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Valeria Arnaldi per “il Messaggero”
Guerra in casa tra famiglie e lavoratori domestici. Negli ultimi dieci anni, c'è stato un boom di vertenze inerenti il settore. Secondo le analisi di Domina-Associazione nazionale famiglie datori di lavoro domestico si registra un aumento pari al 3/5% ogni anno, con una crescita complessiva nel decennio, compresa tra 30 e 50%. Nel 2017 si contano circa 42mila vertenze e il dato potrebbe essere sottostimato. In molti casi, infatti, si finisce per trovare una soluzione tra le mura di casa.
LE MOTIVAZIONI
Varie le motivazioni. Nel 50% dei casi ad essere contestata dai lavoratori è una differenza tra le ore di lavoro realmente effettuate e quelle pagate. Nel 35% si tratta di lavoro in nero. Il 10% è per il mancato versamento del contributo per le coperture sanitarie integrative. Il cuore del problema, dunque, è rappresentato proprio dal lavoro non regolarizzato, che sia per la totalità del servizio prestato o solo per alcune ore.
«Gli ultimi dati Istat - spiega Lorenzo Gasparrini, segretario generale dell'associazione nazionale Domina - ci dicono che il lavoro domestico regolarizzato sta diminuendo, questo però non significa che sia calata la richiesta, le necessità degli italiani non sono cambiate, vuol dire solo che sono maggiormente in difficoltà. Il decreto Flussi, nel 2012/2013, ha aiutato l'emersione del nero, la mancanza di un'adeguata politica di sostegno alle famiglie però ha portato poi alla diminuzione dei contratti. Basta seguire l'andamento dei numeri negli anni per rendersene conto».
I NUMERI
Nel 2008 i regolarizzati in Italia erano 683mila, nel 2012 sono saliti a oltre un milione, si sono ridotti a 886mila nel 2016 e a 866mila lo scorso anno. «I lavoratori domestici, oggi, in Italia - dice Gasparrini - includendo gli irregolari, sono due milioni. La regione con il più alto numero di regolarizzati è la Lombardia. Segue il Lazio. Roma rimane la città con la maggior quantità di contratti. Il nero è diffuso soprattutto nel Centro-Sud e sta arrivando al Nord. Un aumento di casi si registra in Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana. E a Roma». Nel 2017 il nero è salito del 3%, pari a circa 36mila contratti. Così anche tra 2015 e 2016.
LA ZONA GRIGIA
A ciò si aggiunge la zona grigia di quanti dicono di essere stati regolarizzati per un numero di ore inferiore alle effettive. «Quando i lavoratori sono pagati in contanti, peraltro, i datori di lavoro non hanno modo di provare eventuali false accuse». Una realtà ben diversa da quella dei numeri ufficiali. «Il costo di una badante convivente è di circa 18mila euro l'anno, oltre a vitto, alloggio, internet, senza dimenticare le spese per adeguare le case. Solo l'8% dei pensionati potrebbe sostenere una spesa del genere. Appena l'11% delle famiglie ha un sostegno statale.
Così molti per garantire assistenza agli anziani, si indebitano. Per il 40% delle famiglie la spesa per il lavoratore domestico rappresenta tra 10 e 30% del bilancio mensile. Per il 33%, l'incidenza va dal 30 al 50%. E nel 2030 la popolazione over75 dovrebbe aumentare, passando dal 21 al 27%. Nei prossimi venticinque anni si stima una crescita del 30% nella richiesta di badanti. Quello che abbiamo chiesto e continuiamo a chiedere è la possibilità di una decontribuzione del 50% per le famiglie, almeno per i primi trimestri».
I costi alti degli stipendi per questo tipo di lavoro incidono pure sull'offerta. «Le donne rappresentano l'87% - conclude Gasparrini - e molte italiane si stanno riavvicinando al settore. Erano intorno al 22% lo scorso anno, sono il 25% quest'anno. Il fenomeno è particolarmente evidente al Sud, dove rappresentano il 40%. Molte sono giovanissime, hanno tra 25 e 35 anni e non mancano diciottenni che, uscite da scuola, lavorano spesso in nero e sottopagate per aiutare la famiglia».
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