carlo elisabetta diana

LA NOTTE PIU’ LUNGA DI CARLO – UN LIBRO SVELA I DETTAGLI DEL MOMENTO IN CUI SEPPE DELLA MORTE DI DIANA – VOLEVA PARTIRE SUBITO PER PARIGI, LA REGINA ERA CONTRARIA, UN SEGRETARIO CONVINSE ELISABETTA: “MAESTA’, PREFERISCE CHE DIANA TORNI IN UN FURGONE DI HARRODS?”

Estratto del libro “Carlo, il principe dimenticato” di Vittorio Sabadin - da “la Stampa”

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Robin Janvrin, all' epoca vice segretario particolare della regina Elisabetta, dormiva nel piccolo cottage che gli era stato riservato nella tenuta di Balmoral quando una telefonata lo svegliò nel cuore della notte. L' ambasciatore del Regno Unito a Parigi, Michael Jay, aveva una notizia importante da dargli: pochi minuti prima, un' auto si era schiantata contro un pilastro nel tunnel dell' Alma lungo la Senna, a Parigi.

 

 

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Trasportava Dodi Al-Fayed, il figlio di Mohamed, proprietario dell' hotel Ritz e dei grandi magazzini Harrods di Londra, e la principessa Diana. Al-Fayed era morto nell' incidente, Lady Diana era ferita, ma nessuno sapeva ancora dire quanto gravemente. (…) Janvrin posò il ricevitore, guardò l' ora e compose senza esitazioni il numero interno che l' avrebbe messo in comunicazione con la camera di Elisabetta.

 

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Le disse quanto aveva saputo e le garantì che sarebbe stata tempestivamente informata di ogni nuova notizia al riguardo. Poi chiamò Carlo, che dormiva in una stanza accanto a quella dei suoi genitori. Le pareti di Balmoral sono sottili come un foglio di carta, tutti sentono tutto e quando si va in bagno è meglio assicurarsi che lo scarico della vasca sia coperto dal tappo, perché le tubazioni trasmettono ogni sussurro in ogni altro bagno del castello.

 

 

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Il Principe aveva certamente sentito il telefono squillare oltre il muro a quell' ora insolita, e inteso qualcosa delle domande che la Regina faceva al suo interlocutore. Doveva essere accaduto qualcosa di molto grave.

 

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Il modo con il quale la notizia della tragica morte di Diana raggiunse quella notte la Royal Family e le decisioni che furono prese nelle ore successive sono molto indicative di come Carlo e la Regina mantenevano i loro rapporti: si vedevano così di rado che non erano più abituati a parlarsi, nemmeno quando si trovavano a pochi passi di distanza uno dall' altra.

 

 

Invece di aprire la porta e bussare alla contigua stanza della madre per commentare la notizia che aveva appena ricevuto, Carlo chiamò a Londra Mark Bolland, il suo vice segretario che era in servizio in quei giorni di fine estate. Anche Bolland era stato svegliato poco prima da una telefonata.

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Veniva dal settimanale News of The World , che aveva saputo dell' incidente di Parigi e chiedeva di poter avere un commento del Principe. Al telefono la voce di Carlo era molto agitata: «Che cosa è successo Mark? Robin mi ha detto che c' è stato un incidente. Chi guidava? Dove è successo? Com' è successo? Perché? E Diana come sta?».

 


Bolland non sapeva cosa rispondere.(…) Per organizzare il volo di Carlo a Parigi, Bolland chiamò Janvrin a Balmoral. Il Principe aveva deciso di partire, e non ci sarebbero state più discussioni al riguardo.

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Ma avrebbe potuto usare uno degli aerei del Queen' s Flight della Regina? Janvrin ricordò che per usare quegli aerei i membri della Royal Family dovevano prima chiedere il permesso di Elisabetta e cominciò un assurdo e intenso scambio di telefonate tra gli staff della Regina e dell' erede al trono, per appurare il diritto di Carlo ad avere l' aereo.

 

 

Sarebbe forse bastato che lui ne parlasse direttamente con sua madre, ma questo non avvenne.(…) Alle 3 e 45 Carlo ricevette una nuova telefonata da Janvrin, che aveva già informato la Regina. La voce era più cupa rispetto a prima: era dolente di informare che da Parigi gli avevano comunicato che la Principessa era morta.

 

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Il Principe telefonò di nuovo a Bolland: «Mark, è vero? Ma che cosa è successo, che cosa ci faceva lì? Ora diranno tutti che è colpa mia, non è così?». (…) Prima dell' alba, la famiglia finalmente si riunì. Carlo ribadì che sarebbe andato subito a Parigi, anche con l' aereo di linea da Aberdeen, se non si poteva fare altrimenti. Elisabetta era contraria. Era irritata per quel tragico e prepotente ritorno di Diana nella vita di tutti loro.

 

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Lei se n' era andata, non faceva più parte della famiglia, di quella famiglia che aveva ripetutamente insultato e i cui valori aveva ridicolizzato nei libri e nelle interviste. (…) Carlo fu irremovibile: voleva andare a prendere la sua ex moglie e riportarla a casa, e per farlo era pronto anche ad aprire una crisi senza precedenti nei rapporti con sua madre.

 

 

Ma fu Janvrin a risolvere la situazione. Raccolse tutto il proprio coraggio e, anche a rischio di perdere il posto, disse a Elisabetta: «Che cosa preferirebbe Ma' am, che Lady Diana ritornasse con un furgone di Harrods?». Dopo questa frase, ogni discussione finì.

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