RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
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Giuseppe Sarcina per www.corriere.it
Indignazione, orrore, emozioni e, soprattutto, tanti elementi, difficile da confutare, che chiamano in causa la responsabilità di Donald Trump. La Commissione che indaga sull’assalto a Capitol Hill ha tenuto ieri sera, giovedì 9 giugno, la prima di sei audizioni in diretta televisiva.
Per molti versi è sembrato il logico proseguimento della procedura di impeachment contro l’ex presidente, nel gennaio del 2021. Trump si salvò grazie al soccorso dei senatori repubblicani.
Ora questa specie di processo pubblico non avrà conseguenze giuridiche immediate. A meno che il Dipartimento di Giustizia, che sta conducendo un’indagine parallela, non decida di incriminare direttamente Trump.
Lo stesso presidente della Commissione, Bennie Thompson, ha chiarito che i parlamentari «sono pronti a collaborare con il ministro della Giustizia Merryck Garland». La vice presidente della Commissione, la repubblicana «dissidente» Liz Cheney, ha riassunto i risultati principali dell’inchiesta, alternando il ragionamento con alcune clip in cui sono comparsi, tra gli altri, Ivanka Trump, Jared Kushner e l’ex ministro della Giustizia William Barr.
Secondo Cheney, Trump aveva «un piano in sette punti» per ribaltare la sconfitta nelle elezioni presidenziali del 2020. Un «vero colpo di Stato», per Bennie Thompson.
jared kushner con ivanka e donald trump
Dalle testimonianze raccolte risulta evidente come praticamente tutti i collaboratori principali di «The Donald», compresi Ivanka e il marito Jared, fossero convinti della regolarità del voto. E anche Trump lo era.
Il primo passaggio del suo progetto, però, era costruire una falsa versione, «la grande bugia»: tutti i consiglieri avrebbero dovuto sostenere pubblicamente che le elezioni erano state truccate.
Come sappiamo l’ex leader della Casa Bianca si affidò a Rudy Giuliani per imbastire una serie di sgangherati ricorsi giudiziari. Tutti respinti. Nello stesso tempo, fomentava la piazza e preparava il terreno per l’assalto del 6 gennaio. Uno dei testimoni, il documentarista Nick Quested, ha raccontato i preparativi della vigilia. I suoi filmati, alcuni inediti, mostrano i leader dei «Proud Boys» e degli Oath Keepers incontrarsi la sera del 5 gennaio in un garage di Washington e confabulare di «azioni su Capitol Hill».
La mattina del 6 gennaio almeno 200 Proud Boys si muovono verso il Congresso già verso le 10:30, molto prima di mezzogiorno, quando Trump arringa la folla sulla Mall. Ciò significa che almeno questa formazione di estremisti aveva premeditato l’attacco. La Commissione ha poi proiettato una serie di video per una ventina di minuti. Alcuni ormai famigliari, altri mai visti. Tutti impressionanti. Le immagini, tra l’altro, spazzano via una delle tante stupidaggini che abbiamo ascoltato nei giorni immediatamente successivi ai tumulti e cioè che la polizia avrebbe lasciato campo libero ai vandali.
È vero esattamente il contrario, come ha riferito l’altra testimone della serata, Caroline Edwards, agente in servizio a Capitol Hill. È stata la parte più emotiva dell’audizione. Caroline ha raccontato di essere stata ferita due volte, di aver perso coscienza per qualche minuto, sbattendo la testa contro i gradini. E ha ricordato di aver visto accanto a sé il collega Brian Sickinick «diventare bianco come un foglio di carta». Brian morirà in seguito alle ferite, così come quattro manifestanti. Nell’aula c’erano anche i famigliari del poliziotto, in lacrime. In serata i repubblicani hanno accusato i democratici di aver estrapolato le frasi dei collaboratori di Trump. Ma ci sarà tempo e modo di verificarlo nelle prossime occasioni, quando le testimonianze verranno riproposte integralmente.
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