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Giampiero Rossi per “il Corriere della Sera”
Licenziamento confermato per la dipendente dell' Ikea che, un anno fa, si era presentata in reparto a un orario diverso da quello che le era stato assegnato. Lo stesso giudice del lavoro ha confermato la decisione già presa nel provvedimento d'urgenza con cui aveva respinto - nel novembre 2017 - il ricorso della donna contro un provvedimento aziendale «discriminatorio».
Nel nuovo dispositivo giudiziario si legge che «i fatti disciplinarmente rilevanti contestati dalla datrice di lavoro sono pienamente confermati» e che i comportamenti della lavoratrice erano stati «di gravità tali da ledere il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore». Ma la Filcams Cgil annuncia ricorso in appello.
Quando tutto è cominciato, a cavallo dell'estate dell' anno scorso, Marica Ricutti, oggi quarantenne, lavorava all'Ikea da 17 anni. Separata, due figli, uno dei quali disabile, fino a quel momento era riuscita a barcamenarsi, conciliando i turni di lavoro con quelli di assegnazione dei bambini, potendo contare anche sull'anziana madre e sui permessi previsti dalla legge 104, per i lavoratori che devono assistere familiari con disabilità. Poi è arrivato il cambiamento di turno.
«Avevo spiegato tante volte che per me sarebbe stato impossibile gestire i bambini con il primo turno - racconta Marica Ricutti - ma ogni responsabile mi rimbalzava verso un altro. E lo stesso è accaduto con la rappresentante sindacale, alla quale nel frattempo mi sono rivolta. Avevo detto che potevo tranquillamente fare l'apertura il lunedì mattina, ma possibilmente a seguito dei fine settimana di lavoro, perché erano quelli in cui i figli stavano con il padre».
In quel periodo la lavoratrice somma diverse assenze - tra ferie, permessi, malattie - ma arriva il giorno in cui il nuovo ordine di servizio compare sul tabellone. «La rappresentante sindacale mi ha detto che la questione era ancora aperta perché non avevano avuto ancora l'incontro richiesto - ricorda - e mi ha suggerito di continuare a presentarmi ai soliti orari».
Così, per due giorni si presenta in reparto regolarmente ma in base alla vecchia turnazione. Lavora per otto ore, ma nascono discussioni con i superiori e a un certo punto lei sbotta e volano parole pesanti. E poco dopo arriva la lettera di licenziamento che ieri ha trovato conferma in tribunale.
«I fatti disciplinarmente rilevanti e contestati dalla datrice di lavoro a Ricutti sono pienamente confermati e la difesa della ricorrente non ha introdotto ulteriori elementi per modificare il giudizio quanto alla proporzionalità del provvedimento espulsivo», scrive il giudice che considera anche «l'insubordinazione verso i superiori accompagnata da comportamento oltraggioso» per la frase «mi avete rotto i c...».
È vero che tutto nasce da «obiettive difficoltà familiari e lavorative», ma il licenziamento resta. «La decisione rafforza e riconosce che Ikea ha avuto con Marica Ricutti un comportamento corretto e rispettoso della legge - commenta l'avvocato dell' azienda, Luca Failla -. Questa sentenza, per la seconda volta, smentisce le speculazioni e le ricostruzioni di parte».
Ma il segretario della Filcams Cgil milanese, Marco Beretta, annuncia ricorso in appello «perché rimaniamo convinti che il licenziamento sia un atto sproporzionato e ingiusto». Anche Marica Riccuti affida le sue speranze al secondo grado di giudizio: «Ho due figli e un mutuo, ho bisogno di lavorare - dice - e anche all'Ikea sanno che per 17 anni l'ho fatto senza mai ricevere un richiamo».
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