DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Estratto dell’articolo di Paolo Ferrari per “La Stampa”
«Puntare il dito verso chi fa rap o trap è un modo per costruire alibi a chi viene meno al proprio ruolo». Fred De Palma, nome d'arte per il trentaquattrenne Federico Palana, torinese cresciuto nel rap e maturato in direzione urban latina, non è lo spaccone di turno, ma un ragazzo sereno e riflessivo, che si prepara ad andare in gara al Festival di Sanremo e dice la sua sulle ultime polemiche che coinvolgono la musica giovane. «Sul palco ci si scanna con insulti anche tremendi, l'opposto del politically correct. Ma è solo fiction».
Femminicidi e atti di bullismo riempiono le cronache: il rap e la trap con i loro testi violenti e le risse ai concerti sono spesso messi sotto accusa, lei che ne dice?
«Dico che la musica va presa come i film. Non è giusto caricare sulle spalle di rapper di vent'anni il compito di educare, un compito che spetta ai genitori, alla scuola, alla società.
Né credo che le persone si regolino nella vita in base a un pezzo sentito alla radio. Puntare il dito verso chi fa rap o trap è un modo per costruire alibi a chi viene meno al proprio ruolo»
Andare Sanremo però significa parlare a una grande platea e questo comporta una responsabilità, no?
«Per me è soprattutto il posto giusto per raccontare una storia nuova. Sanremo arriva in un momento di grande cambiamento per me, sto sperimentando, uscendo dalla comfort zone. Sia nel suono che nei contenuti. Non sono più riconducibile al reggaeton, resta una componente ma non è tutto, la mia attenzione a quel che si muove nel panorama internazionale della musica che sento vicina a me è a 360°».
[…] In che Torino è cresciuto?
«Zona popolare, il Lingotto, mio padre è un ex ferroviere, mia mamma una maestra d'arte. Con loro si seguiva il Festival di Sanremo come un rito di famiglia, era l'evento dell'anno. Poi ho scoperto l'hip hop, partecipando a tante di battaglie di freestyle perché Torino è una capitale nel settore. Mi affascina vedere tutta quella gente che ci mette l'anima senza soldi in cambio.
Sul palco ci si scanna con insulti anche tremendi, se mi serve un termine forte per chiudere una rima ce lo infilo. Poi, finita la sfida, si è tutti amici, anzi, fratelli. Mai visto uno scontro a suon di barre proseguire fuori dal ring». […]
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