DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA…
Grazia Longo per “La Stampa”
Rosaria Ardita con emanuele melillo
«A dolore si è aggiunto altro dolore. Dopo la morte di Emanuele mi ero aggrappata a questo bambino con tutte le mie forze: se fosse stato maschio l'avrei chiamato come lui, se invece fosse stata una femminuccia Emanuela. Era un modo per tenere il mio amore sempre con me, e invece non è stato possibile. Prima ho perso Emanuele e ora ho perso il nostro bambino tanto desiderato».
la moglie del conducente morto a capri ha perso il bambino
Piange e non si dà pace Rosaria Ardita, 30 anni, compagna di Emanuele Melillo, l'autista del minibus dell'Atc di Capri che lo scorso 22 luglio è volato giù, a Marina Grande, come un birillo sul retro delle cabine del lido "Le ondine di Gemma" a due passi dai bagnanti.
EMANUELE MELILLO (A DESTRA) CON IL PADRE NAZZARENO E LA SORELLA AMELIA
Qualcuno di questi è rimasto ferito dal volo dei pezzi di legno e ferro, mentre i passeggeri del pulmino, compresi due bambini di 10 e 11 anni, hanno riportato fratture multiple, e hanno trasformato in un incubo una giornata di vacanza. In tutto 23 persone hanno dovuto ricorrere alle cure dell’ospedale.
E l'altro ieri, esattamente una settimana dopo il drammatico incidente, Rosaria ha dovuto fare i conti con un'altra atroce sofferenza: l'interruzione della gravidanza. Era incinta da tre mesi, e due mesi fa aveva appena messo su casa insieme ad Emanuele. Fidanzati da due anni, avevano infatti deciso di compiere il grande passo e andare a vivere insieme nel centro storico di Napoli, nel quartiere di San Gregorio Armeno.
«Mio fratello era un gran lavoratore - ricorda Marco Melillo, 41 anni - ma non era ancora assunto in pianta stabile all'azienda dei trasporti. Aveva contratti stagionali e d'inverno, quando il mare era grosso e non poteva rientrare a Napoli, dormiva nel deposito a Capri. Ha fatto un sacco di sacrifici per crescere una figlia avuta da una precedente relazione, mia nipote di 11 anni, bella come il suo papà. E ora era tutto felice perché sarebbe diventato padre una seconda volta. Lui e Rosaria erano molto legati, e lei ora che ha perso il bambino è doppiamente a pezzi. Una tragedia nella tragedia».
Lo shock per Rosaria è stato troppo forte. «Siamo molto tristi per lei e anche per noi - prosegue Marco -, perché pure io, i miei genitori e mia sorella non vedevamo l'ora che nascesse questo bambino. Siamo circondati da persone che ci confortano e ci sostengono, ma il vuoto lasciato dalla scomparsa di Emanuele è incolmabile».
E alla disperazione si aggiunge l'ansia di verità e giustizia. Ancora da chiarire sono, infatti, le cause che hanno determinato l'incidente: il mezzo era in salita e viaggiava al massimo a 20 chilometri all'ora, quando all'improvviso ha sbandato, è andato a sbattere contro una ringhiera di metallo a protezione della scogliera che ha ceduto e a quel punto il minibus è piombato giù.
Che cosa si nasconde dietro allo sbandamento? Inizialmente si è pensato ad un infarto, ad un malore, escluso però dall'autopsia. Si è quindi forse trattato di un guasto al pulmino? E come mai la ringhiera che doveva reggere l'urto è crollata? E ancora: com'è possibile che il cemento in cui era incastrata la barriera crollata abbia ceduto così in fretta?
«Se mio fratello ha sbagliato, ha pagato con la morte - conclude Marco Melillo - ma se, e sottolineo se, la responsabilità dell'incidente è di qualcun altro, questo qualcuno deve pagare con la galera».
E l'avvocato Giovanna Cacciapuoti, che assiste la famiglia della vittima, aggiunge: «Sono in corso accertamenti tecnici disposti dalla procura sul minibus e sulle capacità di contenimento della ringhiera. C'è un passeggero che ha testimoniato di aver visto Emanuele provare a controsterzare per evitare lo scontro con la ringhiera, ma qualcosa non ha funzionato».
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