DAGOREPORT - PER RISOLVERE LA FACCENDA ALMASRI ERA SUFFICIENTE METTERE SUBITO IL SEGRETO DI STATO E…
Tommaso Labate per il “Corriere della Sera”
«Selfie con la canna in mano» no ma liberalizzazione delle droghe leggere sì. Estensione della sfera dei diritti civili per gli omosessuali sì ma «volgari forme di trasgressione durante il gay pride» anche no. È un no, implicito, per la storia di Marco Pannella e un altro no per Vladimir Luxuria; a cui va aggiunto il pollice verso, questo ribadito ieri su Facebook, nei confronti di Barack Obama, Silvio Berlusconi e Giorgio Napolitano, motivazione «per la guerra in Libia».
Per chi volesse riaggiornare il pantheon personale di Alessandro Di Battista e riflettere sulle sue ultimissime prese di posizione a proposito dello scibile umano - contemplando i post sui social e le dichiarazioni da quando l'entrata a gamba tesa di Beppe Grillo l'ha obbligato a distogliere lo sguardo dalle faccende interne al M5S e l'ha spinto a dedicarsi ad altro - prendere nota: Indro Montanelli e Cristoforo Colombo ammessi ma solo come statue, l'Emilio Fede fuggiasco salvato ma solo in quanto vecchio («A ottantanove anni ti fa anche un po' pena»), ecobonus del governo no perché l'auto elettrica se la possono permettere solo i ricchi, invece car sharing sì ma solo se di proprietà dello Stato, sanzioni a Iran e alla Russia no (ma questa non era una novità) perché troppo inique, il Foro Italico e l'Eur di Roma sono «begli esempi di architettura», tema quest' ultimo che pure Federico Fellini aveva trasformato in un suo cavallo di battaglia.
Da quando il botta e risposta con Grillo l'ha confinato nell'angolo delle varie ed eventuali, la corsa di Di Battista verso un posizionamento politico s' è fatta complicatissima. Deve muoversi stando attento a non criticare il governo, per ora. La fatwa del Fondatore e custode dell'ortodossia pentastellata, esplicitata anche con tantissime telefonate ai parlamentari che potenzialmente potevano rientrare nell'orbita dell'ex enfant prodige , gli ha prosciugato la corrente interna.
Corrente che adesso ha un nome, che rimbalza di chat in chat, e che è stato mutuato dall'affondo del comico genovese, che aveva citato quel vecchio film americano sul giorno della marmotta in cui il protagonista si ritrova a vivere ogni giorno uguale al precedente. Le chiamano «le giovani marmotte», una ventina tra deputati e senatori, che comunque - stanti le rassicurazioni che Di Maio ha espresso direttamente a Giuseppe Conte - «non sono assolutamente in grado di farci perdere la maggioranza a Palazzo Madama».
alessandro di battista old style
Tra i sopravvissuti dibattistiani ci sono le ex ministre Giulia Grillo e Barbara Lezzi, il deputato Pino Cabras, poi i tre eterodossi del gruppo di Bruxelles, Ignazio Corrao, Rosa D'Amato e Piernicola Pedicini. Più le quinte colonne che stanno ormai fuori come il giornalista Gianluigi Paragone, in predicato di fondare un partito no euro, e l'espulso Michele Giarrusso, già presente nella lista dei firmatari dell'appello con cui «Dibba» tentò di fare uno sgambetto al governo nei giorni della riconferma di Claudio Descalzi alla guida dell'Eni. Senza dimenticare Max Bugani, che dopo la rottura con Davide Casaleggio e le liti con Luigi Di Maio, oggi è di stanza al Campidoglio, insieme a Virginia Raggi.
La strada che potrebbe riportare Di Battista verso la leadership è la stessa che provocherebbe una scissione. Come spiega uno dei volti pentastellati più noti, tra i meglio sintonizzati con le onde di Palazzo Chigi, «l'unica sua possibilità è quella che la leadership del Movimento venga messa in palio con una votazione secca sulla piattaforma Rousseau, visto che è ancora molto popolare tra gli attivisti; ma Grillo e compagnia, a quel punto, sconfesserebbero il Movimento, lasciando nome e simbolo nelle mani di Casaleggio e puntando tutto sul partito di Conte».
giulia grillo balla thriller a un giorno da pecora 1
Resta l'ipotesi di diventare il paladino delle rivolte sociali d'autunno, ma questo vorrebbe dire mettersi contro il governo. Oppure temporeggiare ancora, cosa che però gli non gli ha portato fortuna. In fondo, è la scommessa che fece nel 2018, annunciando la non ricandidatura convinto che un pareggio alle elezioni e lo stallo parlamentare avrebbero portato a nuove elezioni qualche mese dopo. È cosa nota, non è successo.
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