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I militanti di destra alla commemorazione di Sergio Ramelli nell aprile del 2014
Hanno compiuto "gesti rituali del disciolto partito" fascista, ma "non è chiaro" se "il loro comportamento abbia superato il confine della commemorazione per giungere alla condotta diffusiva" dell'ideologia. Lo scrive la Corte d'Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui ha confermato l'assoluzione, decisa dal gup il 10 giugno del 2015, di Marco Clemente e Matteo Ardolino, esponenti di Casapound, accusati di apologia del fascismo per avere fatto il saluto romano durante la commemorazione, il 29 aprile 2014, dello studente Sergio Ramelli, di Enrico Pedenovi e Carlo Borsani.
Il sostituto pg Annunziata Ciaravolo, così come l'associazione nazionale partigiani Anpi che si è costituita parte civile, aveva chiesto la condanna a 6 mesi di reclusione per i due imputati. La Procura aveva infatti ribadito "la sussistenza negli imputati della volontà diffusiva della ideologia fascista, intrinsecamente connessa alla modalità della manifestazione commemorativa".
Come si legge nelle motivazioni della sentenza della Corte d'Appello del 21 settembre 2016 che ha confermato il verdetto impugnato dalla Procura, "non vi è dubbio" che ci sia stata da parte degli imputati, difesi dai legali Vanessa Bonaiti e Jacopo Cappetta, il richiamo all'ideologia del fascismo, tra cui l'uso di "bandiere con croci celtiche (in realtà non utilizzata dal partito fascista, ma da alcuni movimenti politici di destra che hanno associato il simbolo al fascismo), la chiamata al presente e il saluto romano", ma, scrive il giudice, "appaiono dubbie la volontà e la capacità diffusiva della manifestazione stessa".
I giudici di secondo grado, citando alcune sentenze della Corte Costituzionale, hanno ricordato che penalmente rilevanti sono quelle manifestazioni in cui i "gesti di richiamo all'ideologia fascista siano svolti in occasione di una riunione pubblica" e "che vi sia il dolo, anche generico, di volere diffondere ideologia", con atteggiamenti "tali da porre in pericolo l'ordine democratico".
La Corte ha quindi ribadito, come già rilevato dal gup, la natura "commemorativa" della manifestazione dell'aprile 2014, nata per ricordare "la morte di tre persone, uccise nell'ambito di una violenta lotta politica, a causa della loro adesione a una ideologia". I partecipanti, infatti, "hanno sfilato in assoluto silenzio, con un atteggiamento di rispetto nella memoria delle vittime di violenza", senza "innalzare cori inneggianti" o esprimere "propaganda e volontà di diffusione di un'ideologia".
Inoltre la loro condotta, che "non implica di per sé l'intenzione di sollecitare l'adesione all'ideologia da parte di un numero indeterminato di persone estranee alla manifestazione", secondo la Corte d'Appello, va valutata anche in relazione "all'evoluzione storico sociale che impone di valutare in maniera più rigorosa la sussistenza o meno del pericolo di diffusione dell'ideologia".
Nel marzo scorso, con una sentenza della Cassazione, che aveva dichiarato la "inammissibilità totale" del ricorso della Procura di Milano, era diventato definitivo il proscioglimento di altri sette militanti di estrema destra accusati di apologia del fascismo per avere fatto il saluto romano nella stessa occasione. Tra loro, l'ex consigliere provinciale milanese di Fratelli d'Italia Roberta Capotosti.
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