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Beatrice Nencha per “Libero Quotidiano”
Quella di ieri doveva essere, per Mafia Capitale, la giornata dei super testimoni Grilli e Cassia. Invece, per uno strano sabotaggio del destino, l' udienza si è trasformata nel palcoscenico mediatico per due dei principali protagonisti di questo processo: Salvatore Buzzi e Luca Gramazio, accomunati dal macigno giudiziario dell' associazione mafiosa ed entrambi dietro le sbarre ormai da un anno e mezzo.
Il più prolifico, oltre un' ora di dichiarazioni interrotte da un' unica pausa sollecitata dalla presidente del collegio Rosanna Ianniello, è stato il patron della «29 Giugno» Salvatore Buzzi, in video dalla casa circondariale di Tolmezzo. Seduto al tavolo, maglione rosso, ha deciso di rendere quella che a tratti sembra una confessione, ma è in realtà un vero j' accuse. A partire dalla politica: «È vero, nel tempo siamo diventati complici di questo sistema corruttivo, partito dal grande Giubileo del 2000 quando si è iniziato a procedere in deroga alla gare. Sin dal mio arresto (avvenuto il 2 dicembre 2014, ndr) io la contestazione davanti al gip del 416 bis non l' avevo nemmeno capita: è un'onta personale e che contraddice tutta la storia del mondo della cooperazione».
E ancora, sempre sulla politica, il «re» delle coop romane rimarca la sua verità: «Ho fatto sette interrogatori davanti ai pm, ho riempito 500 pagine di verbali con nomi, fatti e date e non sono stato creduto. Eppure in quest' aula vedo dei politici arrestati, ma stranamente del Pd ci sono solo quelli di una determinata area politica, l' area di Bersani. Dell' altra, quella del premier Matteo Renzi, non vedo traccia. Così come ci sono state imprese sommerse e altre salvate».
Esortato dal tribunale a fare i nomi, Buzzi promette di ricostruire in un prossimo esame documentale «dove sono finiti tutti i finanziamenti annotati nel libro nero custodito dalla mia segretaria Nadia Cerrito, anche quelli dove lei ha riportato solo le mie iniziali». Sull'arrivo del primo sindaco di destra in Campidoglio, Buzzi premette: «Dopo 14 anni di gestione del verde pubblico affidata alla Multiservizi e alle cooperative, Alemanno rompe un accordo di fatto che esisteva da sempre con Rutelli e Veltroni.
salvatore buzzi con il quarto stato alle spalle
Con la sua giunta arrivano le prime turbative d'asta, che noi subiamo, tanto che nel 2010 chiediamo a Ozzimo di depositare un esposto in Procura: nessuno ci ha mai risposto». E se con Alemanno l'88% dei lavori vengono affidati con procedure negoziali, la stessa percentuale rimane invariata sotto la giunta del suo successore: «Con la differenza che con Marino, quando andavi in aula, i consiglieri comunali Pd ti chiedevano persino di assumere le amanti dei loro avvocati».
Metà della dichiarazione-fiume di Buzzi si incentra sulla «piena assunzione di responsabilità», che intende scagionare tutti i suoi collaboratori: «In carcere mi sono confrontato col cappellano e col vescovo, ho preso coscienza dei miei comportamenti, delle turbative d'asta. Spesso ho ingannato gli inquirenti con un linguaggio sbagliato ma erano parole in libertà dette in contesti a me familiari. Gli ex detenuti calabresi della cooperativa, per esempio, li salutavo sempre dicendo: "Ciao, oggi la 'ndrina come va?"».
SALVATORE BUZZI FRANCO PANZIRONI
Così l' ex ergastolano divenuto imprenditore e interlocutore privilegiato di un' intera classe politica, non nasconde le tante richieste e i favori concessi ai potenti tramite il suo impero, che nel 2014 fatturava 60 milioni di euro: «Nella 29 Giugno non era solo Carminati, che io conobbi quando era in affidamento in prova ai servizi sociali nel 2011, ad avere ingombranti trascorsi criminali. Ricordo che Concutelli, che aveva quattro ergastoli, mi fu raccomandato dalla famiglia Ingrao perché non trovava lavoro.
I miei dipendenti e soci sono ladri, estorsori, ergastolani, prostitute eppure abbiamo collaborato con il ministero degli Interni, la Prefettura, le forze dell' ordine, persino con Pignatone per sgomberare nel 2014 un residence occupato. Odevaine, vice capo di gabinetto di Veltroni, lo pagavamo cinquemila euro al mese perché conosceva tutti, da Morcone a Zingaretti, ma non ci ha mai fatto vincere una gara».
E mentre Buzzi è un torrente in piena, da un'altra casa circondariale, quella di Parma, c'è il suo amico e socio in affari Carminati, in piedi davanti alla telecamera, che annuisce vistosamente. Il «Nero» non ha ancora mai parlato durante l'udienza, ma si capisce che è colpito dall' intervento. In genere siede freddo e impassibile, prende appunti oppure passeggia nevroticamente nei pochi metri della stanza da cui è videosorvegliato. Buzzi, è evidente, sta raccontando anche quello che lui non ha ancora mai detto. Per esempio, quando rievoca l'incontro tra i due, avvenuto nel 2011 tramite l' allora amministratore delegato di Eur spa.
SALVATORE BUZZI - GIULIANO POLETTI
«Carminati lo conosco nel 1980 a Rebibbia ma non ci frequentavamo. Me lo presenta Riccardo Mancini, e non è vero che Carminati l'abbia mai menato. L'unica volta è stato da ragazzi, negli anni '90». Alla fine la testimonianza si tinge dei toni della spy story, quando Buzzi rievoca «la presenza in cooperativa di un carabiniere che, fingendosi commercialista, ci ha dato informazioni sull'indagine in cambio di 19mila euro: abbiamo fatto il suo nome, eppure non lo vedo qui».
O quando Buzzi chiede al tribunale, che giudica non pertinente il tema, come mai «se l'indagine era tanto segreta, nel libro Suburra di De Cataldo edito nel 2013 i protagonisti rievocano le gesta di dieci persone finite un anno dopo nell'indagine "Mondo di Mezzo": il Samurai-Carminati, Carmine Fasciani, Casamonica, Michele Senese, Mario Corsi, il pentito Grilli, l' avvocato Dell' Anno, Iannilli e persino la onlus Peter Pan, "gemella" della onlus Piccoli Passi di Alibrandi?». Nel romanzo del magistrato, ambientato ad Ostia, c'è anche la ormai celebre teoria del Mondo di Mezzo, «evocata da un parlamentare, stampata nel libro, eppure nessuno se lo chiede».
SALVATORE BUZZI - LUCIANO CASAMONICA - GIANNI ALEMANNO
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