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Luigi Grassia per “la Stampa”
Meno spese per l’abbigliamento, i mezzi di trasporto e l’arredamento, e invece più spese per le telecomunicazioni, il tempo libero e le vacanze. Sono questi, in sintesi, i principali risultati che emergono dall’analisi dell’Ufficio studi di Confcommercio sui consumi delle famiglie italiane fra il 1995 e il 2015.
Non si tratta solo di curiosità statistiche, e non c’è solo un significato economico da scoprire: osservando come sono cambiati i consumi vediamo anche come è cambiata la società italiana, come sono cambiati gli interessi delle persone, e al riguardo il boom delle telecomunicazioni è molto significativo: addirittura +193% le spese in vent’anni, quasi triplicate.
Interessante anche osservare che in vent’anni in Italia c’è stata una crescita complessiva dei consumi del 10%, nonostante il fatto che alcuni di questi vent’anni siano stati di crisi economica dura. In realtà abbiamo attraversato tre fasi: una crescita dei consumi del 19% fra il 1995 e il 2007, poi un tracollo del 7,6% dal 2008 al 2014, anno in cui (finalmente) c’è stato un piccolo rimbalzo (+0,3%) destinato a proseguire nel 2015, quando viene stimato un ulteriore +0,9%.
CROLLO DEI CONSUMI SI COMPRA MENO CARNE jpeg
Questo porterà la spesa media pro-capite a 16.484 euro, ancora molto inferiore a quella del 2007, anno di massimo benessere in Italia (18.397 euro). Per il 2015 la Confcommercio prevede che le voci di consumo più dinamiche saranno gli apparecchi telefonici (+7%), i servizi alberghieri e di alloggio (+4,6%), i servizi di trasporto (+3,7%) e i pasti fuori casa (+3,1%).
Tornando al confronto ventennale, l’Ufficio studi di Confcommercio dice che le spese per l’abbigliamento sono diminuite dell’8%, quelle per i mezzi di trasporto del 18,2%, quelle per i mobili e gli articoli di arredamento addirittura del 28% (e questa è anche una conseguenza indiretta del crollo del mercato immobiliare negli anni della crisi: se si comprano poche case si riducono anche le occasioni di ammobiliarle). Ma la crisi si vede anche dalla spese per l’alimentazione domestica tagliate del 14%.
Risulta anche che gli italiani in vent’anni hanno imparato a spendere meno per i beni e più per i servizi: la domanda di servizi è cresciuta in termini reali di oltre il 21% dal 1995 a oggi e questo si è riflesso in una costante crescita della quota di spesa delle famiglie per questa voce, passata dal 43,6% del totale dei consumi nel 1995 al 52,6% nel 2014. La tendenza corrisponde «all’emergere di nuovi bisogni connessi alla ricerca del benessere da parte dei cittadini».
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