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Marino Niola per "il Venerdì di Repubblica"
Sono sempre di più i cinema che chiudono. E sono sempre di più le sale gioco che aprono. L'industria dell'illusione cambia le sue location. E anche i suoi effetti sulle vite delle persone. Il boom di bingo, ricevitorie delle scommesse, riffe, lotterie, poker online, slot machine non conosce crisi.
In compenso rischia di contribuire ad aggravarla. Anche nell'eventualità in cui lo Stato riesca a riscuotere la sua parte. Gli introiti del gioco d'azzardo solo nel 2012 sono cresciuti del 30 per cento e ormai rappresentano il 4 per cento del Pil. Cifre che gridano vendetta.
Anche perché l'età media dei giocatori si abbassa ogni giorno di più. Se poi si pensa che moltissime sale sono controllate dalla criminalità organizzata, allora il quadro antropologico del disastro è davvero completo. Certo la passione per l'alea ha ragioni sociali e culturali antiche, anche perché poggia su un istinto ludico profondamente e universalmente umano. E il nostro Paese ha sempre amato giochi popolari come il lotto. In cui però l'inseguimento della fortuna coinvolgeva l'intera collettività . Mentre ora ciascuno è solo con il proprio vizio.
Che in molti casi conduce dritto dritto alla ludopatia. Con il risultato di aggiungere precarietà a precarietà . Finendo in molti casi per bruciare in un giro di ruota quel poco che si è riusciti a guadagnare lavorando. Per chi è posseduto dal demone, infatti, anche la perdita diventa una quasi vincita, sfiorata ogni volta per un pelo. Ma se i luoghi dove ritentare la sorte proliferano, allora questo illusorio calcolo delle probabilità diventa, come diceva Cavour, una tassa sulla stupidità . Esatta da uno Stato che si comporta come un biscazziere.
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