george pell

CON LE DIMISSIONI DI LIBERO MILONE E IL “CONGEDO” DEL CARDINALE PELL, COME PROSEGUIRA’ LA BONIFICA DELLE FINANZE VATICANE? - LO SCONTRO DI COMPETENZE CON L’APSA, LA VERA ‘CASSAFORTE’ DEL PAPA GUIDATA DAL CARDINALE CALCAGNO, E’ COSTATA CARA A PELL - IL SUO FARE DA BULLO GLI HA ALIENATO LE SIMPATIE DEI PORPORATI ITALIANI

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Massimo Franco per il “Corriere della Sera”

 

GEORGE PELLGEORGE PELL

In una settimana, due figure-chiave delle finanze del Vaticano sono uscite di scena. Per motivi diversi e distanti, ma con l' effetto inevitabile di ridisegnare le strutture chiamate a gestire le riforme economiche di papa Francesco. Il 20 giugno era saltato Libero Milone, primo «Revisore generale» dei conti della Santa Sede.

 

Ieri è stato costretto a andarsene «in congedo» il cardinale George Pell, prefetto della Segreteria per l'Economia: un ufficio creato ad hoc per lui nel settembre del 2014 da Jorge Mario Bergoglio. Pell è anche uno dei componenti del cosiddetto «C9», il consiglio di nove cardinali provenienti da tutto il mondo, istituito da Francesco per elaborare le strategie della Santa Sede: un organismo che finora ha funzionato a intermittenza.

IL CARDINALE GEORGE PELL IL CARDINALE GEORGE PELL

 

L'incriminazione per abusi sessuali del controverso «ministro dell' Economia» e mentore di Milone, era attesa. La polizia australiana l'aveva definita «imminente». E i media di Sydney e Melbourne martellavano da mesi sulle presunte responsabilità di Pell, legate a episodi di alcuni decenni fa.

 

Per il momento in cui avviene, il caso pone un problema serio, di sostanza e di immagine.

CARDINALE DOMENICO CALCAGNOCARDINALE DOMENICO CALCAGNO

Il fatto che siano cadute le due teste che in Vaticano erano, a torto o a ragione, additate come avanguardie delle riforme finanziarie, costringe a chiedersi se il rinnovamento si fermerà o no. Anche perché il modo in cui i protagonisti abbandonano il campo non consente risposte nette.

 

Milone si è dimesso con tre anni di anticipo e con un benservito che ha alimentato il mistero sulle sue possibili responsabilità. E ieri Pell, che lo aveva voluto nel ruolo di «revisore generale», carica mai esistita in precedenza, ha annunciato di voler tornare in Australia per difendersi da accuse infamanti per chiunque; e ancora di più per un «principe» della Chiesa.

George PellGeorge Pell

 

Sebbene in una conferenza stampa tenuta di prima mattina in Vaticano accanto al direttore della sala stampa, Gregory Burke, il cardinale si sia definito «in congedo», di fatto è considerato in uscita. Non significa che il tribunale australiano non possa tra qualche mese decidere di archiviare il caso, definito frutto di una «campagna diffamatoria» basata su «accuse false».

CARDINALE DOMENICO CALCAGNO CARDINALE DOMENICO CALCAGNO

 

Ma certamente dopo l'estate si porrà il problema di riorganizzare il suo dicastero: soprattutto se si capirà che il processo a suo carico si celebrerà e sarà lungo. Per paradosso, tuttavia, la sua probabile uscita di scena potrebbe fare avanzare e non fermare le riforme. Il modo in cui Pell le ha gestite è stato considerato insieme costoso e inefficace.

 

La sua Segreteria si è scontrata con gran parte degli altri «ministeri» vaticani. E in questo conflitto si è notato un pregiudizio culturale verso tutto ciò che era italiano. Pell ha usato la mano pesante per imporre la superiorità del sistema giuridico anglosassone su un mondo che conosceva poco e che lo ha presto rifiutato. Non gli è bastato dire che agiva per conto di Francesco. Poco a poco, lo stesso Pontefice si sarebbe reso conto che quei metodi non solo non funzionavano ma ormai frenavano qualunque passo avanti.

bergoglio con madre desaparecidasbergoglio con madre desaparecidas

 

Emblematico lo scontro di competenze con l'Apsa, la vera «cassaforte» vaticana guidata dal cardinale Domenico Calcagno, risoltosi con la vittoria di quest' ultimo. L' idea di utilizzare la lingua inglese nei documenti ufficiali del suo ufficio non ha reso più efficienti le procedure. Le ironie si sprecarono quando Pell fece circolare il testo in inglese del decreto di nomina, benedetto dal Papa. E quando pochi mesi dopo affermò che non voleva più casi «come quello di Michele Sindona e di Roberto Calvi», associando la criminalità finanziaria al Vaticano italiano, i malumori crebbero.

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Si ricordò ironicamente, e anonimamente, che l'americano monsignor Paul Marcinkus, assurto a simbolo del malaffare pasticcione ai tempi di Giovanni Paolo II, «non era di Viterbo». Formalmente l'incarico di Pell rimane.

 

Il Papa ha chiesto di continuare il lavoro ai due segretari: monsignor Alfred Xuareb, maltese, ex segretario di Benedetto XVI e per poco anche di Bergoglio; e monsignor Luigi Mistò, un sacerdote della diocesi di Milano. Ma di fatto si chiude traumaticamente una fase. Anche perché la questione che l' incriminazione di Pell ripropone è la pedofilia nella Chiesa. Si conferma la debolezza di questa istituzione di fronte a una storia di molestie, mai affrontata con una strategia preventiva.

MARCINKUS MARCINKUS

 

Il risultato è che la Chiesa continua a essere costretta a difendersi e a inseguire le accuse, senza imporre un' analisi convincente del fenomeno, delle responsabilità e anche delle strumentalizzazioni. Da questo punto di vista, il caso Pell è l' ultimo frutto avvelenato di una «cultura del segreto» che rende gli scandali senza fine. Ma va registrato un comportamento diverso rispetto ai tempi in cui a Boston scoppiò il caso del cardinale Bernard Law. Allora, era il 2001, Law venne in Italia protetto dal Vaticano, sottraendosi alla magistratura statunitense. Adesso la Santa Sede difende Pell, ma non «dal» processo.

 

papa bergogliopapa bergoglio

Francesco ne ricorda «l'onestà durante i tre anni di lavoro nella Curia romana. Gli è grato per la collaborazione e per l' energico impegno a favore delle riforme nel settore economico e amministrativo», recita il comunicato letto ieri da Burke.

 

Si fa presente come per anni Pell abbia «condannato apertamente e ripetutamente gli abusi contro i minori», e collaborato con le autorità del suo Paese. Ma, premesso questo, si esprime «rispetto per la giustizia australiana». Il cardinale torna in Australia per affrontare il processo. E a cercare il successore di Milone non sarà più lui. Al di là di tutto, è la conferma di quanto sia difficile scegliere le persone giuste perfino per un Papa come Bergoglio.