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Francesco Semprini per “la Stampa”
Oltre il danno anche la beffa. È quanto sostengono 250 dipendenti di Disney, cittadini americani vittime dell’ultima ondata di mancati rinnovi del contratto di lavoro da parte del colosso dell’intrattenimento.
Oltre a perdere la loro posizione lavorativa, i dipendenti si sono trovati nella scomoda posizione di dover preparare i sostituti alle mansioni da loro svolte fino al giorno prima. Sostituti che nella stragrande maggioranza dei casi sono stranieri con visto H-1B, ovvero il permesso di lavoro concesso dall’azienda a professionisti meritevoli di particolari doti professionali.
Il trucco del visto H-1B
«Non potevo crederci, oltre a dover accettare il fatto di vedere seduto alla mia scrivania un’altra persona ho dovuto anche spiegargli come lavorare», spiega uno degli ex dipendenti Disney al «New York Times». «È davvero umiliante dover preparare una persona che si è appena seduta sulla poltrona dove tu per tanto tempo hai lavorato, ti senti vessato», racconta un’altra delle vittime dell’avvicendamento della Disney.
Il visto H1-B è oggetto uno degli argomenti più dibattuti in tema di immigrazione negli Stati Uniti, perché ritenuto da alcuni strumento discriminatorio nei confronti dei lavoratori americani. Il principio per cui viene concesso un visto di categoria H1-B è che il cittadino straniero ha delle caratteristiche professionali e delle specialità lavorative che in quel determinato momento e in un certo contesto risultano insostituibili.
Secondo alcune organizzazioni del lavoro americane è spesso un modo per sostituire figure professionali americane con lavoratori stranieri meno onerosi, in termini di retribuzione e contributi.
Avvicendamenti sostanziali di lavoratori americani con stranieri in possesso di visto H1-B sono si sono visti in altre grandi aziende della Corporate America, come Southern California Edison, Fossil, Northeast Utilities, ed ora Disney.
In quest’ultimo caso tuttavia si è riscontrata l’anomalia paradossale che dipendenti di lungo corso, con lustri di attività in azienda e un’età superiore ai 50 anni, si sono trovati costretti a dover fare il «training» ai loro sostituti stranieri e alle prime armi.
Bonus e incentivi
La società da parte sua spiega che «la scelta difficile e sofferta di dover eliminare alcune posizioni è figlia di una transizione aziendale che ha coinvolto diverse persone. Per quanto riguarda l’attività di training Disney ha offerto uno «stay bonus» pari al 10% di tutti i contributi maturati nel corso della carriera per insegnare ai sostituti come lavorare.
Inoltre agli ex dipendenti a cui non è stato rinnovato il contratto, è stata proposta - questo dice Disney - una possibilità alternativa all’interno del gruppo, o in qualche azienda controllata o è stato messo a disposizione a titolo gratuito un «head hunter», ovvero un cacciatore di lavoro.
Ammortizzatori che tuttavia non sono stati accettati di buon grado da tutti, visto che un certo numero di ostracizzati ha preferito rinunciare a incentivi e scivoli rifiutandosi di formare i sostituti.
dipendenti disney in caffetteria
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