DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA…
Marco Imarisio per âIl Corriere della Sera'
Anche se è quasi primavera il Terzo valico sta come d'autunno sugli alberi le foglie. Ci sono opere, grandi o presunte tali, che la precarietà ce l'hanno scritta nel destino. E non bastano i cantieri aperti, i finanziamenti già erogati e gli altri che forse stanno per arrivare, sulla linea ferroviaria da 57 chilometri che dovrebbe collegare per via breve Genova a Milano incombe sempre la nuvola dello scetticismo.
L'hanno sempre chiamata «l'altra Tav». Come accadde all'inizio dell'epopea della Torino-Lione, gli orologi della politica non sono sincronizzati a quelli dei cittadini. Mentre al ministero delle Infrastrutture si teneva l'incontro dedicato a un «monitoraggio» dell'opera destinato a durare fino all'estate, ieri alla periferia di Genova il signor Vittorio Calvini e la sua bicicletta venivano bloccati all'ingresso di una via dove era in corso l'esproprio di un terreno destinato alla costruzione di una strada per il cantiere della ferrovia. «Peccato che quel terreno fosse mio, e che la notifica mi sia arrivata soltanto lunedì, con preavviso minimo».
Il suo orto era l'unico pezzo che mancava al mosaico degli espropri in Valpolcevera. Non è la fine, bensì l'inzio di un'altra partita, quella dei ricorsi ai tribunali amministrativi. L'ultimo in ordine di tempo confida nel Regio decreto del 27 luglio 1934, che vieta di costruire in un raggio di 200 metri intorno ai cimiteri. Il camposanto di San Biagio, sulle alture alle spalle della città , è messo male. Fino a poco tempo fa i morti finivano in prefabbricati di cemento per carenze di tombe e gli smottamenti rendevano pericolosa la semplice consegna di un crisantemo al caro estinto. Adesso è l'ultimo baluardo contro l'area di stoccaggio della terra di scavo del Terzo valico, e quando verrà il momento a decidere sarà una questione di centimetri.
Anche qui, come nella Tav originale, la contestazione cresce appena ci si allontana dalla casella di partenza. Arquata Scrivia è Piemonte al confine con la Liguria, metà strada tra Genova e Alessandria. Sabato si terrà la prima marcia di protesta a valenza nazionale, almeno negli auspici degli organizzatori. E' qui che verrà portata la talpa destinata a scavare il tunnel del valico, è in questa zona che la protesta si è saldata a quella del movimento No tav originario.
La stessa bandiera, numeri e modi di resistenza attiva per ora diversi, nonostante qualche danneggiamento alle poche strutture esistenti, come avvenuto la scorsa notte alle recinzioni di un cantiere nell'entroterra genovese.
La grande differenza tra le due vicende è di natura politica. Se il fronte del no è ancora allo stato embrionale, il partito dei favorevoli non è proprio di granito e contribuisce di suo all'incertezza che grava sul Terzo valico. «Da Genova a Milano è giusto che le merci vadano in camion. In nessun altro Paese al mondo per fare 150 chilometri si va con le ferrovie».
Sono parole che non giungono da Arquata Scrivia, ma dall'università Bocconi. A pronunciarle durante un convegno non è stato mica il primo che passava, ma Mauro Moretti, amministratore delegato di Trenitalia, diretto interessato se mai ce n'è stato uno, e da sempre molto scettico sulla linea che dovrebbe collegare il porto di Genova alla Pianura Padana. Al netto di correzioni in corsa, la sua posizione è stata ribadita più volte e con sfumature diverse in altrettante occasioni pubbliche.
E' anche una questione di sguardo. Come tutti i genovesi, Claudio Burlando vede la sua città dal mare, e la trova chiusa da quegli Appennini che il terzo valico dovrebbe bucare. «Per noi è vitale. Dal Terzo valico dipende la sopravvivenza dei porti liguri, che da soli movimentano il 60% della merce italiana a destinazione via mare».
Ne sono consapevoli tutti, a cominciare dai portuali della Compagnia, fin dai tempi del console Paride Batini, esempio di sinistra dura e incontaminata. Dopo la mozione degli affetti e degli interessi, inizia il lavoro di diplomazia. Secondo il governatore della Liguria le frasi del capo di Trenitalia vanno lette in controluce. «Come tutti sappiamo, la ferrovia è forte sul lungo raggio, debole sul corto». Se il terzo valico è solo un passaggio per Milano, si tratta di corto raggio. Se invece è l'anello mancante per collegarsi all'alta velocità europea e andare su fino al porto di Rotterdam, allora cambia tutto.
Nella teoria ottica di Burlando si riflette anche un certo disappunto per lo sguardo «terrestre» delle istituzioni piemontesi, che a suo parere negli anni addietro avrebbero preso sottogamba la questione. In questo modo, è l'accusa neppure troppo velata, si è perso del tempo, alimentando in modo più o memo inconsapevole la protesta. La macroregione è ancora lontana. Il Terzo valico, pure. Nonostante le apparenze.
foto filippo facci notav mandano in prima linea i vecchietti No Tav scontri PROTESTE VAL DI SUSANO TAVMAURO MORETTI FS Claudio Burlando
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