DAGOREPORT - COSA POTREBBE SUCCEDERE DOPO LA MOSSA DI ANDREA ORCEL CHE SI È MESSO IN TASCA IL 4,1%…
1. L’AMICO DELL’ASSASSINO: “ENTRAVA CON IL TESSERINO DA AGENTE IMMOBILIARE”
Fabio Poletti per "La Stampa"
Signor Ermenegildo Gabrielli, ma davvero non aveva capito che Claudio Giardiello faceva sul serio quando le diceva «li ammazzo tutti, mi hanno rovinato la vita...»? Lei era suo amico da dieci anni. Nel suo negozio di brocantage qui in centro veniva quasi tutti i giorni. Lei lo conosceva bene...
«Claudio che conoscevo io era un brav’uomo, non avrei mai pensato che mettesse in pratica quello che diceva. Era ossessionato dalle sue vicende giudiziarie, dalle liti coi soci. Mi dispiace, mi dispiace tanto per lui e per le persone che ha ucciso».
CLAUDIO GIARDIELLO ARRESTATO A VIMERCATE
A lei aveva detto proprio tutto dei suoi propositi...
«Passava sempre dal mio negozio di brocantage. Aveva l’ufficio qui vicino, in via Mercato. Qui da me si sfogava a lungo... A volte si infervorava, parlava per ore... Anche se è più di un anno che non lo vedevo. Chissà cosa avrà fatto...».
Avrà preparato nei dettagli la strage.
«Aveva tutto in mente. Mi diceva della pistola, del sistema che aveva escogitato per entrare in Tribunale».
Aveva trovato il metodo per eludere i controlli?
«Mi diceva che quando gli toccava andare in Tribunale non amava fare le code. Che gli bastava essere ben vestito per entrare dove passano gli avvocati. Mi spiegava: “Sai Gildo, gli faccio vedere il mio tesserino da agente immobiliare e nemmeno lo guardano...”».
Tutto pianificato nei dettagli. Quasi impossibile non credergli tanto era preciso...
«Ma il Claudio che ho conosciuto io è un uomo simpatico, elegante. Dieci anni fa abbiamo fatto una vacanza a Cracovia. Me lo aveva presentato il mio amico Mauro che fa il tassista. Abbiamo legato subito. Sono stato a casa sua. Ho conosciuto sua moglie e i suoi figli. Lui veniva da me in campagna nell’Oltrepò Pavese. Mi ha fatto conoscere anche la sua ultima fidanzata, una filippina un po’ più giovane di lui».
CLAUDIO GIARDIELLO CON LA FIGLIA
Un uomo per bene.
«Aveva un sacco di soldi. Teneva in tasca le banconote a rotoli. Una volta mi ha detto che aveva vinto 900 mila euro al casinò di Campione».
Nessuna preoccupazione?
«All’inizio no. L’attività gli andava alla grande. Mi aveva portato anche a vedere le villette a schiera che aveva costruito a Legnano. Sette o otto anni fa ha iniziato a lamentarsi. Mi diceva che suo nipote gli fregava i soldi. Che aveva venduto le villette senza dargli niente. “Gildo, mi chiedono i soldi da mettere nella società ma io non ho più niente... Siamo per avvocati ma anche quelli costano...”».
E poi?
INGRESSO DEL TRIBUNALE DI MILANO
«Poi ha iniziato a dirmi che li voleva uccidere tutti. Mi ha fatto l’elenco: il nipote, gli altri soci e soprattutto il commercialista. “Gildo, quello è il peggiore di tutti”».
E lei?
«Pensavo che fosse solo uno sfogo. Gli dicevo che così avrebbe passato gli ultimi anni in galera. Invece poteva ricominciare a lavorare, era bravo, ci sapeva fare. “Gildo ma non capisci, quelli mi hanno rovinato, la mia vita è finita”. Era così disperato che ogni tanto mi chiedeva dei soldi. Gli avevo comperato un paio di candelabri di argento, un mobile, per aiutarlo. Una volta mi chiese 800 euro per comperare una pistola».
INGRESSO DEL TRIBUNALE DI MILANO
Lei glieli diede?
«Pensavo che gli servissero ad altro. Poi mi raccontò che quello che gliela avrebbe dovuta vendere, uno di Torino, lo aveva raggirato».
Alla fine la pistola è riuscito a trovarla.
«Aveva scoperto che chiedere la licenza di tiro sportivo non sarebbe stato difficile. Era ossessionato ma come credere che lo avrebbe fatto davvero?».
Ha ucciso anche un giudice. Poi avrebbe continuato
«Diceva che dopo suo nipote e i suoi soci a rovinarlo ci avevano pensato i giudici. “Gildo hanno messo all’asta il mio ufficio di via Mercato. Vale 2 milioni di euro e l’hanno messo all’asta per 400 mila. Ma come faccio io? Ci vorrebbero dei bravi avvocati, ma quelli costano...”».
METAL DETECTOR - TRIBUNALE DI MILANO
E lui non aveva più un euro.
«Doveva vedere che faccia aveva quando mi chiedeva i soldi. “Gildo non mi aiuta nessuno...”. Era diventato un’ossessione continua. A furia di pensarci per anni poi ha fatto quello che ha fatto. Ma lei lo scriva che Claudio era un brav’uomo. A me dispiace tanto per quello che ha fatto a quelle persone che ha ucciso, alle famiglie che ha rovinato. Ma io non avrei mai pensato che sarebbe stato capace di fare quello che diceva».
2. GIARDIELLO, IL KILLER DEL TRIBUNALE: LE OSSESSIONI TRA FALLIMENTI, CASINÒ, VOLI IN JET PRIVATO E TIRI AL POLIGONO
Andrea Galli e Gianni Santucci per il "Corriere della Sera"
Anno 2007, quattro amici, Milano-Cracovia, due arrivano in tempo all’aeroporto di Bergamo e si imbarcano, gli altri sono in ritardo e perdono il volo. Sera di quel giorno: i primi due amici si sono sistemati in un albergo a cinque stelle nella città polacca e vedono comparire gli altri, «ma come avete fatto? Non c’erano più voli...». Alzata di spalle, sorriso di chi la sa lunga. «C’è sempre una soluzione». Avevano affittato un piccolo jet privato, un aero-taxi. Uno dei due ritardatari era Claudio Giardiello.
LE TASCHE GONFIE DI SOLDI, POI I FALLIMENTI
Le tappe della sua ossessione restano scolpite in immagini come questa. Nel passato di serate nei ristoranti più cari e di cene pagate con 3 mila euro in tasca. Un tipo da soldi cash . Che negli ultimi anni s’è ritrovato senza il sorriso da spaccone al cospetto degli amici: «Mi dispiace, sono in difficoltà, avresti 300 euro?». Oppure: «Posso prendere il tuo motorino? Vado in tribunale e giuro che te lo riporto». Da immobiliarista con il conto in banca gonfio a ex immobiliarista con un fallimento addosso. Negli ultimi tempi, al fondo della deriva, ormai poteva permettersi solo il lusso dei pochi spicci alle slot machine, nei bar dei cinesi a Cologno Monzese.
pagine facebook dedicate a claudio giardiello
E siccome Giardiello le case le costruiva e le vendeva, la storia del suo disastro umano ed economico gli si presentava ancora davanti: l’appartamento dove vive la moglie, a Brugherio, si trova in un palazzo che aveva tirato su proprio un’azienda di cui era socio. E poi c’è la casa di Milano, in via Mercato, pieno centro. Giardiello ce l’aveva fisso in testa e continuava a passarci sotto e osservava afflitto le grandi vetrate luccicanti dicendo agli amici: «Lo sai quanto vale? Te lo dico io, più di due milioni di euro. Se quando sono andato in difficoltà me l’avessero fatto vendere, avrei messo a posto buona parte dei debiti. Invece hanno dichiarato il fallimento e quella casa è andata all’asta, qualcuno se l’è portata via per un quarto del valore e adesso sono rovinato».
UNA MANIA DI PERSECUZIONE CONTRO I MAGISTRATI
spari al tribunale di milano 4
Parole, tante parole che sfociavano sempre su un obiettivo: i giudici. Dal 2008 era un imputato per bancarotta fraudolenta, ma cullava una mania di persecuzione con i magistrati responsabili: «Li odio» diceva e scandiva. «Non sono umani, se quel giudice fosse stato umano mi avrebbe dato la possibilità di salvarmi. Non l’ha fatto. M’ha voluto affossare». Per anni ha impastato nella testa queste frasi col rancore. Giovedì mattina ha aperto la stanza 250 al primo piano del tribunale e ha sparato al giudice Fernando Ciampi, seduto alla sua scrivania.
Per ognuno dei morti Giardiello aveva pronta una narrazione deviata. E anche qui, di nuovo, tutto ruotava intorno a un’impresa di costruzioni. Un giorno di qualche anno fa portò un suo amico fino a Melegnano, in macchina lo fece sfilare davanti a una quindicina di villette a schiera, erano state costruite da un’azienda in cui Giardiello era socio, due erano già abitate: «Sul mercato stanno sui 6-700 mila euro. Quei bastardi le hanno vendute sottobanco, senza farmelo sapere; si sono intascati i soldi. Ma quando c’erano le perdite, venivano a chiedermi di ricapitalizzare».
spari al tribunale di milano 5
La rete di quei soci, che facevano girare ricchezza (in chiaro e in nero), s’è distrutta in una serie di denunce e accuse incrociate: al centro della lista di obiettivi Giardiello aveva messo però il nipote Davide Limongelli, 41 anni, il primo a cui ha sparato (e che si è salvato). «Lo sai che lo devo ammazzare?» ripeteva all’amico Gildo Gabrielli. «Finirà così perché mi hanno truffato e imbrogliato. Dovrò ammazzare lui e poi i giudici».
UN PIANO STUDIATO A FONDO
spari al tribunale di milano 1
Sembravano sfoghi, deflagrazioni di rabbia. Fino a qualche mese fa sembrava che Giardiello volesse provare a salvarsi per vie legali. Denunciava ed era sempre in Tribunale, con un’insistenza paranoica. Le sue frequentazioni al poligono di Milano erano aumentate. Provava la mira, ripeteva i movimenti. Preparava l’epilogo. Con metodo, insistenza. Come sua abitudine. Non è mai stato un uomo da toccata e fuga. S’addentrava piuttosto nelle passioni, nelle manie, ci affondava. Al casinò di Campione d’Italia, per esempio. Cliente così assiduo delle roulette da guadagnare il privilegio dell’accesso al banco fidi, dove in cambio delle fiches e in assenza di garanzie vanno sulla fiducia e chiudono un occhio.
Le leggende tramandate dagli amici raccontano d’una vincita esagerata al casinò, un miliardo delle vecchie lire. Le più concrete cronache giudiziarie dicono che una volta a Campione, dopo una perdita, incolpò la casa da gioco. Diede di matto. Lo portarono fuori a forza. Forse li ringraziò. Come giovedì con i carabinieri che l’hanno arrestato: «Meno male che mi avete preso, stavo per ammazzarne un altro». Le ultime frasi. In carcere Giardiello resta zitto. Non ha televisione, non ha i giornali. Rifiuta il cibo. Lo sorvegliano ventiquattro ore al giorno. Per timore che completi il piano: infine uccidersi.
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