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“AVEVA MOLTE AMANTI E GLI SERVIVANO 500 EURO AL GIORNO” – IL RACCONTO DELL’IMPRENDITORE EDILE FLAVIO D’INTRONO, CHE HA INCASTRATO I MAGISTRATI MICHELE NARDI E ANTONIO SAVASTA: PER FARSI ASSOLVERE DAL PROCESSO DI USURA SERVIVANO 2 MILIONI DI EURO – “MI RIFIUTAI, E NARDI MI MINACCIÒ. DOVEVO PAGARE PER…”
E. M. per “il Messaggero”
Persi oltre due milioni di euro, restava la condanna a sette anni e mezzo di reclusione per usura. Ed allora l' imprenditore edile Flavio D' Introno, 45 anni barese di Corato, ha deciso che fosse arrivato il momento di dare una svolta: prima ha registrato una lunga chiacchierata avuta con il giudice Antonio Savasta per sfogare l' amarezza e la delusione dopo i tentativi di corruzione falliti.
IL PUBBLICO MINISTERO MICHELE NARDI
Una chiacchierata in cui riceve il consiglio di fare le valigie e lasciare l' Italia. Savasta nel colloquio è esplicito: «Te ne devi andare». D' Introno risponde: «Allora me ne devo andare alle Seychelles, come siamo rimasti». Poi l' imprenditore è stato sentito a Lecce dal pubblico ministero Roberta Licci, titolare dell' inchiesta. Ed ha raccontato come avrebbe funzionato da bancomat per il magistrato Michele Nardi, ricostruendo il sistema di corruzione giudiziaria sistematica e raccontando anche di alcune minacce rivolte a lui ed allo stesso magistrato salentino Roberta Licci.
L' imprenditore ha poi fornito dettagli sulle dazioni di denaro: «Al ritorno da Dubai in effetti facevo spesso passeggiate sul lungomare con Nardi. Mi diceva che faceva il consulente giuridico e corsi per i concorsi in magistratura. Aveva diverse amanti a Roma e mi disse che gli servivano circa 500 euro al giorno per mantenere il suo tenore di vita. Quindi dovevo pagare».
Nell' interrogatorio D' Introno ha poi fornito indicazioni anche su cosa accadde per il suo processo di usura, ossia cosa gli avrebbe prospettato Nardi per farlo assolvere. «Una settimana prima del verdetto di primo grado mi disse che la situazione era grave e che mi avrebbero condannato. E che servivano due milioni di euro perché i giudici erano particolarmente difficili. Per sistemare la questione, i milioni dovevano essere ripartiti fra i tre giudici.
Mi rifiutai, perché non avevo quella disponibilità economica. Certo è che nel corso del processo di primo grado le mie richieste processuali non veniva mai accolte». L' imprenditore imputato si rivolse al suo legale per chiedere spiegazioni sulle previsioni ricevuto da Nardi: condannato, comunque. Poi la richiesta di due milioni di euro: «In occasione del mio rifiuto Nardi mi minacciò dicendomi: Se vuoi andare vai, vai dove vuoi....già a...l' ho fatta, figurati a te...mando la foto tua e tu sei finito, con ciò facendo riferimento a soggetti dei servizi segreti deviati che, a suo dire, si sarebbero mossi ad un suo schiocco delle dita.
D' Introno ha poi riferito nel dettaglio delle due ristrutturazioni da 120mila euro a da 600mila euro, della casa e della villa del magistrato Nardi. Come anche di essere stato coinvolto nella lite fra Nardi ed una collega della Procura di Trani, finita a processo a Lecce: vicenda chiusa con la remissione delle querele.
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