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Da corriere.it
È morto lunedì mattina a Roma Massimo Fagioli, psichiatra dell’Analisi collettiva. Aveva 85 anni, era nato a Monte Giberto nel 1931, in provincia di Ascoli Piceno. L’annuncio della casa editrice L’Asino d’oro. Fagioli, autore di oltre 20 libri , era famoso in particolare per «Istinto di morte e conoscenza», il capolavoro teorico.
Scritto nel 1970, diffuso in decine di migliaia di copie, tradotto in molte lingue, il libro racchiude le scoperte fondamentali della Teoria della nascita, con la quale lo psichiatra ha rivoluzionato dalle fondamenta la conoscenza sulla mente umana, a partire dalla scoperta dell’origine biologica del non cosciente
La vita degli esseri umani ha un inizio e una fine, diceva Massimo Fagioli che alla ricerca sulla nascita e sulle origini del pensiero dell’uomo ha dedicato la vita intera. Sabato 18 febbraio, dalle ore 10, è previsto a Roma l’ultimo saluto allo psichiatra, in via Roma Libera 23 a Trastevere, dove per quarantuno anni ha tenuto i seminari di analisi collettiva, originalissime sedute di psicoterapia di gruppo, uniche nel loro genere, rivolte in modo gratuito e senza distinzioni a migliaia e migliaia di persone.
A Fagioli dedica un lungo ricordo il sito di «Left», la rivista per la quale dal 2006 lo psichiatra curava la rubrica Trasformazione. Medico specializzato a Modena in neuropsichiatra, Fagioli si era laureato all’Università di Roma in Medicina e Chirurgia, studi intrapresi per l’esigenza di comprendere la realtà psichica umana, oggetto di una ricerca iniziata fin dagli anni dell’adolescenza, dopo essere stato da ragazzino nelle Marche al fianco dei partigiani nella guerra di Resistenza e del padre medico di campo.
Giunto a Venezia, nell’antico manicomio dell’isola di San Clemente, ebbe lì il primo contatto con i malati cronici, le corsie bianche, l’elettroshock. Nelle vecchie cartelle cliniche della biblioteca scoprì che due parole prevalgono nelle descrizioni del malato di mente: «Stolido, anaffettivo». Dalle pratiche angosciose della psichiatria ottocentesca, che cercava risposte nei vetrini di sezioni del cervello, Fagioli passò poi all’ospedale psichiatrico di Padova.
Qui la prassi di una clinica raffinata e l’approccio di patologie gravi con metodi per l’epoca, all’avanguardia, oltre che con l’insulinoterapia, furono l’occasione per realizzare le prime esperienze di psichiatria attiva con gruppi di malati, che il giovane medico riuscì a portare fuori a passeggio in città, «abbattendo» i muri del manicomio.
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