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Fiorenza Sarzanini per www.corriere.it
I segni delle bruciature sul corpo, il ritrovamento nel fosso seminudo, confermano che Giulio Regeni, lo studente italiano scomparso al Cairo lo scorso 25 gennaio nel quinto anniversario della rivolta che provocò la caduta dell’ex presidente Hosni Mubarak, ha subito torture. E questo apre scenari inquietanti sui suoi ultimi giorni di vita.
Perché l’ipotesi che si fa strada nelle ultime ore è che il ragazzo possa essere stato preso da una «squadra» che voleva punirlo soltanto perché straniero o comunque ritenendolo una minaccia. Anche perché proprio in quelle ore numerose «retate» sono state compiute dai servizi di sicurezza egiziani per prevenire manifestazioni in favore della rivolta di cinque anni fa e le verifiche subito effettuate per verificare la sua presenza nelle carceri e negli ospedali hanno dato esito negativo.
INDAGINI SVIATE E LA REAZIONE DELLA FARNESINA
Una tesi avvalorata anche dal tentativo evidente di sviare le indagini fatto dal direttore dell’Amministrazione generale delle indagini di Giza, il generale Khaled Shalabi, al sito egiziano “Youm7”, secondo il quale il giovane è stato «vittima di un incidente stradale» e «non c’è alcun sospetto crimine dietro la morte». La sua ipotesi è ritenuta priva di fondamento dalle autorità italiane e per questo la Farnesina torna a chiedere un’inchiesta, ma alza la posta e fa istanza affinché l’indagine sia congiunta, dunque con la partecipazione di funzionari italiani. Non solo.
Su indicazione del ministro Gentiloni, è stato convocato con urgenza l’Ambasciatore egiziano Amr Mostafa Kamal Helmy per esprimere «lo sconcerto del governo italiano» per la morte di Regeni. Quanto basta per comprendere che le versioni fornite sino ad ora non appaiono affatto convincenti. Del resto anche il ritrovamento sulla strada che dal Cairo va verso Alessandria appare strano, visto che nessuno tra le persone che erano in contatto con Regeni conferma che il giovane avesse intenzione di uscire dalla città.
LA STRETTA DEL GOVERNO
E in ogni caso è proprio il particolare della mancanza di vestiti, unito ai segni di percosse, a confermare le sevizie subite. Inizialmente si era pensato che Giulio Regeni potesse essere incappato in un controllo casuale e si era deciso di tenere riservata la notizia della sua scomparsa. Ma qualche giorno dopo, quando tutte le risposte fornite dalle autorità egiziane sono state negative, l’ambasciatore Maurizio Massari ha concordato con il ministro Paolo Gentiloni la scelta di rendere pubblica la vicenda proprio per fare ulteriori pressioni sul governo e conoscere la verità.
Del resto proprio negli ultimi giorni si è avuta prova della campagna governativa per mettere a tacere chi critica il governo con l’arresto di Islam Gawish, 26 anni, vignettista che ne aveva pubblicato diverse contro il regime e in particolare sul presidente Abdel Fattah el-Sissi. A Rainews 24 l’avvocato Mahmoud Othman, ha denunciato «la chiusura di circoli artistici e l’arresto degli innovatori».
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