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Gino Castaldo per “la Repubblica”
Chiunque abbia messo piede in un locale gay avrà certamente avvertito uno speciale brivido di libertà, la sensazione di essere in una zona franca dove tutto è possibile, o dove semplicemente si può essere quello che si vuole essere, senza troppi pudori, soprattutto senza censure.
Roba da portare in palmo di mano come esempio di convivenza civile, se non fosse che stereotipi e vecchi pregiudizi impediscono a molti maschi eterosessuali di porsi con altrettanta e disinibita spensieratezza di fonte a questa manifestazione, spesso estrema, di libertà.
Più o meno come successe alla fine degli anni Settanta quando in un inedito misto di bigottismo maschilista e pseudo progressismo musicale (ma chi è davvero esente da colpe scagli la prima pietra) si arrivò a un certo punto a demonizzare la disco-music.
“Disco sucks” si diceva, la disco fa schifo, e magari se proprio dovessimo giudicarla in termini strettamente musicali qualche ragione c’era, ma la riprovazione serviva solo a mascherare una realtà di gran lunga più innovativa di quanto il beat ossessivo e facile della disco lasciasse intravedere.
Era la prima volta che la cultura gay arrivava a manifestarsi liberamente, anzi a influenzare gli sviluppi della musica popolare. C’era esibizionismo, lustrini, libertà di essere lascivi, la voglia di proclamare il disco, più che i musicisti, come protagonista del party, e quindi la danza, il mostrarsi, la fantasia, l’interagire, spostare l’asse centrale dell’esibizione dal palco alla platea, anzi alla pista da ballo, e quindi rendere protagonisti tutti, potenzialmente.
Da quegli anni la cultura della discoteca e quindi anche la rivoluzione dance, il ruolo dei deejay, sono stati influenzati fortemente dal mondo gay, l’intreccio è stato profondo e costante, si è diffusa un rete di locali dai nomi splendidi e affascinanti, alcuni dei quali diventati leggendari, come The sanctuary, locali grazie a i quali e per i quali sono state inventate musiche che hanno definito alcune tra le più forti innovazioni dei nostri tempi, ma soprattutto si sono diffusi ovunque locali espressamente dedicati alla comunità Lgbt e non è difficile immaginare quanto questi luoghi possano essere stati importanti, se non fondamentali, per una enorme quantità di ragazzi che nella vita di tutti i giorni facevano fatica a essere accettati, a vivere liberamente la propria identità sessuale.
orlando florida strage nella discoteca gay 9
Chiamiamoli laboratori, luoghi di sperimentazione di comportamento, di identità, ma soprattutto luoghi protetti, luoghi che tenevano fuori disprezzo e discriminazione, incomprensione e intolleranza. Questa sensazione, in qualsiasi locale gay vi capitasse di andare, è contagiosa.
C’è in gioco la libertà di essere di alcune minoranze, ma ovviamente c’è in gioco la libertà di tutti. L’attentatore americano ha infranto anche questo confine, ha rotto l’incantesimo della protezione, ha cercato di distruggere uno dei regni dove ancora si celebra il culto della fantasia.
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