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GIULI, C’HAI ROTTO IL CLOUD! IL MINISTERO DELLA CULTURA PENSA A UNA TASSA AD HOC SUL CLOUD (SPAZI DI ARCHIVIAZIONE E DI MEMORIA CHE USIAMO PER CONSERVARE DOCUMENTI E IMMAGINI) - I DAZI USA NON C’ENTRANO NULLA. IL MINISTERO VUOLE AGGIORNARE LE TARIFFE PER RICONOSCERE UN COMPENSO ALLE OPERE AUDIO E VIDEO TUTELATE DA DIRITTO D’AUTORE – RISCHIO STANGATA PER I CONSUMATORI, LE ASSOCIAZIONI SUL PIEDE DI GUERRA. SI SPACCA ANCHE CONFINDUSTRIA…
Mila Fiordalisi per www.editorialedomani.it - Estratti
C’è una nuova “tassa” che rischia concretamente di abbattersi sui consumatori italiani: quella sul cloud, ossia sugli spazi di archiviazione e di memoria che oramai usiamo in abbondanza per conservare documenti e immagini. E qui i dazi Usa non c’entrano un bel niente.
Nella bozza del decreto del ministero della Cultura che aggiorna le tariffe (la cadenza è triennale) per la cosiddetta “copia privata” – ossia l’importo forfettario applicato sui dispositivi tecnologici per riconoscere un compenso alle opere audio e video tutelate da diritto d’autore – per la prima volta entrano nel “paniere” il cloud e addirittura i dispositivi tecnologici rigenerati, quelli usati e rimessi in vendita.
Una decisione dovuta, secondo il Mic all’evoluzione tecnologica e alle nuove abitudini dei consumatori che per l’appunto utilizzano sempre di più il cloud per conservare opere e dati in formato digitale. Non solo: l’importo già applicato da anni sull’acquisto di cellulari, computer, tablet, chiavette usb, cd, dv, hard disk, tv e decoder con funzione di registrazione stando al nuovo tariffario subirà un rincaro nell’ordine del 20%. Ad oggi vale oltre 150 milioni di euro l’anno l’introito per la Siae, di cui 10 milioni incassati dalla Società degli editori in qualità di gestore del servizio.
A lanciare per prima l’allarme, già durante l’estate, sul rischio concreto di una stangata per i consumatori è stata l’Asmi, l’Associazione nazionale supporti e sistemi multimediali in occasione dell’avvio della consultazione da parte del Mic: «L’aumento graverebbe totalmente sui consumatori, determinando incrementi di oltre il 50% dei prezzi, già ora gravati da una tassa esorbitante che spesso supera il valore del bene e mettendo a rischio la sostenibilità delle imprese e la competitività del settore nel mercato nazionale», ha denunciato l’Associazione segnalando che ci saranno danni anche a carico di editori e autori poiché «l’aumento delle tariffe produrrà un’ulteriore diminuzione delle vendite nel mercato legale».
In Confindustria addirittura si è spaccato il fronte. Confindustria Cultura appoggia la linea del governo: «L'adeguamento dei compensi per le riproduzioni personali a scopo privato di opere dell'ingegno è un atto dovuto dalla legge ed è finalizzato a sostenere la cultura di questo Paese e i lavoratori del settore. Come succede ovunque in Europa», dichiara il presidente Luigi Abete nel sottolineare che in Italia il compenso per copia privata pro capite ha un valore di 2,3 euro, al di sotto della media europea pari a 2,5 euro, con la Francia a 4,1 euro e la Germania a 2,9 euro.
In totale dissenso l’associazione di viale dell’Astronomia che rappresenta la filiera dell’Ict, ossia le aziende tecnologiche e del digitale, Anitec-Assinform secondo cui “il paradosso è servito” tenendo conto del fatto che il numero di copie private continua costantemente a diminuire.
IL CLOUD COMPUTING DA THE INDEPENDENT
«I diritti degli autori sono imprescindibili e non sono in discussione. Ma l’istituto del compenso per copia privata, nato in un’era analogica, oggi appare del tutto anacronistico – dice il presidente Massimo Dal Checco – Chiediamo con forza l’abolizione di qualsiasi aumento tariffario e l’eliminazione del compenso sul cloud storage, che non appare conforme al quadro normativo vigente».
Contrarie all’aumento delle tariffe e all’estensione al cloud l’associazione Aiip (Internet provider) e quella di Confcommercio Assintel (imprese Ict) che in una nota congiunta sostengono che «estendere il compenso ai servizi cloud ha il rischio concreto di rallentare la digitalizzazione del Paese e penalizzare le pmi italiane, spina dorsale del tessuto produttivo».
Per le due associazioni oltre al danno la beffa considerando che al momento dell’acquisto di prodotti hardware (con i quali poi si accede al cloud, ndr) è già previsto l’importo per la copia privata. «Estendere la tassa anche allo storage remoto significherebbe imporre un doppio prelievo a danno di cittadini e aziende che usano il cloud soprattutto per contenuti autoprodotti o attività professionali, non per opere soggette a diritto d’autore».
(…)
In casa Confcommercio appello anche da parte dell’Andec (importatori e produttori di elettronica civile): «Nessuno oramai genera copie permanenti di opere tutelate dal diritto d’autore per il proprio utilizzo personale, dal momento che l’accesso ai contenuti avviene ora attraverso canali streaming che consentono all’utente di acquisire il diritto a fruire dell’opera stessa».
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