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argilio giacomazzi comandante della norman atlantic
1 - NORMAN ATLANTIC, IL COMANDANTE:?«LA COMPAGNIA HA LE SUE COLPE»
Da Corriere.it
La risposta più lunga alla domanda più scontata. E cioè: cosa prevede la procedura in caso di incendio? Il comandante Argilio Giacomazzi è entrato in mille dettagli. Ha spiegato dei sensori antifumo, per incominciare. «Inviano il segnale che viene ricevuto in una postazione precisa dove c’è qualcuno che controlla e che riferisce al comandante, il quale manda immediatamente un componente dell’equipaggio della squadra antincendio a controllare di che si tratta.
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A seconda della gravità il comandante impartisce i primi ordini e fa scattare l’allarme che però in un primo momento riguarda soltanto il personale di bordo perché la situazione potrebbe anche essere controllabile con i mezzi di bordo e in quel caso è inutile rischiare il panico».
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LE SCIALUPPE DI SALVATAGGIO
Il Norman Atlantic non faceva eccezione. Procedura standard. Il comandante ha ricostruito accanto al suo avvocato Alfredo Lonoce e davanti al pm Ettore Cardinale ogni passaggio, compresi quelli che in qualche modo non gli tornano perché sono fuori dalle regole. Uno su tutti: le scialuppe. «Il traghetto ne aveva a disposizione quattro, ciascuna delle quali poteva ospitare 150 persone» ha spiegato Giacomazzi. Ce n’era a sufficienza per salvare tutti, in teoria.
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«Ma quando il calore ha rotto gli oblò le fiamme sono fuoriuscite da un lato e con il vento forte che c’era hanno raggiunto due delle lance, distruggendole». Ne rimanevano altre due. «Ho dato l’ordine di approntarle» ha detto il comandante al pubblico ministero, «ma non ho mai dato nessun ordine di ammainarle (calarle in mare ndr )». Prima di farlo era necessario assicurarsi che tutti avessero il salvagente addosso, che l’equipaggio potesse stabilire chi far salire a bordo seguendo la regola delle priorità: bambini, donne, malati, anziani e infine uomini. Quindi l’ordine era: «Approntatele e distribuite i salvagente prima di calarle in mare».
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La squadra che doveva distribuire i salvagente era al ponte 5 che però si è surriscaldato troppo rendendo impossibile l’operazione. Da qui il passaggio della gente a bordo sul ponte 6. Ed ecco cosa ha raccontato il comandante a questo punto: «Mentre venivano distribuiti i salvagente al ponte 6 qualcuno ha calato in mare una scialuppa senza che io l’avessi ordinato».
Chi l’ha fatto deve aver utilizzato il sistema manuale, così la scialuppa - con a bordo soltanto una cinquantina di persone - è caduta in mare pesantemente. ?È stato qualcuno dell’equipaggio? Oppure qualche passeggero fra quelli più esagitati e nel panico? «Su una scialuppa di salvataggio», ha spiegato Giacomazzi nel suo verbale, «possono salire al massimo tre componenti dell’equipaggio».
argilio giacomazzi comandante della norman atlantic
E ha detto che si, ce n’erano «almeno tre» anche su quella. «Almeno tre», quindi probabilmente anche di più. Marinai che adesso dovranno rispondere di quell’operazione. ?«In quella situazione il comandante non poteva certo stare a bada delle lance di salvataggio» si è difeso Giacomazzi. «Dovevo occuparmi della stabilità del traghetto».
2 - L’ACCUSA: UNA PARTE DELL’EQUIPAGGIO HA ABBANDONATO IL TRAGHETTO PRIMA DEI PASSEGGERI
Giuliano Foschini per “la Repubblica”
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All’inizio c’era solo qualche testimonianza, confusa, dei superstiti sbarcati tra Bari e Brindisi. Lo hanno raccontato due passeggeri italiani arrivati a Bari, poi lo ha confermato un inglese sbarcato a Brindisi e ancora altri due italiani arrivati con la San Giorgio.
Ma dopo l’interrogatorio del comandante Giacomazzi, e dopo aver ascoltato tutto l’equipaggio, la procura di Bari si è convinta che a bordo non siano state rispettate le rigide regole del mare: non solo perché le «procedure di evacuazione della nave» non sono state effettuate come da protocollo, come si legge nel decreto di sequestro della nave. Ma anche perché qualcuno dell’equipaggio è scappato dalla nave in fiamme prima dei passeggeri. I nomi sono già sul tavoli dei magistrati che probabilmente nelle prossime ore procederanno all’iscrizione nel registro degli indagati.
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LE LANCE DI SALVATAGGIO
Il problema nasce attorno alle quattro lance di salvataggio della Norman. Le scialuppe sono grado di trasportare 150 persone e reggere il mare anche in condizioni pessime come quello della notte tra 27 e 28 dicembre. Quindi avrebbero potuto ospitare tutti i passeggeri. E invece ne sono saliti non più di 60. Perché?
Due lance — ha ricostruito la Capitaneria di porto di Bari — sono bruciate. Una è perduta, scesa senza nessuno a bordo, probabilmente per un errore dell’equipaggio o l’imprudenza di un passeggero. Una quarta è andata in mare. Ma con non più di 50 persone. E qui c’è il problema. Le procedure prevedevano che ogni lancia fosse gestita al massimo da 3 marinai, per un totale quindi di 12 persone dell’equipaggio.
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Nell’unica scesa a mare però semivuota ce n’erano almeno 5. Fuggiti mentre la loro nave andava in fumo. La circostanza è stata contestata al comandante che ha spiegato di essersi accorto della circostanza, perché a bordo mancavano alcuni dei 56 membri dell’equipaggio, ma che non ha «funzioni di polizia» sulla nave. «Io do disposizioni ma non posso fare nulla se non vengono rispettate».
IL RITARDATO ALLARME
Nel suo interrogatorio il comandante, difeso dall’avvocato Alfredo Lonoce, ha ammesso di aver lanciato l’allarme con quasi un’ora di ritardo. Ma che non è stato un errore. «Tra le tre e mezzo e le quattro è arrivato l’allarme incendio — ha spiegato in sintesi ai magistrati — ma abbiamo cercato di controllarlo. Pensavamo di farcela, ma invece il forte vengo ce l’ha impedito».
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Ha raccontato che sono entrati in funzioni sia lo spinkler ( i getti d’acqua dall’alto, circostanza confermata da alcuni passeggeri) sia la fuamite, la schiuma che dovrebbe bloccare le fiamme. Ma se è vero (come ormai pare certo) che l’incendio sia partito da uno dei tre piani del garage, era impossibile da fermare: troppo combustibile a bordo, con quelle cisterne cariche di oli vegetali. «Eppure si è riusciti a circoscrivere l’incendio — ha spiegato agli investigatori — È la prova che le porte tagliafuoco hanno retto: anche la numero 112, quella individuata come “ deficiencies” dal registro navale greco era stata riparata e ha tenuto. Se così non fosse stato, la nave sarebbe andata a fuoco nel giro di pochissimo. E dunque affondo».
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“NON COME LA CONCORDIA”
Ecco, questo è un punto su cui il comandante ha insistito particolarmente. «Il mio obiettivo era non fare affondare la nave. Ci sono riuscito. E se non ci fosse stato quel tempo sarei riuscito anche a completare la navigazione», ha spiegato. Il passaggio non è di poco conto. Spiega, tra le altre cose la differenza tra il caso della Norman e della Concordia. «Quando abbiamo capito la portata dell’incendio il mio obiettivo era tenere in asse la nave».
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C’è stata una divisione in gruppi: una squadra antincendio, una al controllo fiamme, una alla lance di salvataggio e un’altra al controllo della stabilità della nave. Quest’ultima era la situazione più delicata perché, con tutto quel carico, tenere la linea di galleggiamento era fondamentale per non far inclinare e affondare la nave. Se così fosse stato, non ci sarebbe stato scampo per nessuno dei passeggeri a bordo.
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IL SOVRACCARICO NEI GARAGE
Ma davvero la nave era troppo pesante? L’ overbooking inchioda la compagnia di navigazione. Perché se imbarcare più passeggeri del dovuto non è stato un problema principale per la sicurezza, comunque resta una grave irregolarità. «È come — spiega con un’efficace immagine un investigatore — quando fai un incidente perché ti scoppia una ruota. Poi però scoprono che sei anche ubriaco». Il garage era pieno all’inverosimile seppur nel carteggio di bordo vengono indicati due-tre stalli liberi.
«Ma il bilanciamento del carico la nave aveva una sua stabilità di pesi» ha insistito il comandante con gli investigatori. «C’erano tutte le condizioni per la navigazione». Detto questo, però, anche il tema del carico atterrebbe alla Anek Lines: la compagnia aveva indicati i due a bordo che si occupavano sia dell’amministrazione, e quindi il responsabile dello sbigliettamento, e della “caricazione”.
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LO SCIVOLO E LA FUGA DEI GRECI
È un fatto che le rigide misure di sicurezza che dovevano essere rispettate a bordo, sono state completamente disattese. Tutto quello che era previsto dal Safety Management Code è rimasto teoria. Non sono state indicazioni. E non è stato gestito il panico. Anche la prima delle vittime, l’uomo greco indicato al momento come parte lesa, sarebbe morto per una sorta di “imprudenza”. Avrebbe azionato da solo il Mes, un scivolo che doveva servire a fare da spola tra le navi passeggeri e le navi soccorso. Lo ha fatto da solo, senza che nessuno dell’equipaggio lo fermasse.
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Lui è rimasto incastrato, ed è deceduto. E lo scivolo a quel punto non ha più funzionato. Ma di chi è la colpa? Al netto di una tensione anche nelle operazioni di soccorso tra la parte italiana dell’equipaggio (che faceva capo all’armatore) e quella greca (che invece faceva riferimento alla compagnia di navigazione: non a caso subito dopo essere stati ascoltati a Bari, i greci sono praticamente fuggiti salendo la mattina presto a bordo della nave che è partita a Bari la sera del 31), ora le autorità aspettando di capire dal manuale di bordo i singoli ruoli dei marinai in modo tale da individuare eventuali responsabilità personali. Molto sarà andato in fumo, ma la scatola nera che verrà recuperata forse già oggi dalla Procura non appena riusciranno a salire a bordo della Norman chiarirà molti aspetti.
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