DAGOREPORT – CON L'OPERAZIONE GENERALI-NATIXIS, DONNET SFRUTTA UN'OCCASIONE D'ORO PER…
Maria Vittoria Giannotti per âLa Stampa'
Sul mercato erano i più competitivi: prezzi concorrenziali, certificazioni antimafia in regola, alti standard qualitativi. à così che due ditte edili, vicine al clan camorristico dei Casalesi, sono riuscite ad aggiudicarsi i lavori di ristrutturazione in subappalto al polo museale degli Uffizi per un importo di 150mila euro. Tra gli ignari clienti dei costruttori arrestati con l'accusa di associazione a delinquere c'è anche il cantante Sting: le aziende finite nel mirino della Guardia di Finanza avrebbero infatti partecipato alla ristrutturazione della sua villa da favola nel Chianti.
Ma l'elenco dei committenti, pubblici e privati, che, negli ultimi anni, hanno affidato i cantieri alle due imprese coinvolte nell'inchiesta della Dda fiorentina è davvero lungo e anche la trasformazione dello storico cinema fiorentino Gambrinus nella sede dell'Hard Rock Cafe è stata, in parte, opera loro.
Nessuno poteva sospettare che dietro le due ditte, intestate a imprenditori incensurati, operasse un'organizzazione criminale. Ieri mattina all'alba, dopo due anni di indagini, gli uomini del Gico sono entrati in azione eseguendo sei ordinanze di custodia cautelare in carcere - sei imprenditori in manette - e sequestrando tra Toscana e Campania ville, auto di lusso, quote di società e conti correnti bancari per 11 milioni di euro.
Il sistema escogitato dall'organizzazione era piuttosto sofisticato: le due società edili toscane, la Ggf e la Pdp, con sede a San Giovanni Valdarno, potevano contare su consistenti fatture che certificavano la somministrazione di manodopera in realtà mai avvenuta: così si creavano costi fittizi da inserire nei bilanci e frodare il fisco. Tra il 2007 e il 2012, il sistema avrebbe permesso di evadere imposte per 3,1 milioni di euro.
A procurare le fatture, per un totale di dieci milioni di euro, erano ditte compiacenti con sede nel Casertano e nel Modenese: secondo i finanzieri si trattava di società «cartiere», collegate al clan dei Casalesi. Seguendo la pista del denaro, gli inquirenti hanno scoperto che gli emittenti delle false fatture, continui al clan dei Casalesi, incassavano il 4% degli importi fatturati.
Grazie ai vantaggi economici ottenuti dall'evasione, le due ditte potevano affacciarsi sul mercato con prezzi più bassi rispetto alle ditte concorrenti garantendosi l'aggiudicazione di subappalti sia privati che pubblici. I committenti ignoravano di avere a che fare con ditte legate alla camorra, anche perché le imprese erano intestate a due prestanome: grazie a questi nomi «puliti», le imprese riuscivano a ottenere le certificazioni antimafia necessarie per partecipare alle gare d'appalto.
«Nessuna società onesta - spiega il tenente colonnello Antonino Raimondo - poteva competere con loro. Se non li avessimo scoperti, avrebbero ucciso un tessuto economico già provato dalla crisi». La Finanza ha scoperto che le aziende toscane, in realtà , erano gestite da Giovanni Potenza, 62 anni, un nome già legato alla nuova camorra organizzata e condannato in primo grado nel 2007 per associazione a delinquere di stampo mafioso. «Non conosco le ditte coinvolte nell'inchiesta - spiega Antonio Natali, direttore degli Uffizi - anche perché gli appalti non spettano a me, ma alla Soprintendenza. Certo è che l'idea che la malavita sia riuscita a infiltrarsi perfino negli appalti pubblici è davvero inquietante».
STING STING IN COSTA SMERALDAUSMANOV E MOGLIE E LA VILLA IN COSTA SMERALDAuffizi LA CASA DI NICOLA SCHIAVONE FIGLIO DEL BOSS DEI CASALESI Boss dei CasalesiCASALESI
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