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Massimo Rossi per “Libero Quotidiano”
Valeria Imbrogno, nota anche per essere stata la compagna di vita di Dj Fabo - accompagnato al suicidio assistito in Svizzera lo scorso febbraio dal radicale Marco Cappato, la cui vicenda giudiziaria è approdata ora avanti la Corte Costituzionale in relazione proprio al reato di aiuto al suicidio - è campionessa europea in carica di pugilato nei pesi minimosca, e venerdì 6 luglio, a Milano, combatterà l' ultimo match della sua brillante carriera per il titolo mondiale dei pesi mosca.
L' abbiamo intervistata alla vigilia di questo importante appuntamento, il primo match dopo la morte di Fabiano. Ma anche l' ultimo. Forse.
Valeria, cos' è il pugilato?
«Lo dice la parola match: è l' incontro di due persone che non si conoscono e che attraverso lo scontro fisico imparano a conoscersi l' una con l' altra. Ma anche, soprattutto, a conoscere se stesse e i propri limiti».
E che cosa comanda, nel pugilato?
«Nell' ordine: disciplina, testa, gambe e da ultimo braccia. Ho amato subito la boxe perché ho sempre apprezzato i frutti della costanza dell' impegno, e nel pugilato la costanza è fondamentale: nell' allenarsi, nella dieta, nelle regole di vita, nel non disperdere inutilmente energie.
È così che raccogli i frutti e superi la paura del pugno che fa male, affermando la tua voglia di vincere per dare un senso a tutta la fatica fatta. Nella boxe non può mai succedere che tu vinca per caso. Ricordo i miei primi guanti veri, tutti i sabati con Stefania Bianchini, campionessa del mondo Wdc dei pesi mosca: mi riempiva di pugni e io finivo sempre con un gran mal di testa. Quando finirono, capii che la mia costanza era stata premiata. Ero diventata un pugile».
Nella boxe in che modo ti ha aiutato, se ti ha aiutato, la tua laurea in psicologia?
«Prima è stata la boxe ad aiutare i miei studi attraverso la disciplina, che è la prima regola del pugilato. Dopo, l' essere psicologa mi ha aiutato a incrementare l' importanza della testa per vincere, aspettando il momento giusto, sapendo cogliere i segnali che arrivano dal tuo avversario, approfittando con prontezza del suo minimo errore.
Lo sai che da qualche anno esiste il Chessboxing (scacchi/pugilato)? Una nuova disciplina sportiva, con tanto di Federazione nazionale, che vede i contendenti alternare una ripresa di pugilato a una mossa di scacchi a bordo ring, con una pausa di un minuto tra una e l' altra. Vince la combinata migliore. Questo a conferma della boxe come "noble art", che mette in campo l' agilità della scherma così come la leggerezza del ballo, unite nel rispetto dell' avversario».
Che ruolo ha avuto il pugilato nel tuo rapporto con Fabo?
«Fabiano ha sempre amato il mio essere una sportiva, così come lo era lui. Mi ha sempre supportato lasciandomi vivere appieno, nonostante la sua gelosia, l' ambiente un po' maschilista della boxe. Ci siamo anche scambiati gli sport, lui si è avvicinato ai guantoni e io ho preso confidenza con il motocross.
Fabo amava molto uscire la sera e fare tardi, ma sapeva che quando non ero con lui stavo in ansia finché non tornava. Pensa che quando ero sotto allenamento per un match non usciva mai la sera per non farmi stare in pensiero e non togliermi concentrazione. Posso addirittura dire che, in qualche modo, il titolo europeo che ho conquistato il 24 giugno del 2016 è anche merito di Fabo.
Lui era già immobilizzato dopo l' incidente del febbraio e io non mi staccavo da lui cercando di aiutarlo in tutti i modi. In quei primi mesi l' unica cosa che mi aiutava a restare in qualche modo viva, a non perdere il contatto con me stessa, è stata la palestra, il mio allenamento quotidiano che avevo addirittura intensificato per compensare il brutto che stavo vivendo.
Un' intensità e una costanza che mi hanno portato ad affrontare in condizioni ottimali il campionato europeo. Alle cinque del pomeriggio, come i toreri, cascasse il mondo, lo salutavo e andavo in palestra a piantare i paletti della mia vita, con una grinta e una lucidità speciali, necessarie a non farmi sprofondare».
La scelta di Fabiano di andare a morire in Svizzera ti aveva trovato consenziente?
«Non volevo perderlo, ma capivo il suo punto di vista e alla fine ho capito anche la sua scelta. Fintanto che esisteva una speranza di miglioramento, ho lottato in tutti i modi per farlo reagire, e per parecchio tempo ci sono riuscita.
Dopo ho dovuto cedere alla forza della sua delusione e del suo dignitoso rifiuto di una vita che non sentiva più sua» .
Con Simona Voglino Levy hai scritto un bellissimo libro edito da Baldini Castoldi dal titolo "Prometto di perderti. Io, Dj Fabo e la vita più bella del mondo"...
«Il titolo è intimamente legato alle tante promesse che Fabo e io ci siamo fatti prima e dopo quel maledetto incidente d' auto, ma in particolare alla più importante di tutte che lui mi aveva chiesto di fargli: se la mia situazione non dovesse cambiare, promettimi che mi lascerai andare. E così è stato, ho mantenuto la promessa di perderlo. Il resto del titolo è un omaggio al mio Fabo, che diceva sempre: "Avevamo la vita più bella del mondo e guarda invece adesso ..."».
Cosa c' è nella vita dopo Fabo per Valeria, oltre al pugilato?
«C' è sempre la Valeria pugile e la Valeria psicologa. Attualmente sto vivendo esperienze lavorative molto interessanti e molto forti. Come psicologa presso il carcere di Bollate, mi occupo di offrire un contributo ai detenuti nel loro cercare di stare meglio in una situazione difficile. In più, in collaborazione con un mio collega maestro di pugilato, ho dato vita all' interno dello stesso carcere a un gruppo che abbiamo significativamente chiamato "Pugni chiusi".
Una bellissima e impegnativa esperienza mirata all' insegnamento del pugilato ai detenuti nel rispetto dell' avversario e delle regole. Per la verità caso vuole che in questo momento nel carcere di Bollate siano detenuti due ex pugili professionisti, un tunisino e un italiano, Saber e Mattia, e sono quindi loro che in questo momento allenano me all' interno delle mura del carcere, in vista del mio match per il titolo mondiale dei pesi mosca».
A proposito, hai fatto bene a riportarmi al vero motivo della nostra intervista: il 6 luglio, a Milano, sullo storico ring del Teatro Principe, ti batterai con l' ungherese Judit Achbold per il titolo mondiale pesi mosca Wbc della Pace. Di che cosa si tratta? Come vivi questa vigilia?
«È un appuntamento importante, anche per la natura benefica del match. Il titolo in palio è il titolo iridato dei pesi mosca sulla distanza delle 10 riprese, e il mio maestro Franco Cherchi mi ha preparato al meglio: tanti guanti con diversi sparring, tanta palestra, tanta concentrazione. Sono molto fiduciosa perché non ho trascurato niente».
Hai annunciato che sarà il tuo ultimo incontro. Sarà proprio così? Resterai comunque nel mondo della boxe?
«Potrebbe essere il mio ultimo match, sì. Ma chi lo sa? In ogni caso, il mio futuro ricomprenderà sempre la boxe: Valeria e il pugilato sono la stessa cosa, si confondono con la Valeria psicologa, con la maestra e con l' allieva. Valeria è tutto questo. Sono io. Anche grazie a Fabo».
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