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Massimo Vanni per “la Repubblica”
L’utero in affitto è vietato dalla legge 40, ma la signora rientrata dall’Ucraina con due neonati gemelli è comunque ‘madre sociale’. E visto che il marito della signora è a tutti gli effetti il padre biologico, i gemelli restano al sicuro nella casa familiare. È l’innovativa sentenza emessa dal tribunale dei minori di Firenze che, nel vuoto legislativo italiano, ha scelto di seguire le evoluzioni giurisprudenziali europee, che riconoscono una genitorialità ‘di tipo sociale’ accanto a quella biologica e genetica.
Si tratta di una sentenza che riguarda una coppia che vive in provincia di Lucca, lui ingegnere, lei biologa che ha scelto di lasciare il lavoro per dedicarsi ai bambini. Tutto comincia quando, di ritorno da Kiev con due gemelli nati il 23 dicembre 2014 da madre surrogata, la coppia mente di fronte alla polizia di frontiera dell’aeroporto di Fiumicino. Dichiara che i gemelli sono figli biologici, finendo sotto inchiesta per alterazione di stato. E a seguito delle dichiarazioni ‘incoerenti’ rilasciate, la procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, ritenendo che i gemelli nati a Kiev non fossero figli biologici della coppia, decide di avvia una procedura per violazione della legge sull’adozione internazionale.
Per anni l’ingegnere e la biologa hanno tentato di avere figli con la procreazione medicalmente assistita, sia in Italia che in Spagna. Poi si sono rivolti ad una clinica di Kiev: in Ucraina la maternità surrogata è consentita, se effettuata con almeno il 50% del patrimonio genetico di uno dei genitori. Cosa poi effettivamente confermata dai test del Dna: i gemelli sono figli biologici del padre. Solo che, per poter rientrare in Italia, la coppia ha dovuto mentire dichiarando che i bambini erano figli biologici anche della donna. Ma alla fine, il curatore speciale dei gemelli e la stessa procura si sono convinti a chiedere la chiusura del procedimento di adottabilità.
«La nostra visione deve avere sempre al centro il bene del bambino», spiega la presidente del tribunale dei minori di Firenze Laura Laera. E proprio alcune sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo mettono al centro bambini nati da utero in affitto. Sentenze che, mentre in Senato si scavano trincee attorno alla stepchild adoption, affermano come il rispetto per la vita privata, osserva il tribunale di Firenze, «includa il primario interesse per il minore nato da madre surrogata a definire la propria identità come essere umano, compreso lo status di figlio».
Una recente giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo ha anzi riconosciuto una genitorialità «di tipo ‘sociale’ a tutela dell’interesse del minore nato da maternità surrogata». La Corte ha affermato cioè l’esistenza di una «de facto family life between the couple and the child»: una vita familiare di fatto tra la coppia e il bambino. E per questo, ha aggiunto, «l’esigenza di tutelare l’ordine pubblico non può essere utilizzata in modo automatico, senza prendere in considerazione il miglior interesse del minore e la relazione genitoriale, sia essa biologica o no». E per questa via il tribunale dei minori di Firenze ha ritenuto che la mamma non biologica debba essere considerata «madre sociale».
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