DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
Paola Del Vecchio per il Messaggero
Carles Puigdemont resta recluso nel carcere tedesco di Neumünster fino al completamento dell'iter per l'estradizione in Spagna. Lo ha deciso ieri il giudice di prima istanza nello Schleswing-Holstein, dove il leader catalano è stato arrestato domenica, subito dopo aver passato la frontiera dalla Danimarca in Germania. Aveva percorso 1.500 km in 21 ore da Helsinki per tornare alla sua residenza di Waterloo e sottrarsi, almeno fino al suo ritorno nel garantista Belgio, al mandato di cattura europeo, spiccato dall'autorità giudiziaria spagnola nei suoi confronti.
Ma senza nessuna possibilità di eludere la trappola tesa dall'intelligence spagnola, che aveva piazzato un microchip di geo-localizzazione sulla sua Renault Espace e due squadre di 007 sulle uniche rotte stradali - quella baltica e la più diretta attraverso Svezia, Danimarca e Germania poi seguita - per raggiungere Bruxelles dalla Finlandia.
Lo hanno tenuto sotto controllo tutto il tempo e hanno atteso che la Renault entrasse in Germania, paese dove le procedure di consegna alla Spagna sono molto più rapide, per chiudere in gabbia l'ex president, con l'aiuto dei servizi tedeschi. Il processo per rimandare l'ex governatore, imputato di ribellione e malversazione, a Madrid «può durare varie settimane», ha spiegato un portavoce del governo della Merkel. Fino a un massimo di 3 mesi.
LA PROCEDURA Ieri il primo passo. Il secondo tocca alla Procura generale, che verificherà se esistono i requisiti, ovvero la corrispondenza nell'ordinamento alemanno dei reati contestati all'ex president della Catalogna. La ribellione è equivalente all'alto tradimento previsto dall'art. 8 del codice penale tedesco. Ma, stando a fonti giuridiche, è probabile che l'autorità giudiziaria iberica punti a ottenere la consegna di Puigdemont per il reato comune di malversazione - lo storno di fonti pubblici per organizzare il referendum indipendentista del primo ottobre - e non politico, che nell'Europa dei diritti e delle libertà fa storcere il naso a molti.
Sarà il Tribunale superiore regionale a dire l'ultima parola e potrebbe ordinare la scarcerazione del leader catalano se, per la Procura generale, non sussistono i requisiti dell'arresto. Per gli altri tre ex conseller esuli con l'ex president da 5 mesi, a loro volta raggiunti dai mandati internazionali di arresto, il Belgio ha invece escluso il rischio di fuga e restano in libertà.
LO SCONTRO Con l'escalation giudiziaria, l'indipendentismo in Catalogna
è tornato a muoversi su un terreno simbolico della disobbedienza e dello scontro istituzionale. Elsa Artadi, la portavoce di Junts per Catalunya, il partito di Puigdemont, ha assicurato che «si stanno studiando le formule» perché il leader detenuto possa recuperare «un'investitura non simbolica, autentica» alla presidenza della Generalitat, con l'elezione a distanza, già vietata dalla Corte costituzionale.
E la Cup si è offerta di sostenerla. Ma non ci stanno né Esquerra republicana né il più moderato PdeCat, che non intendono votare virtualmente Puigdemont, con i leader dietro le sbarre che, come lui, rischiano fino a 30 anni di reclusione. Roger Torrent, il presidente della Camera catalana, dopo un nuovo appello a costituire «un fronte unitario» contro il governo spagnolo, ha convocato per domattina una seduta plenaria, per votare la risoluzione presentata dalle forze indipendentiste, che impegna «ad adottare tutte le misure necessarie per garantire che Carles Puigdemont possa esercitare i suoi diritti politici», incluso quello di sottoporsi al dibattito e al voto in aula.
Da parte sua, la segretaria di Ciudadanos, Ines Arrimadas, vincitrice delle elezioni di dicembre, ha invocato le dimissioni di Torrent, che «ignora i diritti dell'altra metà del Parlament». Mentre il segretario dei socialisti, Liquel Iceta, ha invocato per la prima volta, vista la situazione, un governo di «unità nazionale», che però non piace nemmeno alla direzione nazionale del Psoe.
Per la maggioranza degli analisti, la Catalogna resterà nell'instabilità politica fino a nuove elezioni, che in mancanza di un governo si terranno fra due mesi. Ma dubitano che, nel frattempo, la tensione abbandonerà le piazze catalane.
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