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UN EX COMPAGNO DI CELLA DI MASSIMO BOSSETTI RACCONTA: “HA TENTATO IL SUICIDIO, L'ABBIAMO SALVATO PER MIRACOLO. TRE ANNI DI CARCERE CON QUASI 5 MESI DI ISOLAMENTO LO HANNO DISTRUTTO. ARRIVA AL PROCESSO STREMATO. HO PAURA PER LUI. VUOLE LA SUPERPERIZIA SUL DNA. È SICURO CHE QUEL PROFILO GENETICO NON SIA IL SUO…”

Anticipazione stampa da “OGGI”

 

COPERTINA OGGI - GIUGNO 2017COPERTINA OGGI - GIUGNO 2017

Vincenzo Mastroberardino, meccanico pavese e compagno di cella per dieci mesi di Massimo Bossetti, rivela a OGGI: «Tre anni di carcere con quasi 5 mesi di isolamento lo hanno distrutto. Arriva al processo stremato. Ho paura per lui. Vuole la superperizia sul Dna. È sicuro che quel profilo genetico non sia il suo. “Altrimenti”, me l’ha ripetuto mille volte, “sarei un pazzo a chiederla”. Se non la concedono, potrebbe fare una follia. Ci ha già provato e l’abbiamo salvato per miracolo».

massimo bossettimassimo bossetti

 

Alla domanda se abbia mai chiesto a Bossetti la verità, Mastroberardino risponde: «In carcere non si fanno domande. Non ne ho avuto bisogno. Massimo è un libro aperto. Quando parla ti guarda negli occhi. Non riesce a nascondere nulla, non ti volta mai le spalle. E quando non parla prega e piange affondando la testa nel cuscino. L’ho sentito piangere di notte e di giorno. Quando riceve le lettere della mamma e della sorella, quando guarda le foto dei suoi bambini che ha incollato alla parete della cella, quando parla di suo padre Giovanni… La sua angoscia sono i figli. Teme di perderli».

 

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E cosa fa in cella? Nell'intervista a OGGI, in edicola da domani, dice l'ex compagno di detenzione: «Legge, scrive molto e riceve tanta corrispondenza… Poi guarda la tv, non perde una trasmissione di cronaca e siccome in cella si ricevono solo quattro canali ci siamo fatti un’antenna artigianale che abbiamo infilato fra le sbarre della finestra. Aspetta le visite di Marita e cucina, con due piccoli fornellini: fa anche la polenta e soprattutto è molto bravo con i dolci. Ne prepara di squisiti. Ma la cosa migliore che mangiavamo era il salame bergamasco che gli fa avere Pietro, il suo grande amico».

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