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Adelaide Pierucci per "Il Messaggero"
In base alle prescrizioni del medico del pronto soccorso del Cristo Re avrebbe dovuto assumere per una settimana del Gaviscon e prima dei pasti uno sciroppo antireflusso, per poi risottoporsi a controllo. Invece è morto la mattina successiva, a sei ore dal mancato ricovero.
Per la procura di Roma sarebbero state sbrigative le dimissioni costate la vita a Giuseppe Mura, 53 anni, un operaio di Primavalle, trasportato in ambulanza con dolori strazianti all'addome, dimesso a stretto giro e morto a casa ormai senza nessuna possibilità di soccorso.
Tutto nell'arco di poche ore tra il 24 e il 25 novembre del 2019. Un infarto in corso era stato scambiato e curato per epigastralgia, un dolore addominale. Per l'errore medico, almeno questa è stata la conclusione della consulenza autoptica, il pm Vincenzo Barba ha chiesto di processare con l'accusa di omicidio colposo il medico di turno al pronto soccorso, Valbona T.
Una dottoressa in genere meticolosa, che però, quel giorno, avrebbe sottovalutato i risultati dell'elettrocardiogramma. Il tracciato infatti era «al limite della norma», ma evidenziava comunque due anomalie che non sarebbero state considerate a dovere.
L'ACCUSA
Per la procura «il medico, discostandosi dalle linee guida del settore, preso atto dei sintomi di dolore addominale epigastrico da tre giorni di tipo intermittente», non avrebbe disposto ulteriori accertamenti previo ricovero.
E questo «nonostante i sintomi riferiti dal paziente Giuseppe Mura rientrassero nelle possibili manifestazioni atipiche di una sindrome coronarica acuta.
«Dimettendo il degente con la diagnosi di epigastralgia ne causava quindi il decesso avvenuto nella propria abitazione per arresto cardiocircolatorio scatenato dalla rottura di una placca coronarica».
Secondo la procura, la morte sarebbe stata evitabile, sarebbe bastato un approfondimento diagnostico dovuto e il ricovero in ambiente ospedaliero. L'ingresso dell'uomo era stato registrato in pronto soccorso alle 22.50; le dimissioni alle ore 23.47.
LA FAMIGLIA
«Mio marito ha avuto un altro forte malore alle tre di notte, ossia a tre ore dalle dimissioni - ricostruisce la moglie, Mentre alle 6 è morto. Anche se formalmente la morte è stata registrata alle 6.50. Insomma è morto a sei-sette ore dalle dimissioni, meno di ventiquattro. Ha lasciato un figlio ora diciottenne».
La diagnosi in uscita chiara: Dolore addominale epigastrico. «Si consiglia - aveva scritto il medico, Pantorc (ossia un gastroresistente) a digiuno per un mese». E due medicinali antireflusso da assumere per una settimana, Gaviscon Advance in bustine dopo i pasti e prima di coricarsi per sette giorni e lo sciroppo Peridon trenta minuti prima di pranzo e cena.
I tre medici legali nominati per accertare le cause della morte hanno stabilito che l'errore più grave sarebbe stato commesso nel dimettere il paziente. «Le evidenze autoptiche, integrate con la documentazione medica - hanno scritto i gli specialisti Vincenzo Arena, Jacopo Pizzicannella e Gerardo Di Masi - consentono di poter collocare la rottura della placca coronarica, causa scatenante del decesso, ad un periodo non inferiore alle quattro ore precedenti».
Praticamente a ridosso se non durante la permanenza in ospedale da dove il paziente è stato subito dimesso con la diagnosi sbagliata. «L'arresto cardiocircolatorio era evitabile probabilmente già con una lettura più accurata dell'elettrocardiogramma», secondo l'avvocato Cesare Piraino - che ha formalizzato la costituzione di parte civile per il figlio della vittima.
Già all'indomani della morte la signora Concetta, la madre di Giuseppe Mura, aveva sospettato un caso di malasanità. «Io non so cosa sia successo a mio figlio ma voglio sapere la verità. Voglio sapere perché è morto, se si è trattato di un errore umano da parte dei medici oppure se doveva andare così».
Mura, addetto alle pulizie nel reparto assistenza volo dell'aeroporto di Ciampino, nelle ultime settimane si era trasferito da lei.
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