DAGOREPORT: PD, PARTITO DISTOPICO – L’INTERVISTA DI FRANCESCHINI SU “REPUBBLICA” SI PUÒ…
Marco Giusti per Dagospia
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“Non fidatevi dei rumors di Cannes, Nanni Moretti non è morto, è in piena forma” scrive il capo redattore dei Cahiers du Cinéma, Marcos Uzal, difendendo il film dagli attacchi feroci di quasi tutta la stampa specializzata contro “Tre piani”, il nuovo film di Moretti, che non ho visto e quindi non posso giudicare, ma che nei giochi delle stellette dei critici è davvero agli ultimi posti, ha una media di 1,5 su “Screen” e se la batte per l’ultimo posto in classifica con il fischiatissimo “Flag Day” di Sean Penn che naviga su 1, 1.
Non solo, “Le Monde” lo ha appena massacrato (“intreccio di storie convenzionali e incoerenti”) scrivendo che se non sapessimo che lo ha fatto lui non sapremmo a chi attribuire un film così. Da qui è difficile capire bene le cose, e non mi fido certo della stampa italiana moretti-dipendente, ma Marcos Uzal ci spinge verso una notazione interessante, che già mi ha fatto, senza aver visto il film, Carlo Freccero.
“Tre piani” non sarebbe altro, per loro, che la versione soap (così la definisce anche Peter Bradshaw del Guardian), da telefilm moderno e seriale del cinema morettiano. “E’ il genere di film che è difficile vedere a Cannes”, scrive Uzal, “un film di una sobrietà formale che confina con la trasparenza e per questo la sceneggiatura mette in rilievo il feuilleton popolare senza nessun livello di secondo grado. Facile scambiarlo per una telenovela”.
Qualcosa che per Uzal finisce dalle parti ultraclassiche e nobili del mélo italiano di Matarazzo e Cottafavi, che Moretti credo detesti, e che per Freccero porta dritto a una versione Roma Nord di “Un posto al sole” ambientata nella buona borghesia di Prati pronta per la serializzazione.
In pratica quello che i critici di Cannes non hanno capito sarebbe la trasformazione del cinema di Moretti da autoriale o da festival a soap opera modello “Un posto al sole” in ode ai valori della buona borghesia e di una scrittura ormai completamente dominata dagli sguardi femminili, visto che ha solo sceneggiatrici donne. Tè e pasticcini... Morta l’ideologia, insomma, rimarrebbero le buone maniere.
Mi dice Freccero. Buone maniere, però, che Moretti, francamente, non ha mai avuto, non basta frequentare i bar giusti e mettersi i pantaloni col velluto a coste per diventare la buona borghesia di Prati o di Monteverde. Quando arriva neanche saluta. Ma l’idea di un Moretti seriale, da soap, condivisa da Uzal e Freccero, che esce da questo “Tre piani”, anche se distrugge completamente vent’anni del suo cinema d’autore, si credeva penso un po’ come Kiarostami, non certo Matarazzo o il Minoli di “Un posto al sole”, mi sembra un’idea interessante che forse trova una via d’uscita a quello che sembrerebbe un totale disastro.
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