RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Estratto dell'articolo di Luigi Ferrarella per il "Corriere della Sera"
Nel suo «Castello di Velona» vicino a Montalcino, fortilizio dell’XI secolo in Val d’Orcia riconosciuto patrimonio dell’Unesco e 25 anni fa trasformato in un resort di lusso con ristoranti, vigneti e piscine termali, hanno ad esempio voluto sposarsi due anni fa anche Francesca Pascale e Paola Turci.
Ma a far piombare il titolare Gianluca Fabiani dalla fiabesca gestione del castello alla paura di oscure minacce volte a tentare di spillargli 700 mila euro, per la Squadra mobile e la Procura di Milano sarebbe stato un uomo che un trentennio fa si accollò 59 omicidi: Antonio Schettini, 67 anni.
Prima killer nel clan di ‘ndrangheta di Franco Coco Trovato, assassino tra gli altri nel 1990 del figlio del boss camorrista Raffaele Cutolo e dell’educatore del carcere di Bollate, Umberto Mormile; e poi collaboratore di giustizia dalle alterne affidabilità ma dalle complessive fortune giudiziarie, al punto da saldare i suoi conti con la giustizia nel 2018 con un totale di 26 anni di carcere.
Schettini, su richiesta della pm Francesca Crupi, è infatti stato rinviato a giudizio dalla gip Daniela Cardamone per tentata estorsione nel 2022 insieme con due coindagati: il dirigente in pensione del commissariato «Ticinese» di polizia Antonino D’Ambrosio (che a casa aveva informazioni sull’ entourage di Fabiani oltre a munizioni da guerra non denunciate), e Francesco Ventruti, già compagno di cella a San Vittore di Giordano Fabiani, cioè del fratello arrestato nel 2018 a Milano per la bancarotta Italtrading.
Gianluca Fabiani il 13 dicembre 2021 subisce sotto casa una spedizione punitiva (non imputata ai tre indagati) da due uomini mascherati che lo prendono a calci e pugni evocando «Mario»: poi da un’utenza thailandese gli iniziano ad arrivare telefonate anonime (21 febbraio 2022, 20, 25 e 27 marzo) nelle quali una voce maschile («sono l’amico di Mario») lo minaccia affinché prepari i soldi.
Passa un mese e un altro collaboratore di giustizia, stavolta della Sacra Corona Unita, Antonio Maletesta, alla Questura dell’Aquila racconta di volersi tirarsi fuori dalla situazione in cui — a suo dire — era stato Schettini, conosciuto in prigione a Velletri, a coinvolgerlo in un possibile «recupero crediti di 4 milioni», proposto dall’ex poliziotto D’Ambrosio asseritamente per conto del fratello di Fabiani. Costui ribatte invece alla Procura (che poi lo ha archiviato) di aver chiesto all’ex poliziotto notizie sul fratello ma solo questo, e non anche di intimidirlo, come invece Maletesta afferma che Schettini gli riferì.
Maletesta si sente a sua volta minacciato da una telefonata in cui Schettini gli dice «ti sto chiamando perché in questo periodo si ammazzano i capretti… volevo vedere se ti hanno ammazzato». [...]
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