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''HARDCORE!'', AL CINEMA COME IN UN VIDEOGIOCO: GENIALATA O CAZZATA? – PRIMO FILM CON LE IMMAGINI TUTTE IN SOGGETTIVA GIRATE CON LE GO-PRO: UNA PELLICOLA SPARATUTTO PENSATA COME UN VIDEOGAME, DOVE IL PROTAGONISTA NON SI VEDE MAI

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1 - CINEMA VIDEOGAME -“HARDCORE!”, COSÌ CAMBIA L’OCCHIO DELLO SPETTATORE

Roberto Nepoti per “la Repubblica”

 

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PER l’uscita di Hardcore! (dal 13 aprile in 300 sale italiane) la promotion ha scelto una frase a effetto: «Ogni generazione ha un film che cambia tutto per sempre». A sforzare un po’ la memoria non è la prima volta che la sentiamo: dai film che inaugurarono il Cinemascope ( La tunica), il Cinerama ( La conquista del West), il 3D ( Bwana Devil) o l’effimero formato cinematografico Todd-AO, questa stessa parola d’ordine è stata rilanciata a intervalli regolari. Con buona pace del grande Rudolf Arnheim, per il quale il cinema era più artistico senza sonoro e senza colore.

 

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Nel caso di Hardcore!, molti parlano di invasione del cinema da parte dei videogame; e in un certo senso è la verità. Se di film tratti da videogiochi ce ne sono stati a decine (dal primo, Super Mario Bros., alla serie Tomb Rider, ai recenti Need for Speed o all’imminente Assassin’s Creed), la differenza sostanziale è che quello di Ilya Naishuller è “pensato come” un videogioco.

 

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Con immagini tutte in soggettiva, ovvero viste attraverso gli occhi virtuali di un personaggio che lo spettatore non vede mai, ma che è come se agisse in sua vece. Girate con una moltitudine di piccole telecamere GoPro indossabili, quasi tutte le scene ci mostrano una strage continua di sicari: e il modo di sparare, lanciare bombe o tagliare gole è esattamente quello che un giocatore vede manovrando la sua console in un videogame del tipo denominato “sparatutto”.

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Con la differenza - macroscopica - che lo spettatore al cinema, a differenza di quello, non può interagire col film, ma solo stare a guardare (il che, dopo un po’, rende la faccenda piuttosto stucchevole). Già si dice che se Hardcore! farà soldi saranno in molti a saltare sul carro; però è più probabile che si tratti di un caso isolato.

 

Non è da cercare qui, insomma, la tante volte vaticinata rivoluzione del cinema. Che invece verrà assai più probabilmente dalla “realtà virtuale”, per i simpatizzanti semplicemente VR. E i simpatizzanti sono pezzi da novanta, se si pensa che a progetti top-secret di film in VR stanno lavorando tipi come Steven Spielberg e Ridley Scott.

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La VR è una tecnologia che riproduce in parte gli effetti delle sale Imax e Omnimax, però in modo assai più oltranzista, e sostituisce le ipotesi (attualmente in standby) del cinema per ologrammi, nel quale avremmo dovuto mischiarci con le immagini virtuali a tutto tondo degli attori.

 

In realtà la VR esiste da decenni, ma di recente ha conosciuto sviluppi enormi. Come fa Hardcore!, anch’essa intende mettere lo spettatore al centro dell’azione; però in modo del tutto diverso dal film russo-americano. Con la VR, anziché osservare salteremo dai grattacieli assieme a Deadpool, naufragheremo col Titanic, esploreremo le galassie lontane di Star Wars.

 

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Come? Qui la faccenda si complica. Per entrare nella realtà virtuale lo spettatore dovrà indossare un HMD: un casco montato sulla testa con cui potrà esplorare lo spazio virtuale dove si svolge l’azione guardandosi intorno a 360°. Basta pensare a quanti rifiutano già gli occhiali 3D, per chiedersi se saranno disposti a indossare protesi tanto ingombranti. Non i geek o i nativi digitali, forse, ma piuttosto gli spettatori con qualche hanno in più che, dopo la prima curiosità, potrebbero mostrare insofferenza (come sta già accadendo col 3D).

 

E non è tutto qui. C’è un’altra serie di implicazioni, nella VR, che potrebbe cambiare davvero il cinema in maniera drastica, aprendo scenari inediti. Fino a oggi in qualsiasi film ( Hardcore! incluso) il nostro punto di vista è stato imposto dal regista, che ci faceva vedere ciò che voleva lui.

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Cosa succederà quando potremo esplorare i dintorni dell’azione principale, guardando quel che più ci va? La perdita dell’attenzione - e dell’immedesimazione - è non solo possibile, ma probabile; e va a complicare un linguaggio già fin troppo pieno di sollecitazioni, qual è quello del cinema.

 

Certo, si potrà sviluppare sempre più la funzione- base degli attori, ossia quella di guidare il pubblico all’interno del racconto; ma chi potrà impedire al singolo spettatore di distrarsi dalle imprese di Mad Max osservando, magari, un modello di auto che gli piace, o seguendo una comparsa di passaggio? Il film gli impartirà più istruzioni sonore, focalizzando la sua attenzione con segnali in surround; e si potranno inventare altri stratagemmi. In ogni caso il futuro della “settima arte” sarà una sfida piena d’incognite.

 

 

2 - LA VERTIGINE DI SENTIRSI PROTAGONISTI

 

Natalia Aspesi per “la Repubblica”

 

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DICONO, «non portateci i bambini» perché per quanto tipo videogioco, c’è troppo sangue e droga e signorine tutte uguali con la parrucchina bionda vestite solo con una stringa nera che fanno cose, e poi negli Usa l’hanno chiuso nella categoria R, restricted. Dicono, «non andateci voi vecchi» perché essendo girato senza sosta in GoPro (mah! Pare con macchina da presa addosso a stuntmen che precipitano e saltano e rotolano), vi si storteranno gli occhi e vi verrà da vomitare.

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È vero, ma solo un po’. Sono andata a vederlo questo Hardcore! atteso da milioni di frementi (anche bambini e anche vecchi). Sul mensile Ciak, un critico esperto, immagino giovane, ha sentenziato che «la vecchia guardia in maniera spregiativa bollerà questo film come un videogioco».

 

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Non avendo mai visto un videogioco, mi è impossibile fare paragoni: però posso dire che se il grande pregio di questo film russo-americano «che cambia tutto per sempre» è l’essere girato «in soggettiva», il primo che io ricordi in cui lo spettatore è lo sguardo del protagonista (che quindi non si vede), risale a quasi 70 anni fa ed è Una donna nel lago diretto da George Montgomery, 1947, da un romanzo di Raymond Chandler.

 

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Se dà relativa soddisfazione sapere di essere al posto del protagonista che è un cyborg appena riparato malamente dalla moglie, lo spettatore, soprattutto se anziano, e stufo di essere considerato tale, prova finalmente l’immenso piacere di ammazzare chiunque gli si presenti davanti, portandogli via mezza faccia o mezzo corpo, con una quantità di sangue mai visto, come gli capita di sognare senza ragione, come nel film, ma mai poter fare.

 

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Il cattivo poi è albino, in gonna nera, e vuole dominare il mondo; e davvero non si capisce perché, essendo lo stesso nel film tutto una rovina e senza più belle signorine, tutte saltate per aria.