DAGOREPORT - COSA POTREBBE SUCCEDERE DOPO LA MOSSA DI ANDREA ORCEL CHE SI È MESSO IN TASCA IL 4,1%…
Marco Zucchetti per il Giornale
Una delle ingiustizie più lancinanti della storia, persino peggiore del mancato Pallone d' Oro a Franco Baresi, è che nessuno abbia ancora insignito il Negroni del Nobel per la Pace. D' altronde, se l' ha vinto Obama per aver precipitato mezzo mondo nel caos, perché non darlo anche al cocktail che da un secolo riesce a mettere d' accordo tutti?
Perché non c' è classifica che tenga. Le lande desolate che noi indegnamente abitiamo sarebbero ancor più inospitali se il Conte Camillo nel 1920 non avesse fatto versare del robusto gin nel suo Americano. Regalando così a se stesso pomeriggi estatici al Caffè Casoni e a noi meschini discendenti una certezza granitica per ogni voglietta alcolica.
Che poi cos' è il genio, per citare Amici miei? È fantasia, intuizione, decisione e velocità d' esecuzione. Oppure 1/3 di gin, 1/3 di Campari bitter, 1/3 di vermut rosso e ghiaccio. Nulla di più elementare, l' invenzione della ruota: un cocktail che anche un analfabeta alcolico potrebbe replicare. Chi lo dice che la perfezione è complicata? In fondo il whisky è orzo annegato nell' acqua e lasciato in quattro assi di legno eh...
NEGRONI SBAGLIATO MIRKO STOCCHETTO
Insomma, inutile discutere o mettere ai voti, il mito non è democratico e il Negroni è unico e universale per mille motivi. Col suo vermut dolce piace alle donne ma non è svenevole come una caipiroska da diabete fulminante; col virile gin vellica il gusto maschile ma non scartavetra l' esofago come certe pozioni da discoteca dai nomi marziali tipo il B52 o AK47 (che già l' idea di bere un kalashnikov è da ricovero o da corte marziale...).
È magnifico all' aperitivo circondato da arachidi come Giove dalle sue lune, che poi a tavola sbraneresti anche il polpaccio al cameriere. È intrigante dopocena, quando l' alternativa di un miserabile Cuba Libre già ti avvia alla depressione; è creativo per il relax pomeridiano, quando la birretta non ti va, che gonfia.
Fa il suo dovere con chi cerca sballetti innocenti, perché a parte l'arancia nel bicchiere tutto è alcolico e dopo il terzo - se non guidi - la vita ti arride. Ma delizia anche il raffinato gourmand che studia i sapori come un entomologo le mosche e bilancia sempre amaro, dolce e secco.
Magari disquisendo se la ricetta perfetta abbia Martini, Carpano o il delicato Cocchi, il Tanqueray o Plymouth gin. Comunque non un gin esagerato tipo Hendricks o Gin Mare, che poi ti pare di avere un orto botanico sotto il naso.
Il Negroni scalda il cuore del conservatore nazionalista con la sua anima italiana e futurista dal cuore di Campari, ma strizza l' occhio pure al vecchio compagno che in fondo a quel bicchiere rosso scuro ci vede l' ultima lacrima di passione socialista, sempre che il Mojito di Fidel non sia disponibile...
Si potrebbe continuare per sempre, perché la verità è che il Negroni mette allegria. Sarà per l' arancia, per quel senso di Natale fuori stagione, per l' incanto del ghiaccio che sciogliendosi disegna scie e vortici nel vermiglio del bicchiere: ognuno nel Negroni ci trova la sua magia.
Perfino l' astemio, che per un momento - guardando i soddisfatti avventori ordinarne un altro - intravvederà la grande verità di Eduardo Galeano: «Siamo tutti mortali fino al primo bacio e al secondo bicchiere». Meglio se di Negroni.
2. ECCO PERCHE’ IL NEGRONI NON E’ MAI SBAGLIATO
Maurizio Bertera per il Giornale
Per gli addetti alla mixology e gli appassionati di cocktail, il magazine Drinks International ha lo stesso peso che vanta la Guida Rossa Michelin per i cuochi e i gourmet: si può discuterne contestarne il metodo ma fa testo. Ecco perché l' Italia alcolica deve andare orgogliosa che nella prima classifica dei migliori cocktail al mondo, la sua espressione più rappresentativa il Negroni sia stato superato solo dall' Old Fashioned, simbolo della «scuola» anglosassone, basata sul Bourbon.
NEGRONI SBAGLIATO MIRKO STOCCHETTO
Per la cronaca, il nostro portacolori ha messo in fila Manhattan, Daiquiri e Martini Dry che bene o male qualcosa di tricolore può vantare. La top ten è completata da Whiskey Sour, Margarita, Sazerac, Moscow Mule e Mojito, che qualcuno attribuisce nella versione «rozza» a Sir Francis Drake. Invece, il Negroni quello originale - è nato a Firenze ed è legato a Camillo Negroni, personaggio eclettico della nobiltà locale: vero uomo di mondo con soggiorni tra Londra e gli Stati Uniti dove aveva fatto anche il cowboy per un breve periodo.
A dire il vero, i personaggi sono due, perché insieme al conte, a cui ovviamente si deve il nome del mito, c' è anche un barman (meglio sarebbe definirlo «assemblatore») quale Fosco Scarselli. La storia inizia a fine 800, nei raffinati caffè fiorentini, ed è giusta farla raccontare a Luca Picchi, bartender del Café Rivoire a Firenze e autore del libro «Negroni cocktail, una leggenda italiana»(Giunti). «Stufi di bere vermouth o bitter nel tardo pomeriggio, tra i gentiluomini prese piede la moda di consumare una combinazione tra i due prodotti, ancora oggi molto apprezzata: l' Americano» scrive Picchi.
Il cerchio (magico) si chiuse alla Bottega Giacosa, in via de' Tornabuoni 83. «È proprio qui che in un giorno imprecisato, ma tra il 1917 e il 1920 continua il conte chiese a Fosco di irrobustire il suo solito Americano. La scelta cadde sul gin che avrebbe notevolmente alzato il grado alcolico, senza tuttavia variarne la tonalità del colore rosso.
Da un lato si aggiunse al drink una piacevole sensazione secca e pulita, dall' altro lo si esaltò con lo straordinario e inconfondibile gusto amarognolo del ginepro». Così per qualche tempo, il mix divenne «un Americano alla maniera del conte Negroni», ma ben presto il suo nome fu semplicemente «Negroni». Curioso che il più nobile dei cocktail sia uno dei pochi «internazionali» con una storia certa e una composizione mai messa in discussione.
Ovvero un terzo di gin, uno di Bitter Campari e un' altro di Vermouth Rosso, miscelati in un bicchiere old fashioned con tanto ghiaccio e una fetta di limone come decorazione (o arancia, al massimo). Ed è anche quello che ha resistito a tutte le mode e tutto i cambiamenti del bere miscelato.
Forse perchè è facile da preparare, facile da ricordare e facile da ordinare in tutte le lingue. Peraltro, a partire dagli anni '50, anche questo cocktail ha cominciato a fare i conti con le novità. Ha avuto tante varianti ma tutte senza modificare (o quasi) il concetto e la forza del Negroni originale.
La prima importante nacque a Roma in pieno Giubileo, quando il barman dell' Hotel Excelsior decise di dedicare un cocktail a un cardinale che in alcune occasioni sceglieva proprio quel posto per il suo Negroni. Sostituì il Martini rosso con il Dry e chiamò la nuova versione Cardinale. Indubbiamente, la variante più famosa è il Negroni Sbagliato, creata dal famoso barman Mirko Stocchetto (scomparso lo scorso novembre), che la preparò al Bar Basso di via Plinio a Milano, negli anni '60.
La celeberrima sostituzione del gin con spumante brut non fu studiata: Stocchetto, in realtà, prese una bottiglia per un' altra e pensando di versare il primo come da ricetta canonica - aggiunse il secondo. Il risultato però piacque subito ai frequentatori abituali, poi ai clienti di passaggio che ne diventarono testimonial. Ecco perché «lo Sbagliato» ha avuto quasi la stessa fortuna del Negroni originale ed è stato esportato ovunque. Ma diciamo la verità: perché davanti all' aggettivo c' era quella parolina magica.
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