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Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"
La bocciatura formalmente riguarda il Liechtenstein. Ma la stangata di Moneyval, l’organismo internazionale per la lotta al denaro sporco, finisce per colpire pesantemente le finanze del Vaticano, sempre discusse e opache nonostante le mosse e gli annunci a ripetizione di Papa Francesco, ora alle prese con un altro terremoto.
Nello specifico, l’atto d’accusa di Moneyval riguarda (indirettamente) l’attuale sceriffo dello Ior (Istituto per le opere di religione), René Brülhart: il direttore svizzero dell’Aif (l’Autorità di informazione finanziaria della Santa sede) è così ancora una volta al centro delle polemiche Oltretevere. In carica dalla fine del 2012, Brülhart non riesce a schivare gli attacchi, a cominciare dalla questione del suo stipendio (pagato dalla Segreteria di Stato, in conflitto di interessi) e dalle consulenze con boutique finanziarie che battono bandiera Usa-Svizzera.
Gli effetti concreti della mazzata al Principato del centro europa, arrivata a luglio scorso, sono messi nero su bianco in un documento riservato che da alcuni giorni circola Oltretevere. Un documento di un paio di pagine, che Libero ha potuto consultare, nel quale viene messa in risalto l’analisi realizzata da Moneyval sul Liechtenstein, nel periodo in cui la lotta al denaro sporco era in mano a Brülhart. Un modo come un altro per mettere in discussione l’attuale gestione dell’antiriciclaggio nella banca del Papa (dal 2008 al 2012).
Ecco perché quel documento sta creando più di un imbarazzo nei Sacri palazzi. Nel documento si parla espressamente di «downgrading», cioè di un peggioramento della valutazione del sistema di prevenzione e contrasto al denaro sporco dal 2007 a oggi: quando Brülhart è diventato capo dell’Autorità finanziaria del Principato, insomma, il sistema antiriciclaggio ha fatto un clamoroso passo indietro.
Le carte vaticane ricordano che nel rapporto di Moneyval viene sottolineato come «un buon numero di paesi abbia sollevato preoccupazioni sulla qualità delle informazioni fornite dall’autorità del Liechtenstein e, in particolare, sulla sua incapacità a rispondere adeguatamente circa notizie riguardanti il titolare effettivo di operazioni e trasferimenti fondi».
La questione è rimasta sotto traccia. Di sicuro, il rapporto Moneyval non è un ottimo biglietto da visita per il Vaticano che faticosamente cerca di scrollarsi di dosso le critiche sulla trasparenza allo Ior e di riaccreditarsi nelle sedi internazionali. Qualche passo in avanti è stato fatto, ma le ombre restano. Una grana in più per il cardinale australiano, George Pell, uomo forte della Curia sulle faccende finanziarie, che ha da poco cambiato i vertici dello Ior, giocando di sponda col blocco americano. Che ha sempre difeso l’operato di Brülhart. Finora.
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