DAGOREPORT - PER RISOLVERE LA FACCENDA ALMASRI ERA SUFFICIENTE METTERE SUBITO IL SEGRETO DI STATO E…
Enrico Franceschini per “la Repubblica”
Qualcuno parla di fine di un'epoca: il tempo in cui gli italiani, e con essi buona parte degli altri europei, potevano sognare di mandare i figli a studiare nelle celebri università inglesi, le migliori del mondo secondo le graduatorie internazionali insieme ad Harvard, Stanford e Yale negli Stati Uniti. Una lettera arrivata in questi giorni ai college di tutta l'Inghilterra e a quelli del resto del Regno Unito spiega perché: dall'anno accademico 2021-22 gli studenti dei paesi dell'Unione europea dovranno pagare le stesse tasse d'iscrizione degli extracomunitari, cioè circa 25 mila sterline l'anno invece delle attuali 9 mila.
Perderanno inoltre il diritto a richiedere i prestiti automatici a interesse agevolato che finora potevano ottenere alla pari dei giovani britannici, in modo da non dover pagare nulla fino a dopo la laurea e dopo avere ottenuto un posto di lavoro. In sostanza, fino all'anno prossimo un italiano, anche se appartenente a una famiglia a basso reddito, può accedere all'istruzione superiore più qualificata del pianeta venendo a studiare qui praticamente senza anticipare un soldo, nemmeno per le spese di mantenimento: c'è un prestito agevolato anche per quello. Ma dal 2021-22 una laurea in Inghilterra costerà, nell'arco di quattro anni, 100 mila sterline, pari a 115 mila euro, a cui aggiungere le spese di vitto e alloggio.
Soltanto i più abbienti potranno permetterselo. Il provvedimento era previsto: fa parte delle misure introdotte dalla Brexit, entrata in vigore il 31 gennaio scorso, anche se in pratica nulla cambierà fino al 31 dicembre 2020, termine della fase di transizione in cui prosegue la trattativa sulle future relazioni (e chi inizia un corso di laurea nel 2020-21 potrà continuare a pagare 9 mila sterline l'anno e a usufruire dei prestiti sino al diploma). Ma il comunicato del ministro per le Università conferma che per l'istruzione accademica è tutto già deciso: «Gli studenti europei non beneficeranno più di tasse d'iscrizione ridotte e di prestiti agevolati sovvenzionati dal contribuente britannico ».
Se è una mazzata per gli studenti europei, è un brutto colpo anche per le università britanniche. Su un totale di 485 mila studenti stranieri nel Regno Unito, infatti, 143 mila sono dei 27 paesi della Ue: quasi un terzo. «Una cattiva notizia per le nostre università», commenta Nick Hillman, direttore dell'Higher Education Policy Institute, prevedendo che il vertiginoso aumento delle tasse d'iscrizione provocherà un calo «del 60%» degli studenti europei.
Tra i quali gli italiani costituiscono il gruppo più numeroso: quasi 14 mila, seguiti da 13.600 francesi, 13.400 tedeschi e 10.300 spagnoli. Pronostica un docente italiano di Oxford: «Ci perderanno soprattutto le scienze umane e sociali, poiché immagino che sarà più semplice ottenere un prestito extra-universitario per studiare medicina o business piuttosto che letteratura francese».
Per rifarsi del diminuito numero di studenti europei, e dunque dei meno soldi che arriveranno dall'Europa, Oxford, Cambridge, Ucl, King' s College e le altre più gettonate università del Regno Unito punteranno probabilmente sui cinesi, che sono già il maggior numero di studenti stranieri in assoluto, 120 mila, e crescono di anno in anno. È dunque questo il risultato della Brexit, perlomeno in ambito accademico: meno italiani, francesi e tedeschi, più cinesi. Verrebbe da chiedere a Boris Johnson: ne valeva la pena?
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