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1. LEI CUBISTA IN DISCOTECA, LUI GIGOLO'! CHI HA SPARATO ALLA TESTA DEI DUE FIDANZATI DI PORDENONE: UN’AMANTE DI LUI? UN MARITO TRADITO? UNO SPASIMANTE DI LEI RESPINTO?

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TERESA COSTANZA GIALLO PORDENONETERESA COSTANZA GIALLO PORDENONE

1. IL KILLER DEI FIDANZATI NON É UN PROFESSIONISTA

Franco Vanni per “la Repubblica”

 

Le certezze cadono una dopo l’altra. Nel racconto della coppia perfetta, ripetuto da parenti e amici all’indomani del duplice omicidio, si aprono falle in cui gli investigatori cercano elementi utili per ricostruire la verità. «Teresa Costanza e Trifone Ragone erano esseri umani. Le loro debolezze, che emergono con il passare delle ore, possono essere preziose per capire», dice un carabiniere.

 

TRIFONE RAGONE E TERESA GIALLO PORDENONETRIFONE RAGONE E TERESA GIALLO PORDENONE

A Pordenone ieri sono arrivati almeno dodici fra agenti del Ros e specialisti del Ris, chiamati a risolvere l’enigma: chi sia la persona che alle 19.45 di martedì ha esploso sei colpi calibro 7.65, di cui cinque a segno, uccidendo i due fidanzati nel parcheggio della palestra dove Ragone aveva finito di allenarsi, e dove lei lo era andato a prendere.

 

trifone ragonetrifone ragone

Gli investigatori hanno analizzato l’auto a bordo di cui si trovava la coppia. «Nessuna traccia evidente», è il verdetto. Niente impronte e nessun elemento vistoso utile per cercare il Dna dell’omicida. E hanno sentito decine di persone. Un anziano si è presentato al comando con una storia da raccontare: «Giorni prima dell’omicidio ho notato un uomo che si aggirava nel parcheggio».

 

Poi sono stati ascoltati i commilitoni di Ragone, sottufficiale carrista del 132esimo reggimento a Cordenons. Sarebbe emerso che il 29enne, pur innamorato di Teresa, aveva frequentato altre ragazze. E avrebbe fatto da accompagnatore a donne, anche più mature. Una tesi a cui i carabinieri cercano conferme nell’analisi di telefoni, chat e social network.

 

trifone ragone 1trifone ragone 1

Gelosia, avevano detto i carabinieri sin dall’inizio. L’amore tradito o non corrisposto come molla per l’agguato. «Ma è un’ipotesi fra le tante», dice il procuratore di Pordenone, Marco Martani. E aggiunge: «La 7.65 non è un’arma da killer. La può maneggiare anche una donna». Un’amante di lui? «Solo una suggestione», dice Martani. Oppure un marito tradito. «Non ci sono elementi — dice un carabiniere — ma il quadro non lo esclude».

 

teresa costanzateresa costanza

Altra ipotesi: uno spasimante di lei. Forse militare. Sarebbero almeno due i ragazzi che sognavano un futuro al fianco di Teresa. Uno di loro la avrebbe avvicinata con insistenza, tanto che Ragone avrebbe confidato a un amico: «A quello gliela faccio pagare». Ma la procura ritiene vi sia «difetto di nesso causale». Tradotto: per quanto ti possa piacere una ragazza, non vale un duplice omicidio.

 

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Teresa era bella. Prima di cominciare due settimane fa a fare la “sub agente” nelle assicurazioni, aveva fatto la cubista in discoteca, con lo pseudonimo Greta, anche con Trifone. Un filmato di 7 minuti, conservato nei telefoni degli amici, la riprende mentre fa lap dance. Aveva anche lavorato tre mesi come barista a Sacile. «Era brava — dice Valentina Piccin, che gestisce il locale — parlava di Trifone, lo amava».

 

Una volta soltanto, aveva raccontato delle scenate di gelosia di lui, quasi lusingata. Teresa ai genitori diceva poco di sé. Non sapevano avesse lavorato al bar. La sua amica a Pordenone — Kasia, che organizza serate — racconta di essere uscita con lei «decine di volte» senza avere conosciuto Trifone. «Viveva a compartimenti stagni — dice un investigatore — amava il fidanzato, la famiglia, le amiche. Ma questi mondi non si parlavano fra loro». Una riservatezza che celava forse un passato remoto di sofferenza, da cui nasce la seconda pista che gli investigatori prendono «in seria considerazione ». La mafia.

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Teresa, originaria di Favara vicino ad Agrigento, si era trasferita con la famiglia a San Donato Milanese nel 2006. Undici anni prima suo zio era sparito. Alcuni collaboratori di giustizia raccontarono ai magistrati di Palermo che Antonio Costanza venne ucciso e sepolto in un terreno di Campofranco.

 

La «lupara bianca» era stata decisa da Cosa nostra, per punirlo di un’accusa infondata: avrebbe indicato il nascondiglio di un boss. «Il padre di Teresa non ha mai frequentato ambienti mafiosi », dicono gli inquirenti. Ma l’ombra di quell’assassinio del 1996 si estende sull’indagine per il duplice omicidio di martedì scorso.

 

Un’ultima pista nell’indagine — «su un piano inferiore», dicono in procura — è il debito non corrisposto. Magari contratto nel commercio di anabolizzanti. Ma gli stessi investigatori dicono di prenderla in considerazione «per doveroso scrupolo».

chi ha sparato conosceva la coppia e ha potuto avvicinarsi alla loro auto con un sorriso e la mano già sulla pistola

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2. I FIDANZATI DI PORDENONE CONOSCEVANO IL LORO KILLER - UNA PISTA INVESTIGATIVA PORTA A UN PARENTE SICILIANO VITTIMA DI MAFIA

Fabio Poletti per “la Stampa”

 

Chi ha sparato alla testa dei due fidanzati di Pordenone voleva uccidere. «Al momento è la sola certezza che abbiamo», ammette uno degli investigatori, da tre giorni alle prese con un doppio omicidio senza un perchè. L’autopsia prevista per oggi dovrebbe solo confermare quello che si sa già. I primi tre colpi calibro 7 e 65 sono stati per Trifone Ragone, 29 anni, sottufficiale carrista con la passione per il sollevamento pesi. Gli altri due per la sua compagna Teresa Costanza, 30 anni, laurea in Bocconi e impiego alla Zurigo assicurazioni di Pordenone.

 

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«Non hanno nemmeno fatto in tempo a reagire», dice Marco Martani il procuratore capo che coordina le indagini. Segno che chi ha sparato conosceva la coppia e ha potuto avvicinarsi alla loro auto con un sorriso e la mano già sulla pistola. O che chi ha ucciso due volte lo ha fatto con l’abilità del professionista che avvicina l’obiettivo, apre il fuoco, si gira e se ne va indisturbato alla faccia delle quattro telecamere che hanno ripreso meno di niente, puntate come erano solo sull’ingresso della palestra dove oggi si suda sotto i pesi e sotto le lacrime tenute dentro a fatica.
 

Il profilo
«Stiamo ricostruendo il profilo delle vittime, il loro contesto sociale, le loro amicizie», dicono i carabinieri in caserma dove sfilano per le deposizioni di rito amici e famigliari di quella che appare come una coppia specchiata. Mai una lite, zero precedenti, nessuna minaccia conosciuta. La pista passionale è tra quelle privilegiate. Si chiede agli amici. Si passano ai raggi X cellulari e profili social.

 

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Uno degli ultimi messaggini di lui a un amico della palestra fa presagire niente: «Due cose ci salvano nella vita: l’amore e ridere. Averne una va bene. Due si è invincibili». Filosofia spicciola di uno che sembrava temere niente e che pensava solo di passare il concorso per la Guardia di finanza per guadagnare di più e che sperava a novembre di partecipare al campionato italiano di sollevamento pesi.
 

Lo spasimante
L’ipotesi dello spasimante di lei respinto - ammesso che ci sia non l’hanno ancora trovato, ne parlano tanti ma per adesso sembrano solo voci - stride con l’esecuzione preceduta da nessuna avvisaglia. «A noi non ha mai detto niente di simile nè qualcuno li ha mai infastiditi», giurano alla palestra davanti cui è stato commesso l’omicidio. E allora si guarda anche altrove, alla Sicilia dove Teresa Costanza era nata 30 anni fa. Nel 1995 uno zio paterno della ragazza, Antonio Costanza, era stato ammazzato dalla mafia perchè sospettato di aver fatto arrestare il boss Salvatore Fragapane di Santa Elisabetta in provincia di Agrigento.
 

coppia uccisa pordenonecoppia uccisa pordenone

La mafia
Un filo sottile che porta a venti anni fa. Uno dei tanti che stanno cercando di ricostruire gli investigatori che ai raggi X passano ogni spicchio delle vite della coppia. In caserma vengono sentiti i genitori dei due ragazzi. A partire dal padre di Teresa Costanza, un imprenditore edile che proprio vent’anni fa aveva lasciato la Sicilia per San Donato Milanese. E il padre di lui, Rosario Ragone, che non riesce a trovare una spiegazione possibile per quei cinque colpi di pistola alla testa sparati con millimetrica precisione da distanza assai ravvicinata: «Mio figlio era sereno e trasparente non aveva nulla da nascondere».