RIUSCIRÀ MATTEO SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE…
Giuseppe Legato per “La Stampa”
I due paragrafi della lunga richiesta di arresto firmata dal procuratore di Perugia Raffaele Cantone sono collegati e seguono l’uno all’altro: numerati 13 e 14. E basterebbero i titoli per spiegare come l’articolata inchiesta su manager politici e vip spiati sia tutt’altro che conclusa.
Il primo recita: «I collegamenti di Striano con il Vaticano». Il secondo: «Possibili rapporti con i sistemi di sicurezza (i Servizi ndr)». È questo un fronte misterioso e ancora incompleto che però gli investigatori hanno deciso di percorrere partendo da quattro accessi effettuati dal tenente della Guardia di Finanza all’epoca in cui era in servizio alla Procura Nazionale Antimafia dove coordinava il gruppo Sos (Segnalazioni operazioni sospette).
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I nomi: Cecilia Marogna, Raffaele Mincione, Gianluigi Torzi e Fabrizio Tirabassi. Finanzieri, broker, funzionari amministrativi del Vaticano ed ex fonti dei Servizi segreti, tutti recentemente condannati, sui quali il principale indagato di Perugia avrebbe interrogato il terminale per conoscere dati anagrafici, redditi e catasto. Tutti personaggi coinvolti nell’inchiesta sul cardinale Becciu.
Striano li ha effettuati a partire da luglio 2019 quando cioè non vi era discovery sull’attività investigativa del Promotore della giustizia della Santa Sede. Sono dunque «di gran lunga antecedenti al primo atto di indagine» della giustizia inquirente pontificia ovvero alle prime perquisizioni datate 1 ottobre 2019, si legge agli atti.
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E non aiuta a normalizzare il quadro sempre più popolato di singolari coincidenze sapere che l’inchiesta era partita poco prima dell’estate seguita, il 5 luglio, da una disposizione di Bergoglio alla gendarmeria affinché utilizzassero i più ampi mezzi tecnologici per portare avanti gli accertamenti. La domanda sullo sfondo è semplice: chi ha chiesto al sottufficiale della Finanza di controllare questi nomi quando gli stessi erano ancora sconosciuti?
Cantone chiosa: «Questo ufficio sta svolgendo anche su questi accessi effettuati da Striano ulteriori approfondimenti, ritenendo che l’accesso non ricollegabile ad un’attività dell’ufficio sia, già solo per questo, privo di ragioni di servizio e dunque illecito».
Il collegamento con gli apparati di sicurezza
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Ma cospicue tracce del Vaticano si rivengono anche nel capitolo su possibili collegamenti «con gli apparati di sicurezza» altro punto di interesse per gli investigatori. La procura di Perugia cita – a corredo del titolo del paragrafo – un uomo in contatto con Striano «che percepisce – si legge – redditi dal comando generale dei carabinieri dal Comando Generale dei Carabinieri e Presidenza del Consiglio dei Ministri».
Chiede al tenente informazioni riservate su un monsignore che ha lavorato a lungo negli anni precedenti nella segreteria di stato della Santa Sede. Si chiama Giovanni Hermes Viale (non indagato): «Questo è un pezzo da novanta» dice Striano all’interlocutore nelle chat. Gli investigatori riferiscono «di un’anomala movimentazione costituita da rilevante operatività in contanti» sul conto corrente personale del prelato: «Tale operatività, inusuale e di critica tracciabilità, potrebbe assumere rilevanza in considerazione di alcuni pregressi coinvolgimenti del prelato in talune vicende riportate dai media».
Striano e il misterioso carabiniere parlano anche di alcuni «amici» che vogliono sapere se alcune ditte «da cui devono rifornirsi» sono «apposto». Un titolare ha precedenti penali «ma se “gli amici” ci offrono una bistecca glielo diciamo noi chi scegliere». Parlano dei Servizi? Di certo c’è che «il collegamento con …(il militare)…, pare essere riconducibile a rapporti con il Vaticano o comunque a richiesta di informazioni relative a soggetti, come Viale, che hanno rivestito ruoli di rilievo nello Stato Pontificio».
Il dietrofront di Crosetto
Intanto sempre i pm di Perugia hanno notato la stranezza «di alcune chat cancellate» dal telefono di Striano. «Inimmaginabile» che fonti con cui ha scambiato centinaia di file non abbiano avuto contatti di messaggistica.
Ergo: «Questo ufficio – scrive Cantone – ha delegato specifici accertamenti in ordine alla possibilità di recupero di eventuali chat cancellate. Tale dato potrebbe risultare da apposita interrogazione della società statunitense Meta, proprietaria e gestore dell’applicativo di messaggistica istantanea WhatsApp».
Infine ieri il ministro Crosetto è intervenuto sulla notizia di suoi “sospetti” che alcune informazioni finite ai giornalisti fossero uscite dagli apparati di Sicurezza. «L’idea stessa – ha detto – che la mia sfiducia riguardasse» i servizi «o i suoi vertici è più ridicola che falsa. Mi ero limitato a evidenziare al Procuratore capo di Perugia come una notizia (irrilevante e anche falsificata) apparsa su un quotidiano non potesse che provenire dall’interno dell’Aise, trattandosi di questioni secretate. Su questa vicenda, di cui avevo informato i vertici del comparto, ho poi avuto totale e piena cooperazione».
Eppure era stata la stessa procura di Perugia, nel capitolo relativo agli accessi abusivi effettuati da Striano su di lui (e da Crosetto denunciati) a spiegare come «il ministro ha rappresentato agli inquirenti le sue perplessità sulla possibile provenienza dell’informazione dall’interno degli stessi apparati di sicurezza».
CECILIA MAROGNAraffaele mincionePAPA FRANCESCO E IL CARDINALE BECCIU
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