DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Davide Lessi per “la Stampa”
Appena atterrato dagli Stati Uniti, fresco di visita al nuovo Eataly di Las Vegas, Oscar Farinetti non nasconde un senso di spaesamento. «Tra due mesi apriremo nel cuore di Parigi grazie a un partner d' eccezione, ovvero Galeries Lafayette», racconta. «Pensi che imbarazzo. Sarò costretto a chiedere scusa perché il gesto del vicepremier Di Maio non mi rappresenta e non possiamo permetterci atteggiamenti del genere». Da imprenditore, Farinetti, sa bene quale sarebbe il costo di un ulteriore deterioramento dei rapporti con la Francia, secondo partner commerciale dell' Italia. «Ma quello che mi preoccupa di più - confida - è l' assenza di una strategia. Non vedo in quest' Italia sovranista la capacità di guardare alle nostre due vere potenzialità: export e turismo».
Cosa pensa dell' escalation degli ultimi giorni tra Roma e Parigi?
«Il patriottismo si esprime mantenendo buone relazioni internazionali. Non puoi andare a incontrare i gilet gialli, un movimento in cui ormai è fortissima la componente radicale, se sei il vicepremier di un Paese. E poi non nego un certo imbarazzo...»
Imbarazzo in vista della prossima apertura di Eataly a Parigi?
«Sì, apriremo il 10 aprile e in questi giorni la stampa francese mi chiederà di commentare la crisi in corso. Intendo domandare scusa perché, da imprenditore, questi comportamenti del governo non mi rappresentano. Ma sono orgoglioso di sbarcare nel cuore della capitale, nel quartiere alla moda del Marais, grazie a un' intesa con i francesi di Lafayette».
Teme per le conseguenze economiche di questa crisi?
«Non possiamo permetterci di puntare tutto sul mercato interno. Vedo segnali scoraggianti in questo senso. Penso anche alla Tav o alle resistenze governative al Ceta, l' accordo di libero scambio tra Canada e Unione europea».
Lei si è schierato apertamente a favore della Tav. Il ministro Danilo Toninelli sostiene che non sia così importante andare a Lione...
«Non commento le affermazioni del ministro. Non conoscendolo preferisco non esprimere giudizi. Ma non capisco la necessità di fare l' analisi costi-benefici ora. Se l' avessimo fatta in passato forse non avremmo mai realizzato l'Autostrada del Sole. È un modo di fare politica "piccolo", provinciale, che non vede le potenzialità del nostro Paese: turismo ed export. E le esportazioni passano dalle infrastrutture, come la Tav, e dagli accordi commerciali».
Come il Ceta?
«Sì, non è pensabile metterlo in discussione. Noi apriremo Eataly a Toronto confidando anche a quell' accordo di libero scambio. E l' Italia, da quando è in vigore l' intesa, ha aumentato le sue vendite del 9% in Canada».
Qualche mese fa si era detto ottimista sullo stato di forma delle imprese italiane, dopo gli ultimi dati sulla produzione industriale (-5,5% a dicembre, secondo l' Istat), lo è ancora?
«Sì, perché l' imprenditoria che esporta sta bene. Quello che mi preoccupa semmai è il clima di sfiducia che si respira in Italia. Una sfiducia che non fa bene a chi vuole fare impresa. L' occupazione non la crei per decreto ma costruendo un ambiente favorevole per chi investe».
A proposito di decreti, come valuta il cosiddetto reddito di cittadinanza?
«Non nego che il problema della povertà vada affrontato. Ma sono preoccupato dal metodo. Chi ci assicura che tale sussidio sarà dato a chi veramente ne ha bisogno? La politica per rilanciare un Paese non può passare solo dal reddito di cittadinanza».
Il consenso al governo, per i sondaggi, regge. Non crede che il problema sia anche l'assenza di un' alternativa?
«Certo. All' opposizione manca una leadership chiara. Vedremo chi vincerà le primarie del Pd: stimo sia l'amico Martina che Zingaretti. Io e mia moglie ci metteremo d' accordo: uno voterà il primo, l' altro il secondo».
E cosa pensa del manifesto europeista di Calenda in vista delle Europee?
«Non vedo l' ora di discuterne con lui venerdì prossimo nelle Langhe, quando verrà a tenere un intervento nella nostra fondazione. Presente e futuro dell' Italia sono e devono rimanere in Europa».
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