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Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
Hanno combattuto corpo a corpo, i soldati della Delta Force che ieri notte hanno ammazzato in Siria Abu Sayyaf, «l’emiro del petrolio e gas» di contrabbando con cui si finanzia l’Isis. Nel loro mirino, però, c’era altro: forse lo stesso Abu Bakr al-Baghdadi, altri leader più alti in grado, o magari ostaggi americani di cui ancora non si sapeva che fossero stati rapiti.
Il blitz è partito venerdì notte da una base in Iraq, su ordine diretto del presidente Obama, dopo un paio di mesi di preparazione e raccolta di informazioni. Ha coinvolto oltre 100 uomini ed è stato preceduto da bombardamenti che hanno ucciso 19 militanti dell’Isis. Poi due dozzine di soldati della Delta Force, la segretissima forza speciale che compete con i Navy Seals per le operazioni più pericolose, sono saliti sugli elicotteri Black Hawk e gli aerei a decollo verticale V-22 Osprey, per dirigersi nella zona orientale della Siria dove si trovano i campi petroliferi Omar.
Il loro obiettivo era una palazzina di al Amr, un villaggio venti miglia a Sud di Dair az-Zour, nel cuore dei territorio controllato dal Califfo. Dovevano catturare o uccidere Abu Sayyaf, un tunisino conosciuto anche come Abu Muhammad al Iraqi e Abd al Ghani, che per l’intelligence era il «chief financial officer» dell’Isis, ossia l’uomo che faceva i soldi col traffico illegale di petrolio e gas.
CENTO UOMINI
Appena scesi dai loro mezzi, i soldati della Delta Force hanno aperto un varco nel muro del palazzo con l’esplosivo e sono entrati. Subito è cominciato il fuoco di risposta dei terroristi, che si sono nascosti dietro a donne e bambini, usandoli come scudi. «Abbiamo combattuto corpo a corpo», ha testimoniato una fonte americana. Abu Sayyaf andava catturato, ma ha cercato di colpire i soldati, che per difendersi sono stati costretti ad ucciderlo.
Hanno ammazzato anche una dozzina di militanti dell’Isis, dopo averli separati dai civili. La moglie di Sayyaf, Umm, è stata invece catturata, e una ragazza yazida di 18 anni, ridotta in schiavitù, è stata liberata. Umm è considerata una complice dell’Isis ed è stata rinchiusa in una base in Iraq, dove ora viene interrogata.
Gli incursori sono rientrati tutti prima dell’alba, e hanno portato via anche reperti archeologici, computer, telefoni e molte informazioni che ora l’intelligence sta valutando. Questo potrebbe essere il vero tesoro della missione, da cui scoprire nomi, apparati e funzionamento dello Stato islamico, per poi lanciare altri raid.
AL BAGHDADI NEL MIRINO?
Molti analisti, però, non sono convinti. Non pensano che Abu Sayyaf fosse un obiettivo così importante da rischiare un’operazione simile a quella lanciata per uccidere Osama bin Laden, mentre per eliminarlo sarebbe bastato un drone.
La prima ipotesi è che lo stesso Abu Bakr al-Baghdadi fosse presente, o comunque si potessero raccogliere informazioni chiave su di lui, perché Abu Sayyaf era in contatto diretto col Califfo e la moglie Umm è sua parente.
La seconda ipotesi è che la Delta Force si aspettava di trovare nella palazzina altri leader dell’Isis come il portavoce Abu Mohammed al-Adnani, oppure Abd al-Rahman Mustafa al-Qaduli, Tariq Bin-al-Tahar Bin al Falih al-’Awni al-Harzi, o il capo militare Tarkhan Tayumurazovich Batirashvili, su cui di recente gli Usa hanno messo una taglia complessiva di circa 20 milioni di dollari. La terza ipotesi è che Sayyaf gestisse anche gli ostaggi, oltre al petrolio, e quindi gli incursori erano in cerca di altri prigionieri americani finora non noti, o di informazioni per liberarli.
INFORMATORI SUL TERRENO
L’operazione di venerdì notte di sicuro segnala un cambio di passo, proprio mentre l’Isis sta conquistando Ramadi. È una risposta a questa avanzata, e forse anche un tentativo di impaurire la leadership e costringerla a fare mosse sbagliate. È poi la conferma che l’intelligence sul Califfato sta lentamente migliorando, anche grazie allo sviluppo di fonti interne da parte della Cia, e gli Usa sono determinati a usarla per scendere sul terreno a colpire gli obiettivi strategici.
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