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1 - ASHLEY, LA CONFESSIONE DELL’ASSASSINO
Marco Menduni per “la Stampa”
«Era sul letto, si lamentava perché stava male. Io me ne sono andato». Ashley Olsen, l' americana di 35 anni aggredita nel suo appartamento, è ancora viva quando Cheick Diaw Tidiane, senegalese di 27 anni, irregolare, chiude dietro di sé la porta e si perde nel dedalo di stradine del borgo di Santo Spirito. Qualche minuto prima, alle 9.20, dal numero di telefono della vittima parte un' ultima, insolita chiamata: preme due volte il tasto 1. Il tentativo disperato di contattare il 113 o il 118. Ma poi il cellulare sparisce dalla casa.
Quando il killer lo vede nelle mani della giovane, glielo prende, lo infila in tasca, scappa via. Così muore Ashley, alla fine di una notte di alcol, sesso e tanta, tanta cocaina. Muore senza nemmeno l' ultima disperata chance di salvare la sua vita. Eppure Cheick continua a ripetere: «Non volevo ucciderla, l'ho solo spinta ed è caduta per terra, non ho usato alcun oggetto per strangolarla».
È stata una fuga sgangherata, la sua. Ha disseminato il percorso di indizi e poi si è asserragliato in casa negli ultimi giorni, quasi aspettando che venissero a prenderlo. Testimoni, telecamere, e alla fine il Dna, hanno incastrato questo ragazzone alto un metro e 95 con l' orecchino. Persino l' errore di usare la sua scheda sim nel telefonino rubato alla vittima per chiamare la fidanzata: «Sono nei casini, ora non posso spiegarti».
Davanti alla polizia, che l' altra notte è andato a prenderlo nella casa dove vive con il fratello maggiore, ha ripercorso quel che è accaduto nella notte tra giovedì e venerdì. È la sua versione, nella quale cerca disperatamente di accreditare la tesi dell' incidente. «Ero stato prima in un altro locale, il Dolce Zucchero - racconta -. Poi sono andato in taxi al Montecarla, dove ho visto tre ragazze e ho iniziato a parlare con una di loro, in italiano, ho saputo che si chiamava Ashley.
Siamo saliti tutti al piano superiore e c' era anche un altro ragazzo, un albanese, che ha offerto cocaina ad Ashley e lei l' ha passata a me». Tutti sniffano sui tavoli, «poi io mi sono sentito male», racconta ancora Cheick -. Ashley mi ha chiesto se volessi essere riportato a casa in taxi». Un' amica, Jade, cerca di dissuadere l' americana, di metterla in guardia, e questo è il motivo della lite che esplode in mezzo alla strada fra le tre e le quattro di notte: «Lascialo perdere, è una brutta persona». Ashley non ci sente. Più tardi torna al Montecarla e ne esce insieme a Cheick.
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«Siamo arrivati nel suo appartamento - prosegue il racconto - e abbiamo consumato ancora la cocaina che lei teneva nel cassetto, fumando anche delle sigarette. Poi lei ha detto di averle finite e mi ha mandato a comprarle. Mi ha dato le chiavi per rientrare. Sono sceso, sono andato in un bar lì vicino, ma ero così fatto che non riuscivo a ritrovare la strada e il portone, ho dovuto chiedere informazioni a delle persone».
Cheik torna in casa. «Abbiamo avuto un rapporto sessuale, lei era consenziente. Alla fine ho fumato una sigaretta, ho lasciato il preservativo in bagno e ho gettato il mozzicone nel water. A quel punto lei è diventata nervosa». La tragedia volge verso la conclusione. «Lei ha cominciato a dirmi: vattene via che arriva il mio fidanzato.
Mi ha trattato come un cane, mi ha spintonato e mi ha mandato a sbattere contro lo stipite della porta», dice mostrando un livido alla spalla. «Io ho reagito, l' ho colpita con un pugno che l' ha raggiunta alla nuca e lei è caduta. Si è rialzata ed è venuta contro di me, io l' ho spinta e lei è caduta di nuovo all' indietro, battendo la testa».
Giura, Cheick, di non averla strangolata, di non aver usato alcun oggetto, un cavo, una fascetta, come invece l' autopsia ha determinato. «Non si rialzava, l' ho presa per il collo per tirarla su, l' ho riportata nel letto del soppalco. Ho preso il suo cellulare che era accanto al mio, ero ubriaco e avevo fatto uso di cocaina, non ho ricordi molto precisi». Cheick conclude il suo racconto. Insiste: «Non pensavo che morisse, non volevo ucciderla». Poi, però, svela l' ultimo agghiacciante dettaglio: «Lei diceva che stava male e io sono andato via».
Non c' è stato, in quella casa, nessun gioco erotico: «Non ce n' è alcun segno», ribadisce il procuratore capo Giuseppe Creazzo. Solo l' incontro di due destini sballati e una spaventosa violenza, sotto il marchio della cocaina.
2 - LA SUA SIM ERA NEL CELLULARE DELLA VITTIMA
M.Men. per “la Stampa”
Quando ha infilato la sua scheda nel cellulare rubato ad Ashley, ha subito pensato alla fuga. Cheick Diaw ha chiamato una carrozzeria: «È pronta la macchina? L' avete riparata?». Ingenuamente, ha tentato di costruirsi un alibi anticipando i tempi. Domenica si è presentato alla polizia e ha detto: «So che qualcuno sta sparlando di me, ma io giovedì sera non sono uscito, sono rimasto a casa». Doppio errore, perché in quell' occasione gli agenti gli hanno fatto bere un caffè e hanno conservato un mozzicone di sigaretta.
Decisivo per la comparazione del Dna. Ma chi è questo ragazzone alto più di un metro e novanta, abiti sempre griffati, orecchino al lobo destro, che ora è in carcere accusato di un omicidio crudele? Cheik arriva in Italia dieci mesi fa, irregolare, per raggiungere i due fratelli, da anni nel nostro Paese. Uno di loro ha avuto guai con la giustizia, ma ne è uscito pulito. Due accuse di violenza sessuale, sempre nei confronti di studentesse americane. Uno è stato archiviato.
L' altro ha terminato il suo iter pochi mesi fa: assoluzione. È il caso della violenza alla discoteca Space, che a Firenze ha fatto clamore nel 2012. In tutte e due le occasioni, però, sono saltati fuori autoscatti realizzati dal senegalese con il telefonino, che ritraevano le ragazze nei privé dei locali in atteggiamenti confidenziali, quasi intimi, con l' accusato. I giudici, in entrambi i casi, hanno concluso che le giovani fossero consenzienti.
La polizia sospetta che Cheick traffichi con la droga, ma fino a oggi non l' ha mai preso con le mani nel sacco. Unica traccia negli archivi: interrogato dopo una rissa scoppiata davanti a un locale. Ufficialmente Cheick sopravvive con i lavori che gli affidano i fratelli. Fa il buttafuori per i locali della movida fiorentina, distribuisce i volantini, collabora all' organizzazione degli eventi. Fa gli occhi dolci alle ragazze, soprattutto le straniere: il suo aspetto e il suo look piacciono. La sera è sempre in giacca e cravatta, Gucci e Louis Vuitton.
Un tenore di vita decisamente più elevato di quel che si potrebbe supporre. Ma sulla provenienza dei soldi, nessuna certezza. Spesso, raccontano i vicini di casa nel quartiere Santa Croce, i fratelli tornano a casa all' alba su auto di lusso, accompagnati da donne. Anche su Facebook, Cheik vuole presentarsi elegante e raffinato.
Più sportivo di giorno, raffinato la sera, tra le luci colorate degli after hours di Firenze. Ora Cheick è in galera. Per gli inquirenti era un punto d' orgoglio chiudere l' indagine prima dell' ultimo addio ad Ashley. I funerali si celebrano oggi, nella chiesa di Santo Spirito. A poche decine di metri dalla casa che da tre anni rappresentava la sua nuova esistenza italiana e dove la sua vita si è conclusa.
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