinato ad una vettura, visto l'associazione sempre più frequente a delle accompagnatrici di alto livello. Per fortuna non era così ai tempi della produzione della Ford Escort, commercializzata in Italia fino al 2001.
Prodotta dal 1978 al 1988 in oltre due milioni di esemplari, la Fiat Ritmo era la perfetta auto da famiglia. Nei mercati di lingua inglese la denominazione fu cambiata in strada. Il motivo? La parola “ritmo” o “rhythm” poteva indicare il ciclo mestruale.
Anche in questo caso il nome scelto per la piccola Mazda porta subito la mente a tutt'altro. Commercializzata a partire da 1999, la piccola kei-car era stata battezzata inspirandosi all'isola volante descritta nel libro “I viaggi di Gulliver”. Il risultato invece, soprattutto nei paesi di lingua spagnola, non fu certo dei migliori.
Una denominazione non certo di buon auspicio. Si può riassumere così la Volkwagen Jetta, in particolar modo per le vendita in Campania. Il motivo? Il nome veniva associato alla sfortuna o nei casi “migliori” ad una cosa da buttare.
Non serve una spiegazione per capire dove sta il problema nella denominazione scelta per il monovolume Toyota. Prodotta a partire dal 2004, quando il gruppo terroristico islamico non era ancora salito alla ribalta, ha anticipato una tendenza arrivata negli anni successivi. L'ISIS infatti utilizza quasi esclusivamente i mezzi a marchio Toyota e addirittura il governo americano ha avviato in passato indagini al riguardo.
Al momento dell'acquisto di una vettura, il venditore rassicura i futuri clienti su doti come prestazioni, qualità e soprattutto affidabilità. Con la Chevrolet Nova quest'operazione partiva già in salita. Il motivo? In spagnolo Nova significa “non va”; sicuramente un pessimo inizio per una vettura nuova.
Tutti conosciamo la Honda Jazz, monovolume di segmento B prodotta dal marchio giapponese. La stessa vettura in diversi mercati prende il nome di Fit. La speranza è non in Norvegia e Svezia, dove dizionario alla mano diventerebbe la Honda Vagina.
Come abbiamo detto la scelta del nome è una delle operazioni più complesse. Comprereste mai una vettura che si chiama Muco? La Nissan ci provò con la Moco, che in spagnolo si traduce esattamente Muco.
L'anatomia torna protagonista involontaria tra i nomi della auto. L'Opel Ascona, berlina prodotta dal 1970 al 1988, prendeva il nome dall'omonima cittadina svizzera nel Canton Ticino. In Spagna e Portogallo la denominazione invece portava subito la mente ai genitali femminili.
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