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1. LE DONAZIONI DI SANGUE «GIUSTO ESCLUDERE I GAY SE C’È RISCHIO DI MALATTIE»
Ivo Caizzi per il “Corriere della Sera”
La Corte europea di giustizia di Lussemburgo ha considerato giustificato il divieto di donare sangue per gli uomini che abbiano avuto rapporti sessuali con una persona dello stesso sesso. Occorre però dimostrare che non esistano alternative meno restrittive in grado di evitare l’alto rischio di contrarre malattie infettive, come l’Hiv, o tecniche di ricerca e metodi di protezione adeguati.
Il caso è nato in Francia nel 2009 e ha diviso l’opinione pubblica. Un medico di un centro ematologico di Metz aveva rifiutato la donazione di sangue offerta dal signor Geoffrey Legier, che aveva avuto una relazione omosessuale. Era stata fatta valere una specifica legge francese. Legier l’aveva allora contestata davanti al tribunale amministrativo di Strasburgo in relazione alla compatibilità con il diritto comunitario e, in particolare, con il divieto di discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale.
Dalla città alsaziana il caso è stato rinviato per competenza alla Corte di Lussemburgo, dove hanno invitato il giudice francese a verificare se nel suo Paese esista un alto rischio di contrarre gravi malattie infettive trasmissibili con il sangue nell’ambito di rapporti sessuali tra gay. Secondo i dati Ue, in Francia gli omosessuali scontano un tasso di contagio dell’Hiv 200 volte superiore a quello della popolazione eterosessuale. Inoltre questo livello sarebbe il più elevato tra tutti gli Stati dell’Europa e dell’Asia centrale.
Ma gli eurogiudici non considerano sufficienti questi alti rischi per escludere permanentemente donazioni di sangue di gay. La Corte ricorda che «eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Ue» — tra cui il divieto di discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale — possono essere introdotte solo se «necessarie» e se servano «a proteggere i diritti e le libertà altrui».
La Corte, pur ammettendo che il divieto francese di donazione di sangue per i gay contribuisce a ridurre al minimo il rischio di contagiare una malattia infettiva, ipotizza il possibile mancato rispetto del principio di proporzionalità. Il tribunale di Strasburgo, prima di confermare il divieto, dovrà valutare se esistano «metodi meno restrittivi» per proteggere chi riceve trasfusioni da donatori gay.
Soluzioni potrebbero essere «questionari e interviste» a cura del personale sanitario per identificare in modo preciso i comportamenti sessuali a rischio. Il presidente di Gaynet Franco Grillini parla di sentenza «ambigua» e contesta il divieto francese, che in Italia è stato da tempo rimosso.
2. GAY:CENTRO SANGUE,SENTENZA UE NON AUMENTA SICUREZZA - GRAZZINI,PIÙ EFFICACE VALUTARE RISCHIO PER OGNI SINGOLO DONATORE
(ANSA) - La sentenza della Corte di giustizia Ue che ammette l'esclusione permanente dalla donazione di sangue per uomini che abbiano avuto rapporti omosessuali, previa dimostrazione che per queste persone esiste un alto rischio di contrarre gravi malattie infettive, ''non aumenta le garanzie di sicurezza per le donazioni di sangue''. Ne è certo il direttore del Centro Nazionale Sangue (Cns), Giuliano Grazzini: ''E' invece indubbiamente molto più efficace ai fini della sicurezza - afferma - valutare il rischio per ogni singolo donatore''.
Questa sentenza, spiega l'esperto, ''non cambia le nostre politiche per il settore sangue, che prevedono controlli strettissimi ed efficaci''. L'esclusione dalla donazione di una categoria 'tout court', come appunto gli omosessuali, non può essere insomma garanzia assoluta di sicurezza, anche perchè, sottolinea Grazzini, ''alla base di tale pronuncia non ci sono motivazioni scientifiche, dal momento che non sono ad oggi rilevati casi di trasmissione di Hiv a seguito di donazioni di sangue da uomini gay''.
Piuttosto, chiarisce, ''ciò che va effettuata è una valutazione del rischio per ogni singola persona che vuole donare il sangue, e ciò indipendentemente dall'orientamento sessuale''. Ed è proprio questa la procedura che si mette in atto nei centri italiani: ''Prima della donazione del sangue - spiega il direttore Cns - il medico fa un'accurata anamnesi del potenziale donatore, accertando se il soggetto ha comportamenti sessuali a rischio, sia di tipo omosessuale che eterosessuale; se si tratta di comportamenti lievi e casuali, è prevista una sospensione della donazione per un periodo di 4 mesi, mentre a fronte di comportamenti a rischio ripetuti ed abitudinari la sospensione diventa definitiva''.
Questa valutazione ''ad personam assicura dunque le maggiori garanzie. Al contrario - rileva - le nostre leggi vietano la discriminazione sulla base del semplice orientamento sessuale''. Una 'conquista', questa, raggiunta solo nel 2001, quando l'allora ministro della Salute Umberto Veronesi, ricorda Grazzini, ''abolì il divieto di donazione di sangue per i gay. Tale posizione è stata poi ribadita con i decreti ministeriali di recepimento della direttiva Ue del 2005 ed in questa direzione si è espresso anche il Consiglio superiore di sanità nel 2013''.
Inoltre, ribadisce l'esperto, ''non ci risultano in Italia casi di trasmissione di virus Hiv da donazione di sangue, mentre alcuni casi si sono verificati in Austria e Germania da donatori, però, eterosessuali''. Insomma, la posizione espressa dalla Corte Ue ''rappresenterebbe per noi un tornare indietro di anni, oltre a non aggiungere elementi di sicurezza. In Italia, al contrario - conclude il direttore del Cns - abbiamo un sistema di controllo in questo senso meno 'restrittivo', ma estremamente accurato e con un livello di attenzione altissimo''.
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